La Stampa, 4 gennaio 2022
Edith Bruck vuole una donna al Colle
Edith Bruck, scrittrice e poetessa ungherese naturalizzata italiana, ha firmato l’appello delle intellettuali italiane, pubblicato ieri sulla Stampa, «alle forze politiche chiamate a votare il prossimo presidente della Repubblica», affinché portino al Colle una donna. Una presa di posizione e, soprattutto, un richiamo, un invito a dare seguito e concretezza alle istanze di parità che quelle stesse forze, in larga parte, rivendicano. A coinvolgere Bruck è stata Dacia Maraini, una delle firmatarie insieme a, fra le altre, Cavani, Murgia, Silvia Avallone, tutte unite nella convinzione che «non ci sono ragioni accettabili per rimandare questa scelta» e, soprattutto, che fintanto che le massime cariche dello Stato saranno uomini, la democrazia italiana sarà monca - «largamente incompiuta», hanno scritto.
Alcuni e alcune hanno contestato che l’appello, nella sostanza difficilmente non condivisibile (almeno pubblicamente), non propone nessun nome, e in questo dà sponda allo stesso vizio culturale che fa scrivere articoli e titoli di giornale dove le donne vengono indicate per nome e senza cognome, talvolta senza nè l’uno nè l’altro - si scrive «la donna», tanto una vale l’altra (esiste uno spassoso profilo Instagram, la donna a caso, che raccoglie queste occorrenze). È il vizio culturale che Natalia Aspesi ha smascherato lucidamente quando ha scritto che l’unanime straparlare di una donna al Quirinale non è che un chiacchiericcio «per di più tra soli uomini che fanno eventuali nomi di signore a caso, senza chiedere il loro parere».
Bruck, lei concorda con Aspesi?
«Completamente».
Ma ha firmato un appello per una donna al Colle.
«Non vedo la contraddizione. Sono due cose distinte: una non sciupa l’altra. Voglio una presidente e mi sembra evidente che i politici italiani che dicono la stessa cosa, non la pensano davvero. La dicono perché non possono fare altrimenti. E dà loro lustro».
Pensa anche lei che sia stato un errore non indicare dei nomi di candidate possibili, nell’appello?
«Non lo definirei un errore. Piuttosto, è una scelta obbligata: la scarsità di nomi non è una ragione sufficiente per non esigere che un principio democratico come è la rappresentanza femminile venga onorato. Comunque, l’appello sarebbe stato più forte e utile se avesse contenuto una lista di proposte».
Però l’appello dice che di candidate ce ne sarebbero tantissime.
«Sinceramente, su questo punto, dissento. Da giorni mi scervello e non trovo donne davvero adatte. Mi vengono in mente soltanto Rosy Bindi e Marta Cartabia. Di uomini, invece, ce ne sono tanti che svolgerebbero egregiamente quel ruolo. Draghi, Casini, Letta, Gentiloni. Il più giusto è Draghi».
Che intende per adatta?
«Qualcuno che abbia una lunga esperienza politica alle spalle, una robusta preparazione e un’energia inesauribile. Non siamo in Scandinavia: questo è un paese grande, litigioso, contraddittorio ».
Mi dice una virtù imprescindibile e inedita per un presidente?
«Non ho mai visto un capo dello Stato sorridente. Non ho idea di come siano i denti di Mattarella. Vorrei qualcuno capace di ridere».
Il più grande pregio politico?
«Purtroppo, la menzogna».
L’Italia è maschilista?
«Sì. E non è un paese pronto per una presidente donna: verrebbe irrisa, faticherebbe a farsi ascoltare».