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 2022  gennaio 04 Martedì calendario

Intervista al campione olimpico Luigi Busà

Se gli dicono gorilla, non risponde con un colpo di karate, ma inarca le braccia gonfiando i muscoli del petto. Indossando con ironia il suo soprannome, il Gorilla d’Avola, proprio come uno showman. Lo era anche prima di diventare campione a Tokyo, Luigi Busà, ma lo sapevano in pochi perché il suo sport non era ancora ammesso nella famiglia olimpica. Ne ha approfittato al meglio: medaglia d’oro nel duro combattimento del kumite, nel tempio delle arti marziali del Nippon Budokan, medaglia numero 37 che ha sorpassato le 36 della leggenda di Roma 1960. Con un messaggio che più o meno recitava: sono stato un obeso, se ce l’ho fatta io possono farcela tutti.
L’invito da parte di Marco D’Amore alla prima della quinta stagione di Gomorra, il premio Robert F. Kennedy alla presenza della figlia del senatore Kerry: non le è andato male il dopo-Tokyo.
«Tutto quello che sto vivendo l’aspettavo da tanto. Ma il mio obiettivo vero, anche se fa piacere essere presente a più eventi possibile, è continuare a far conoscere il mio sport».
Peccato che abbia saltato i Mondiali post-olimpici di Dubai.
«Volevo partecipare, ma ho dovuto rinunciare per un infortunio in caserma. Questo mi dà fastidio, perché poi la gente dice che faccio la bella vita».
Certo la sua vita non è più quella di prima.
«Sicuramente non mi nascondo, mi piace far conoscere la mia storia, però l’obiettivo principale, ripeto, è promuovere il karate perché so benissimo che svanita la scia olimpica le luci si spegneranno, e questo sport rimarrà minore, come si dice. Se riuscirò ad essere un testimonial a lungo termine ne sarò veramente fiero».
Come ha investito il premio olimpico di 180 mila euro?
«Ho comprato casa, a Roma, vicino all’Eur. Dove c’è il centro sportivo Carabinieri e vedo il mio futuro».
Quali sono i suoi programmi?
«Da gennaio voglio alzare l’asticella, partirò per uno stage in montagna, a Canazei mi sottoporrò a una preparazione molto dura. Voglio vincere i Mondiali del prossimo anno a Budapest».
Il karate ha fatto un debutto spettacolare a Tokyo, ma sarà fuori dal programma di Parigi 2024 e forse di Los Angeles 2028.
«Io non mollo, se ho un granello di possibilità di far rientrare il mio sport nel programma olimpico lo sfrutterò. Vorrei che tutti i ragazzi che sognano possano avere la chance dei Giochi, perché questo è uno sport bello, dove ti sacrifichi dalla mattina alla sera.
Adesso che andranno fuori i pesi, la boxe, il pentathlon, dobbiamo lavorare bene politicamente per rientrare nel sistema olimpico».
Ha molto colpito il messaggio sull’obesità vissuta sulla sua pelle: quanti ragazzi l’hanno contattata dopo i Giochi?
«Sono arrivati tantissimi messaggi, anzi mi scuso perché a troppi non sono riuscito a rispondere. Non parlano solo di obesità: io sono partito da quel tema perché ne sono la prova vivente, ma ci sono ragazzi che hanno tanti altri problemi, come la timidezza, l’introversione, l’incapacità di adattarsi a questo mondo che va sempre più veloce».
Come pensa di impegnarsi?
«Sto collaborando con un’associazione contro il bullismo, c’è un grande progetto e ne sono testimone. Non conosco questi problemi per sentito dire ma perché li ho vissuti veramente. Essere campione olimpico significa diventare un punto di riferimento per tanti giovani che devono seguire la mia scia. Sto scrivendo un libro su di me, non voglio parlare delle medaglie ma del mio vero percorso, delle difficoltà, e solo dopo arrivare alle imprese sportive. Quando fra sei-sette mesi non si parlerà più di noi, resterà questo libro a raccontare in profondità qual è la mia storia».
Che consiglio darebbe a una vittima di bullismo come è stato lei?
«Non sono un medico, ma posso dire che praticare arti marziali aumenta l’autostima. Quando ricevi gli insulti sai come reagire. Serve ai ragazzi bullizzati, ma anche ai bulli, che sono i primi a dover essere aiutati.
Dobbiamo farli sentire più adatti a questo mondo, dove non serve la forza per dimostrare di essere superiori».
Come si “converte” un bullo?
«È un lavoro molto particolare, che va fatto coi genitori. Con le famiglie, perché tutto parte da lì».
Los Angeles è lontana, lei ha 34 anni: fino a quando continuerà a combattere?
«Fino a quando mi divertirò. E il fisico mi sosterrà».