Corriere della Sera, 4 gennaio 2022
Tutti alla corte del techno-Re Musk
Hollywood lo mette in scena nel ruolo del malvagio, il miliardario che salva se stesso e pochi intimi dall’Apocalisse planetaria fuggendo nello spazio. La Cina lo tratta come una superpotenza a sé stante, protesta presso le Nazioni Unite per le sue presunte prevaricazioni spaziali. Elon Musk ha chiuso il 2021 come l’uomo più ricco del mondo (273 miliardi di dollari) ma non solo. È l’unico magnate-guru che riesce ad affascinare e irritare al tempo stesso i giovani. È all’avanguardia nelle nuove tecnologie, incluse le criptovalute, ma sfacciatamente ostile al politically correct; esibisce un’ideologia libertaria di destra.
Il cinema non poteva ignorarlo. Nel film di fanta-satira Don’t Look Up di Adam McKay il miliardario tech Peter Isherwell (Mark Rylance) è un’evidente parodia di Musk. Malevola: fallisce nel suo progetto di smembrare un meteorite per ricavarne minerali rari, poi abbandona la Terra al suo triste destino. Il vero Musk in effetti ha detto: «Voglio morire su Marte, ma non schiantandomi all’impatto». Sembra capace di trasformare lo spazio in un business credibile, non solo un gioco per miliardari egomaniaci. La Nasa ha una tale fiducia in lui che usa la sua società SpaceX per trasportare astronauti e apparecchiature sulla stazione spaziale internazionale. Con 27 lanci in 12 mesi, SpaceX ha superato tutti i concorrenti americani. Sempre la Nasa lo ha scelto per costruire il prossimo Moon Lander, modulo lunare per lo sbarco.
Le sfide si moltiplicano. Musk ha sperimentato il primo missile completamente riutilizzabile per lanci molteplici, disegnato per la missione su Marte. «Segnerà – dice lui – la differenza tra l’umanità come una specie con un solo cammino, e l’umanità come una specie dai percorsi multipli». I costi esorbitanti della spedizione su Marte? Lui li vuole finanziare con la sua più grossa impresa commerciale nello spazio: fino a 30.000 satelliti Starlink per telecomunicazioni a banda larga, l’Internet alla portata di tutti coloro che ancora non hanno collegamenti adeguati (Paesi poveri, regioni isolate, navi e aerei, ma anche per le transazioni ad altissima frequenza tra Borse). Ne ha già messi in orbita 1.800 ed è qui che nasce il casus belli con Xi Jinping. Pechino sostiene che i suoi astronauti hanno dovuto fare «operazioni d’emergenza» con la stazione spaziale made in China per evitare collisioni con i satelliti di Musk. L’aspetto interessante è che il governo comunista non ha protestato presso la Casa Bianca, ma si è appellato all’Onu: riconoscendo implicitamente che Musk va trattato come uno Stato sovrano.
Chi continua a sospettare che sia un geniale ipnotizzatore delle folle, deve fare i conti con i solidi risultati della sua Tesla. Il 2021 è stato il primo anno pieno all’insegna dei profitti, e la marca di auto elettrica ormai è nel club delle società «trilionarie» (oltre mille miliardi di dollari di valore in Borsa). Contro chi la considera una bolla speculativa, ci sono dati commerciali e industriali consistenti. Le vendite Tesla sono aumentate dell’80% nel 2021, mentre i volumi globali di auto vendute scendevano dell’1%. Le altre case automobilistiche hanno sofferto tagli di produzione per la penuria di semiconduttori. Tesla no: ha aggirato la scarsità perché è quasi unica al mondo la sua autonomia nell’ingegneria elettronica, sicché ha «riscritto» il software delle vetture per integrare microchip alternativi. «Hanno il marchio Tesla i due terzi delle auto elettriche vendute negli Stati Uniti», proclama il chief executive, che ora vuol cambiarsi qualifica. Ennesima provocazione: ha inoltrato una formale pratica presso l’authority di Borsa per ribattezzarsi «techno-Re» della Tesla.
I problemi non mancano. Tra i più seri: gli incidenti gravi in cui sono incappate alcune Tesla in modalità di auto-pilotaggio; e le accuse della Cina (ancora) contro presunte attività di spionaggio di queste auto sul suo territorio. Ma gli investitori sono convinti che Musk supererà ogni ostacolo, e negli ultimi giorni dell’anno scorso un balzo delle quotazioni ha aggiunto alla Tesla 200 miliardi, cioè più di quanto valgono Ford e General Motors insieme. «Forse – ha chiosato il Wall Street Journal –—Tesla sta facendo in un anno quel che Amazon ha fatto in vent’anni, cioè dimostrare di essere una tale fuoriclasse che la sua bolla è giustificata».
Il personaggio Musk, essendo all’avanguardia nella tecnologia della sostenibilità, affascina i giovani, dai Millennial fino alle generazioni X e Z. Nel 2021 più della copertina di Time a lui dedicata è stato emblematico il suo show personale nel programma di satira Saturday Night Live. La sua adesione alle criptovalute coincide con il boom di queste monete alternative, o lo alimenta: 3.000 miliardi di dollari di valore, il 16% degli americani le possiedono o ne hanno avute (contro l’1% sei anni fa).
Musk il politico prende molti giovani in contropelo. Ha duellato via Twitter con due esponenti della sinistra radicale, i senatori Elizabeth Warren e Bernie Sanders, che hanno la loro base tra i Millennial. Dopo che i due hanno proposto nuove tasse sui miliardari accusandoli di elusione, Musk ha reagito. «Sarò l’americano che ha pagato più tasse nella storia». 11 miliardi nel 2021, per la precisione. Rivolto alla Warren: «Non li spendere tutti in una volta». All’ottantenne Sanders: «Continuo a dimenticare che sei ancora vivo».
A differenza di Donald Trump che è stato cancellato dai social media più diffusi, Musk ha 66 milioni di follower su Twitter. Ha inaugurato una sorta di populismo finanziario proprio sulla questione fiscale. Citando le polemiche contro i miliardari che eludono le imposte perché evitano di incassare plusvalenze di Borsa, ha chiesto ai suoi seguaci se doveva convertire stock option e vendere azioni per pagare le tasse. La consultazione su Twitter (con 3,5 milioni di votanti) ha dato il 58% di sì, e lui ha venduto.
Il gesto più provocatorio lo ha fatto «votando con i piedi». È la scelta di trasferirsi – personalmente e come sede centrale della Tesla – dalla California al Texas. Ha adottato lo Stato vetrina dei repubblicani, voltando le spalle al bastione della sinistra. Il Texas non ha addizionale Irpef sui redditi, è per molti aspetti un paradiso fiscale, ha meno regole e burocrazia. La California ha una delle pressioni fiscali più alte degli Stati Uniti. Musk considera il modello californiano come un concentrato dei «fallimenti del socialismo»: record di senzatetto, costo della vita alle stelle, carenza di abitazioni popolari, esodo di residenti.
Alle ultime elezioni finanziò equamente democratici e repubblicani, diede il suo endorsement a un candidato democratico alla nomination (l’imprenditore tecnologico Andrew Yang). Eppure Musk è una spina nel fianco dei democratici, il contraltare dei vari Bill Gates e Mark Zuckerberg: è l’unica celebrità di Big Tech il cui cuore batte a destra. Quando denuncia la vecchia sinistra statalista «tassa-e-spendi», c’è un’America giovane che lo ascolta, magari digrignando i denti.