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 2022  gennaio 05 Mercoledì calendario

Periscopio



   

La maggioranza ampia chiesta da Enrico Letta per l’elezione del presidente della Repubblica, dovrebbe valere sempre, anche quando le parti fossero invertite. Altrimenti sembra un veto, che non è accettabile. Marcello Pera, ex presidente del Senato(Fausto Carioti). Libero.

Nella borghesia mi respinge il senso del denaro come privilegio e la tendenza a trattare gli esseri umani che svolgono lavori gerarchicamente inferiori come persone inferiori. Odio chi tratta male le donne di servizio e i camerieri, credendo che sia normale farlo e che anzi questo rafforzi la propria identità. Alfonso Belardinelli (Nicola Mirenzi). Huffington Post.
Il leader turco Erdogan per cercare di domare la crisi economica che ha investito il suo Paese ha messo sotto controllo la Banca centrale turca sostituendo, dal 2019 ad oggi, ben quattro governatori, tre ministri delle Finanze, diversi sottosegretari e, da ultimo, due viceministri che non si erano voluti piegare alla stravagante teoria secondo la quale “il tasso di interesse è la causa e l’inflazione è l’effetto”. Mariano Giustino. Il Foglio.
Se si parla di difesa delle proprie radici, mi va benissimo; se lo si intende come rinchiudersi nel proprio mondicino rifiutando il confronto con l’esterno, non mi va bene. Purtroppo temo che siamo più sulla seconda strada. Giordano Bruno Guerri, storico, presidente del Vittoriale (Francesco Specchia). Libero.

Enfatizzare il pericolo fascista è una strategia storica della sinistra italiana è una tecnica utilizzata dal Partito comunista per rilegittimarsi ed egemonizzare lo schieramento progressista e poi, dopo il 1989, necessaria a ricompattare un centro sinistra diviso e rissoso. Giovanni Orsina, ordinario alla Luiss di Roma (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
Gli extraparlamentari italiani, terroristi compresi sono cattivi studenti di scuole allo sbando, cocchi di mamma, consumatori di canzonette smielate, lettori di Tex Willer e di memoir di guerrilleros sudamericani sbruffoni e cacciaballe. Sono membri d’una banda, come i ragazzi della Via Paal, o meglio d’un branco (che però chiamano «collettivo», imbellettendolo). Sono indifferentemente di destra o di sinistra: è con loro, anzi, che queste definizioni, utili alla politica in tempi più sobri, perdono senso e sostanza, fino a svanire, col tempo e le nespole, nelle nebbie del populismo. Diego Gabutti (ItaliaOggi).

Dieci anni dopo il primo commissariamento dell’Italia (quando Angela Merkel e Nicolas Sarkozy licenziarono con un sorrisetto il governo Berlusconi; e Giorgio Napolitano consegnò le chiavi di Palazzo Chigi a Mario Monti, la cui leadership è stata poi sciaguratamente tenuta in vita per un anno e mezzo) il paese è di nuovo commissariato. Solo che stavolta, invece del governo Berlusconi, abbiamo un parlamento inesistente, pieno di 5stelle ed ex 5stelle, in balia dei sondaggi quotidiani e della propria insipienza; un parlamento che si è delegittimato da sé votando il dimezzamento degli scranni parlamentari e che punta non di meno a conservare fino all’ultimo giorno gli scranni che ci sono, a completamento dell’iter pensionistico. Lodovico Festa e Giulio Sapelli: “Draghi o il caos”, Guerini associati.
La trasformazione dell’Italia in santabarbara terremotò sia la Dc che i comunisti. Il sangue inorridiva i democristiani. Ma non potevano limitarsi a dire «che tempi, signora mia!» poiché, essendo al timone, era a loro che si dirigevano le proteste. Neanche la sinistra si sentiva però tranquilla. Se gongolava perché la piazza era ritmata dai suoi e l’avversario nelle peste, intuiva il rischio di passare per ispiratrice degli eccessi e delle bande armate. I truci capelloni in eskimo che si nutrivano di uova di quaglia e proclami anticapitalisti avevano infatti un’aria di casa. Rossana Rossanda, militante fuoruscita dal partito, ebbe una battuta fulminante: “È l’album di famiglia”. Nel Pci si creò una frattura tra i fumantini che tifavano per la lotta, e gli ortodossi, allievi di Togliatti, che diffidavano delle avventure, perché si comincia con un picnic sull’erba e si finisce morsi da una serpe. Giancarlo Perna: “Ring”. Guerini e Associati.

Non avevamo palestra al S. Alfonso de’ Liguori. Quando faceva bello, il professore Aceto (un avvocato mancato fungente da insegnante precario di educazione fisica) ci portava in cortile a fare la marcetta in fila per due e il corpo libero con l’aiuto dei manici di scope, intorno ai quali ognuno doveva intorcinarsi con busto e spalle. Gianni de Felice. ItaliaOggi.
Carlo Carrà disse al gallerista veronese Ghelfi: «Vedi, Giorgio, un dipinto di qualsiasi pittore, anche il più famoso, vale 30 mila lire, cornice compresa. Tutto quello che si riesce a guadagnare in più, è arte». Condivido in toto. Luigi Carlon, imprenditore e collezionista d’arte (Stefano Lorenzetto), l’Arena.
Ricordo di quando incontrai il matematico Paul Erdos per discutere di un probema. Era il 1985 ed avevo 10 anni. All’epoca seguivo corsi di matematica avanzata. Rammento che, in quell’occasione, il grande Erdos non mi trattò come un bambino ma come un matematico, un uomo al suo pari. Quell’incontro mi fruttò una lettera di raccomandazione all’Università di Princeton, dove poi mi sono laureato all’età di 17 anni. Terence Tao, australiano, matematico, ha il QI di 230, il più alto del mondo. Class.

I giorni nostri ci insegnano che libertà è diventata la più consunta delle parole: serve per ogni insofferenza, individuale o gruppuscolare. I libertari si sono deteriorati in libertaristi e non mi pare che sia una cosa migliore; la differenza tra liberale e liberista è perduta mentre era netta in vecchie e celebrate discussioni: anche qui, ogni perdita di distinzione non può essere che un peggioramento; la parola democrazia è stata usata con intonazioni talmente diverse; il comunismo è un dio tramontato che maschera il volto di un capitalismo estremo o innalza il vocìo di ideali, il socialismo sembra parola impronunciabile; antifascismo e anticomunismo sono parole buone per ogni uso. Raffaele Manica, introduzione a Chiaromonte, Lo spettatore critico.
Io e la mia famiglia avemmo delle minacce al punto da decidere di trasferirci da Napoli a Roma. Fu un periodo orrendo. Sparavano contro le nostre finestre di casa, telefonavano ai nostri numeri privati minacciandomi. Volevano i soldi, una tangente dai miei ricavi. Ce ne siamo andati per non subire il ricatto. La camorra è il marcio di Napoli. Nino D’Angelo, cantante, (Antonio Gnoli), la Repubblica.
Solo gli imbecilli “vissero felici e contenti”. Roberto Gervaso.