Corriere della Sera, 4 gennaio 2022
Gli 80 anni di Maurizio Pollini. Intervista
«Sono volati chissà dove. A volte si fanno sentire, più spesso me li dimentico». Cercherà di dimenticarli anche domani, quando il tempo molesto scoccherà gli 80. «Un compleanno come gli altri. Per carità, niente feste, niente regali» minimizza Maurizio Pollini, grande maestro del pianoforte e dell’understatement.
Eppure, gli anni tondi fanno sempre un certo effetto. Davvero gli 80 la lasciano indifferente?
«Forse un piccolo fastidio, come la punzecchiatura di un ago… Se non te lo ricordano troppo, passa subito».
Che farà il 5 gennaio?
«Quello che faccio ogni giorno, qualche ora al pianoforte, cena con mia moglie Marlisa, magari verrà anche mio figlio Daniele».
Bilanci del passato?
«Il passato mi interessa poco. Certo, qualche ricordo me lo tengo caro, le estati in Sardegna, le notti bianche a Pietroburgo, per canali a mezzanotte con il cielo ancora chiaro… Istantanee preziose, ma ripeto, non mi piace guardare indietro. Il futuro è più interessante».
E il futuro per lei quando comincia?
«Subito, a gennaio parto in tournée. Il 19 a Firenze eseguirò l’ultimo concerto di Mozart, sul podio il mio amico Zubin Mehta, anni 85. Anche lui non se li ricorda. A febbraio Zurigo e Roma, a marzo Londra, Bruxelles e il 28 Milano con Schumann e Chopin. Ho voglia di tornare alla Scala, finalmente ha ripreso il suo volto dopo esser stato a lungo chiusa, la platea coperta. Irriconoscibile».
Anno nero questo 2021, come l’ha vissuto?
«Mi è parso più lungo del solito, più solitario. Ho lavorato di meno, studiato di più, ascoltato molto. Mahler, le sinfonie, in diverse edizioni. E naturalmente Boulez, Stockhausen, Nono».
Con Nono il legame era anche affettivo. Un brano come «…Sofferte onde serene…» è iscritto nella sua vita, anche privata.
«Gigi l’ha composto nel ’76 in un momento cupo per entrambi, l’ha dedicato a mia moglie Marlisa e a me. Lo suono da oltre 40 anni e ogni volta mi sorprende. La musica ormai ha preso il sopravvento su quell’antica tristezza».
Come mai Nono e i maestri del secondo ‘900 sono ancora così poco eseguiti?
«La modernità fatica sempre ad affermarsi. È stato così per Mahler, ignorato per quasi mezzo secolo. Va a Bernstein e Mitropoulos il merito di averlo fatto conoscere al mondo, mentre Abbado l’ha lanciato in Italia. Rispetto a Mahler, il repertorio novecentesco ha in più l’ostacolo di un’atonalità ancora impervia per molti. Come lo è, per ragioni diverse, la musica antica. La leggo in partitura ricreando i suoni nella mia testa ma non potrei mai eseguirla perché il piano non è strumento di quell’epoca. E non amo le trascrizioni».
Come si modifica il suo repertorio?
«Ci sono autori permanenti, Beethoven, Mozart, Chopin… E altri da riprendere, come Bach. Sto studiando il Secondo libro del clavicembalo ben temperato, due ore e mezza di musica eccelsa. Vorrei suonarlo in una sola sera».
Lei è stato l’unico italiano a vincere il premio Chopin di Varsavia. Aveva 18 anni.
«Per molto tempo a vincere erano polacchi e russi, forse per ragioni politiche. Nelle ultime edizioni invece sono stati i cinesi, grandissima tecnica e agilità quasi acrobatica. Qualcuno di loro riesce anche ad approfondire».
Che pensa di Lang Lang?
«Che ha qualità fenomenali. Ma i miei preferiti restano Kissin e Argerich. Con Martha ci siamo incontrati da ragazzi e subito ho capito che aveva una marcia in più».
Per quali maestri prova più gratitudine?
«Gli insegnanti di formazione sono stati Carlo Lonati e Carlo Vidusso. Tra i pianisti, Rubinstein e Benedetti Michelangeli, che ho incontrato più volte».
Cosa vi siete detti?
«Se io parlo poco, lui parlava ancora meno. Niente parole, ma molta musica».
Un musicista di oggi?
«Daniel Barenboim. L’orchestra Divan, che riunisce musicisti arabi e israeliani, è stato uno splendido modo di coniugare arte e politica».
Da sempre coltiva l’impegno civile, ha suonato nelle fabbriche, per il Vietnam… La situazione attuale?
«Draghi, con la sua autorevolezza e intelligenza, ha cambiato le nostre prospettive, anche europee. Mi auguro che resista. E come presidente, magari una donna. Le donne sono sottovalutate».
Sua moglie Marlisa, bella e solare, incontrata a 11 anni «a una lezione di armonia», annuisce sorridendo.