Corriere della Sera, 6 gennaio 2022
Intervista all’étoile Jacopo Tissi
Per Jacopo Tissi si sono spalancate le porte dell’olimpo del Balletto del Bolshoi, quel rango esclusivo in cui brillano i divi Svetlana Zakharova, Denis Rodkin, Olga Smirnova, Vladimir Lantratov, protagonisti assoluti delle mondovisioni al cinema della leggendaria compagnia russa e simbolo nazionale.
Un colpo di scena da fiaba post-natalizia: dopo aver danzato da Principe nell’iconico Schiaccianoci di Yuri Grigorovich in coppia con Eleonora Sevenard il 31 dicembre sulle tavole dello storico palcoscenico moscovita, Tissi è stato promosso étoile dal direttore del ballo del Bolshoi Makhar Vaziev e da ieri la nomina è stata ufficializzata dal Teatro. Raggiunge così la vetta il bellissimo Jacopo, 26 anni, viso da modello e corpo statuario che sfiora l’1.90 cm di altezza, primo italiano nella storia a essere assunto dal Bolshoi, nel 2017: un traguardo inimmaginabile per uno straniero nella compagnia moscovita, in cui è l’unico europeo (tra i non russi, anche tre ragazzi brasiliani cresciuti all’Accademia del Bolshoi di Joinville, in Brasile). Con il titolo di étoile, Tissi danzerà al Bolshoi già il 10 gennaio Raymonda e il 18 Il Lago dei Cigni.
Una sorpresa inaspettata?
«No, la promozione era nell’aria ed ero sulle spine da giorni. Quando Vaziev me l’ha annunciata al termine dello Schiaccianoci, è stata un’emozione travolgente. I miei genitori erano con me in palcoscenico e mia madre, commossa, mi ha detto: “Non ti sei mai accontentato delle situazioni comode e hai scelto la strada più difficile, questa è la ricompensa che meriti”. I miei genitori sono stati la mia grande forza, sempre al mio fianco da quando, a cinque anni, scoprii il balletto guardando in tv il Lago dei Cigni. I miei fratelli mi hanno sempre sostenuto, senza far sembrare strana la scelta di voler fare il ballerino. Perciò dico ai genitori che dubitano: abbattiamo le barriere, un figlio che sceglie l’arte trova un mestiere speciale, dategli fiducia. I ragazzi che non hanno la fortuna di avere il sostegno dei genitori, devono credere ancora di più in sé stessi e cercare il supporto di parenti e amici. Il cammino è lungo».
Avrà avuto momenti difficili a Mosca, come li ha superati?
«Ho fatto appello all’integrità della mia scelta. Per me la danza non è solo amore, è come vivere per una religione che eleva spiritualmente e dà forza. Mi ha aiutato circondarmi di persone dall’energia positiva e coltivare amicizie, come quella con Zakharova che mi ha sempre sostenuto».
Competizione al Bolshoi?
«C’è, ma non è mai scivolata in invidia maligna, sotto i livelli della professionalità: non c’è tempo, ballo 200 giorni l’anno, i colleghi altrettanto. Mi ha aiutato molto essere invitato da Vaziev che era stato, prima, direttore del Balletto della Scala: per lui sono una scommessa vinta».
Per il secondo Natale, l’Italia è stata il bersaglio di un programma satirico della tv russa...
«La parodia della tv russa rincorre l’Italia anni ’80, Sanremo e la moda, ci scherzano su, ma fa sognare: qui mi chiedono se i comici pronunciano giusto l’italiano. Il nostro Paese è rispettato per l’arte, la cultura, lo stile. A Mosca, grazie ai russi, ho scoperto il grande cinema italiano, da Visconti a Scola al neorealismo, qui è venerato. I fan mi chiamano Jasha, perché Jacopo è troppo difficile da pronunciare per i russi: ormai li conosco tutti, mi aspettano fuori dal teatro per salutarmi».
Ha visto lo show di Bolle in tv «Danza con me», con record di ascolti? Lei gli assomiglia molto fisicamente…
«Purtroppo l’ho perso, a Mosca non si vede la Rai, neppure Rai Play. Ma conosco la trasmissione di Roberto, è fondamentale per la promozione della danza in tv. In Russia, sul canale culturale, il balletto ha spazio ogni giorno».
Tornerà alla Scala ora che il direttore del ballo è Manuel Legris, con cui lei ha lavorato a Vienna?
«Mi piacerebbe molto, sono cresciuto alla Scuola di ballo della Scala, poi nel Balletto della Scala. Chissà che non si crei l’occasione giusta per tornare a ballare a Milano. Il mio futuro però è a Mosca».