Corriere della Sera, 4 gennaio 2022
Alessandro Miressi si racconta
È il nostro Marcell Jacobs delle piscine, ma forse ancora non lo sa. Alessandro Miressi, 23 anni e 202 centimetri di talento e riservatezza sabauda («Mi faccio gli affari miei e alle telecamere parlo poco»), ha visto l’originale in una serata indimenticabile a Casa Italia a Tokyo, quando le gare di nuoto erano appena finite («Molto figo, i ragazzi dell’atletica sono stati straordinari, li avessimo visti prima saremmo entrati in acqua ancora più carichi») ma a tavola con lui c’era un piccolo tarlo. «Non ero contento. Per quello che avevo fatto prima di Tokyo pensavo di prendermi una medaglia individuale. Mi ci è voluta una settimana per realizzare che un argento e un bronzo in staffetta all’Olimpiade erano un bel risultato. E che le emozioni che provi lì non le provi da nessun’altra parte: me le porterò sempre dietro».
Adesso dubbi non ce ne sono. Ai Mondiali in vasca corta prima di Natale ad Abu Dhabi lei ha vinto l’oro nei 100 stile (45’’57, record italiano) ed è stato protagonista dei successi delle staffette 4x100 mista e 4x50 stile.
«Sì, ora sono felice e in pace con me stesso. Per una settimana non ho voluto vedere una piscina. Ai Mondiali ho nuotato il tempo che cercavo, superando anche un infortunio alla caviglia. Mi sono fatto un bel regalo».
Ha fatto una gara straordinaria recuperando nei secondi 50 metri.
«In acqua ero un po’ teso, dopo la finale olimpica avevo paura di sbagliarne un’altra. Però un po’ di paura serve, l’ho saputa gestire e sono riuscito a fare la gara che volevo. Neanche mi ero accorto che l’americano Held era passato fortissimo ai primi 50, mi sono concentrato su di me».
Le scoccia che le competizioni in vasca corta siano considerate meno nobili?
«Si dà più valore alla vasca da 50 perché è la distanza olimpica, però questi erano Mondiali, mica una gara regionale e dovrebbero essere considerati allo stesso modo. Poi uno può essere più portato alla vasca da 25 o da 50 a seconda delle caratteristiche. In vasca corta ci sono più parti tecniche, virate e partenze».
Dopo l’oro ha detto che tante cose sono cambiate. Quali, in particolare?
«Sono cambiato io, sono maturato. Da un anno e mezzo sono uscito di casa, vivo con altri tre ragazzi della squadra, mi ha aiutato a crescere. Nel nuoto la testa conta, per me è stato importante trovare autonomia, anche economica. L’altro elemento è il gruppo: siamo molto uniti, della stessa età, ci carichiamo, se uno va forte prima di te anche tu vuoi dare il meglio».
È la Nazionale più forte di sempre?
Da piccolo giocavo a calcio, ero difensore, ma in piscina avevo più amici: non ero bravo però, è stato un percorso lungo
«Io di nuoto dal punto di vista storico non so niente, però lo dicono».
Saprà che neanche Filippo Magnini, che ha vinto due Mondiali nei 100 in vasca lunga, c’era riuscito in corta.
«Filippo ha fatto la storia, da piccolo lo guardavo in tv, poi sono riuscito a gareggiare in staffetta con lui, è stato sempre uno stimolo».
Non sono molti i nuotatori alti più di due metri come lei.
«L’ho sempre vista come una potenzialità, con il mio allenatore Satta ci abbiamo lavorato, essendo più lungo scivolo di più sull’acqua. Devo migliorare partenze e virate».
Dopo l’Olimpiade si è regalato un paio di sneaker costose, ora ha fatto il bis?
«Sì un paio di Jordan uno, sono una mia passione. Bis in arrivo».
Un’altra sua passione sono i manga.
«Uno li compra per i disegni, ma secondo me ti insegnano qualcosa».
Da un anno e mezzo sono uscito di casa, mi ha aiutato a diventare autonomo, a maturare: credo di aver trovato l’equilibrio giusto
Lei viene da una famiglia di sportivi, ce la racconta?
«Mia mamma giocava a softball, è andata anche ai Mondiali, e mio padre a baseball. A me non l’hanno mai fatto provare, non so perché, ho visto qualche partita, è divertente. Io seguo il basket e guardicchio il calcio, da piccolo giocavo, ero difensore. A un certo punto ho dovuto scegliere: ho proseguito con il nuoto per gli amici».
Quindi è stato un caso, non perché fosse più forte in piscina?
«Da piccolo ero scarsissimo, sono diventato forte pian piano, il mio allenatore ha capito come sfruttare le mie potenzialità. Avevo iniziato nel mezzofondo, nella prima gara in Nazionale giovanile ero qualificato per i 400 stile e il dorso. Poi sono passato alla velocità, insomma è stato un percorso lungo».
Rimpianti per non aver proseguito con il più ricco calcio?
«Assolutamente no, sono andato all’Olimpiade, il massimo. Fare sport per i soldi non mi interessa».
È iniziata la prima stagione senza Federica Pellegrini, cos’è stata per voi giovani?
«Il simbolo di tutto il nuoto italiano, è la Divina per un motivo».
Federica ha suggerito di dotare la Nazionale di psicologi.
Emozioni ai Giochi
«Ci ho messo un po’ ad apprezzare l’argento e il bronzo in staffetta: emozioni incredibili»
«Non so, non ho mai utilizzato mental coach o psicologi, ho fatto sempre da me, anche quando le cose andavano male, ne sono uscito con il mio allenatore».
Che rapporto si instaura con lui?
«Lo vedi più dei tuoi genitori. È un rapporto che racchiude un po’ tutto, è amore-odio. Io a Torino credo di aver trovato l’equilibrio giusto».