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 2022  gennaio 04 Martedì calendario

D’Alema raccontato da Velardi

Claudio Velardi, lei che è stato suo consigliere a palazzo Chigi, cosa vuole fare D’Alema tornando nel Pd?
«Contare. Ritiene di essere più intelligente di altri».
Sembrano tutti terrorizzati da questo ritorno.
«L’uomo è ingombrante. I dirigenti lo vedono con fastidio, perché si trovano dinanzi a un elemento di confronto intelligente da cui non si potrà prescindere».
La base invece?
«Lì conta ancora un po’. I militanti lo vanno a sentire alla Festa dell’Unità, il suo pensiero rotondo li rassicura».
Letta cosa pensa veramente?
«Oddio, che palle, proprio ora lo doveva fare!»
I renziani non l’hanno presa benissimo.
«Vorrei vedere. Ha fatto arrabbiare persino un uomo mitissimo come Filippo Sensi».
L’effetto qual è?
«Ha finito per gettare Letta nella braccia di Renzi».
I due non si amano.
«Ma vengono dalla stessa cultura, che è diversa da quella di D’Alema:
questo li accomuna alla fine».
D’Alema è stato improvvido con quell’espressione sul renzismo «come malattia»?
«Fa parte del suo narcisismo autoreferenziale. È bravo soprattutto nelle analisi ex post, quando ti spiega le sconfitte che in genere lui stesso ha generato».
Quando l’ha conosciuto?
«Nel 1975, nella Fgci. Abbiamo lavorato insieme per un quindicennio. Ero convinto di poterlo cambiare nel profondo. Ma ho capito che un uomo fatto non lo cambi più».
Anche Renzi, di cui lei è stato un estimatore, è vittima dello stesso narcisismo?
«Ha commesso un errore tipico dei narcisi: invece che riflettere sui ceffoni presi e ha continuato ad attaccare».
Questo spiega l’antipatia di cui è circondato?
«Avrebbe dovuto respirare, una cosa molto orientale. Meditare lungamente sulla sconfitta. Ha scelto di andare alla guerra contro tutti».
Draghi ce la farà ad andare al Colle?
«Non so. Vedo una grande palude. E anche l’Europa lo preferirebbe premier».
Come giudica la sua autocandidatura?
«Sbagliatissima. È sceso dal piedistallo e si è buttato nella mischia . Da quel momento è iniziato il fuoco di fila».
Come lo spiega?
«Lo adoro, ma ha peccato insieme di hybris e di dilettantismo. Non esiste che un candidato presidente dica una sola parola. Nessuno dei dodici poi eletti lo aveva mai fatto».
Con D’Alema avete commentato la novità?
«Ma no, non ci sentiamo da anni».
Perché?
«Le ultime volte ci eravamo presi a male parole. Però bisogna saper conservare le cose buone e io l’ho fatto. Mi dicono che si è addolcito».