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 2022  gennaio 03 Lunedì calendario

“CHE NOIA QUESTI APPELLI ROSA PER UNA DONNA AL QUIRINALE” - NATALIA ASPESI FOR PRESIDENT: “LE DONNE VENGONO CHIAMATE PERCHÉ DONNE E NON IN QUANTO FIGURE ECCELLENTI, E ALLORA A FARE LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA POTREBBE ANDARE ANCHE LA MIA CUOCA CHE FA PIATTI DIVINI” - “LA PARITÀ NON È FARE LE STESSE COSE DEGLI UOMINI. IO NON CAPISCO PERCHÉ IL GIORNO IN CUI SALIRÀ UNA DONNA AL COLLE CI SENTIREMO PIÙ PARI” - “LA PRIMA DONNA CHE SALIRÀ AL QUIRINALE RESTEREBBE PERICOLOSAMENTE FEMMINA, E SOLO LA VEDOVA SAREBBE BEN ACCETTA, O FORSE LA LESBICA…” -

1 - NATALIA ASPESI STRACCIA L’APPELLO PER UNA DONNA AL QUIRINALE:  “CHE NOIOSE CHE SONO. ALLORA PROPONGO LA MIA CUOCA”. Da “Radio Capital” “Che noia questi appelli rosa per una donna al Quirinale. Ma a chi va di passare sette anni leggendo discorsi scritti da altri? Molto meglio Netflix datemi retta!”

Natalia Aspesi, 92 anni, scrittrice e giornalista, si mette di traverso e straccia l’appello lanciato da scrittrici ed intellettuali italiane affinché al Colle possa salire una donna. Ad Andrea Lucatello di Radio Capital risponde che la sua non è una provocazione.

 “Ci credo seriamente” spiega la Aspesi, “le donne vengono chiamate perché donne e non in quanto figure eccellenti, e allora a fare la presidente della Repubblica potrebbe andare anche la mia cuoca che fa piatti divini.  Il problema è che alle donne si affidano le cose nei momenti drammatici e non è giusto! Bisogna che abbiano loro l’intelligenza di aspettare quando gli uomini avranno risolto le loro porcherie.

Non succederà mai? E Allora non ci romperemo le balle ad andare in giro ad accarezzare scolaresche. La parità  non è fare le stesse cose degli uomini. Io non capisco perché il giorno in cui salirà una donna al Colle ci sentiremo più pari. No, non è vero perché nella società non è così. Quindi il mio appello è lasciate questo fastidio agli uomini”.

Sì ho letto l’appello della Maraini e delle altre sui giornali. Ma che  noiose che sono! Donne legate a dei vecchi schemi e non alla libertà. C’è una sola donna che mi piacerebbe come Capo di Stato. Una donna di sinistra, imprenditrice e con le carte in regola: Miuccia Prada! Tanto chi l’ha detto che deve essere un politico?  Io un incarico del genere non lo accetterei mai perché non sto in piedi e ho solo voglia di vedere Netflix”.

2 - DONNA SUL COLLE? NO, GRAZIE Estratto dell’articolo di Natalia Aspesi per “la Repubblica”

(…) Il mondo è pieno di donne capi di Stato e di governo che se la cavano benissimo, ma non so perché, in quanto italiana, penso che sia meglio avere pazienza, lasciar risolvere il peggio dagli uomini che l'hanno creato e come donne, aspettare tempi più sereni.

(...) Perché la prima donna che salirà al Quirinale dopo 12 uomini e non tutti di assoluta magnificenza, resterebbe pericolosamente femmina, e solo la vedova sarebbe ben accetta, o forse la lesbica, ma non la signorina (come mai non ha trovato marito?) né la divorziata (cornuta!); e se c'è il marito dove lo mette, e i figli pure, perché anche alla più alta carica dello Stato, in Italia sposa e mamma e nonna resta, e vuoi che i siti femminili non la fotografino mentre lava i piatti o rimesta il risotto nelle cucine presidenziali?

Per non dispiacere alle sentinelle di genere l'eletta si dovrà chiamare Presidenta e qui non si potrebbe protestare, perché Presidentessa fa venire in mente alle più anziane la soubrette Yvette Jolifleur, alias Mariangela Melato nel film di Salce con quel titolo lì. Una sola figura femminile italiana mi viene in mente per il difficile ruolo, Liliana Segre che giustamente ha subito detto no grazie.

Senza contare la massima inimitabile immagine di un Capo di Stato donna, però con carica di Regina, Elisabetta II, una lunga vita un lunghissimo romanzo e una inesauribile fiction, immagine eternizzata dal cappello, dalla borsetta e dai colori pastello. Invece mi pare del tutto plausibile, e non so perché, una italiana premier, forse perché ne abbiamo già visti di ogni colore e perché in fondo si tratta di un impegno quasi da massaia della nazione e non di esserne il simbolo.

Purtroppo la sola che mi viene in mente, che la sorte mi bastoni, è la Giorgia Meloni, ed è per questo che di notte ho gli incubi e come fossi la presidentessa trumpiana di Don't look up scesa sul pianeta sconosciuto, mi lascio divorare la testa da un animale mostruoso.

3 - MANNOIA, MURGIA & C. COMPAGNE IN CAMPO CONTRO DRAGHI AL COLLE Alessandro Giuli per “Libero quotidiano"

Le donne non gli vogliono più bene, anche se non porta la camicia nera come nella canzoncina di Salò. Lui è Mario Draghi, aspirante capo dello Stato, loro sono le donne di sinistra riunite in un'immaginaria assemblea sindacalizzata per promuovere una donna purchessia al Quirinale.

Esigono una successora di Sergio Mattarella - «vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna» - e lo scrivono in un appello carico di aspettative rivolto «alle forze politiche chiamate a votare il prossimo Presidente della Repubblica».

Le firme, ovvio, sono altrettanti blasoni: Dacia Maraini, Edith Bruck, Liliana Cavani, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Lia Levi, Andrée Ruth Shammah, Mirella Serri, Stefania Auci, Sabina Guzzanti, Mariolina Coppola, Serena Dandini, Fiorella Mannoia. Insomma il meglio del bel mondo intellettuale goscista, letterario e spettacoloso, televisivo e accademico, invariabilmente pensoso.

NIENTE NOMI La tesi è trasparente perfino: «...crediamo sia giunto il momento di dare concretezza a quell'idea di parità di genere, così tanto condivisa e sostenuta dalle forze più democratiche e progressiste del nostro Paese... ci sono in Italia donne che per titoli, meriti, esperienza ed equilibrio possono benissimo» salire al Quirinale, anche se «non è questa la sede per fare un elenco di nomi, ma molte donne hanno ottenuto stima, fiducia, ammirazione in tanti incarichi pubblici ricevuti, e ci rifiutiamo di pensare che queste donne non abbiano il carisma, le competenze, le capacità e l'autorevolezza per esprimere la più alta forma di rappresentanza e di riconoscimento.

Questo è il punto. Non ci sono ragioni accettabili per rimandare ancora questa scelta». Le firmatarie non fanno nomi, dunque, ma ci ricordano che «l'Italia è una democrazia largamente incompiuta, tanto più rispetto a paesi come Germania, Gran Bretagna, Austria, Belgio, Danimarca, Islanda, Norvegia, Finlandia».

Sicché, avanti o popolo, urge uno slancio rosa e consapevole: «Ci rivolgiamo a voi, fate uno scatto. L'elezione di una donna alla Presidenza della Repubblica sarà la nostra, e la vostra, forza».

Il ragionamento non fa una piega, in fondo completa in via bisex la proposta lanciata in mancanza di meglio da Giuseppe Conte ma per la quale in molte- come anche la vice segretaria del Pd Irene Tinagli - hanno già inchiodato l'ex bispremier alla sua cinica fantasticheria: e come ti permetti, maschio bianco dei nostri stivali, di uscirtene in questo modo vago e conformista se non pure patriarcale?

Perché le quote rose o sono rosa o non sono, sin dalla loro primaria manifestazione rivendicativa. Peccato ci vada di mezzo Draghi (ma a Palazzo Chigi potrebbe comunque restare, chiediamo per un'amica?) del quale senz' altro pensano ogni bene anche le nostre suffragette michelamurgesche che tuttavia, sempre ieri, devono aver letto con qualche disappunto il coincidente corsivo della stellare Natalia Aspesi su Repubblica.

Lei, la gran dama del giornalismo liberal Dall'alto: Fiorella Mannoia, Michela Murgia, Luciana Littizzetto, Dacia Maraini e Sabina Guzzanti. «Tra poco», si legge nel loro appello alle forze politiche, «sarete chiamati ad eleggere il Presidente della Repubblica, e crediamo sia giunto il momento di dare concretezza a quell'idea di parità di genere, così tanto condivisa e sostenuta dalle forze più democratiche e progressiste del nostro Paese.

Vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna». E ancora: «Si parla di democrazia dei generi ma da questo punto di vista l'Italia è una democrazia largamente incompiuta. Non ci sono ragioni accettabili per rimandare ancora questa scelta». Tra le altre firmatarie Edith Bruck, Liliana Cavani, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Lia Levi, Andrèe Ruth Shammah, Mirella Serri, Stefania Auci, Mariolina Coppola e Serena Dandini (qualunque cosa ciò voglia dire), sì che sa dare un tono d'ironica ineludibilità ai suoi desideri così come ai brutti sogni, e ha già risposto all'appello in questione senza neppure averlo letto: «Una donna al Colle? No grazie».

Deliziose le motivazioni, peraltro, fra le quali segnaliamo un passaggio degno di Aristofane: «Il mondo è pieno di donne capi di Stato e di governo che se la cavano benissimo, ma non so perché, in quanto italiana, penso che sia meglio avere pazienza, lasciar risolvere il peggio dagli uomini che l'hanno creato e come donne, aspettare tempi più sereni».

SENTINELLE DI GENERE Meglio lasciare il peggio ai peggiori e augurare il meglio alle migliori per quando le condizioni lo consentiranno. Aspesi al limite accarezza il nome di Liliana Segre, ma la vorrebbe semmai con prerogative regali modello Elisabetta II; e la desidera, se non maestà, «Presidenta» giocoforza «per non dispiacere alle sentinelle di genere».

Ma poiché incombe l'astuzia perfida della ragione, anche la cara Natalia s' immerge nelle acque gelide della verità e ammette che un nome più realistico sarebbe quello di Giorgia Meloni: «...ed è per questo che la notte ho gli incubi». Piuttosto che gridare «ve la meritate la Meloni!», al netto degli impedimenti anagrafici, Aspesi preferisce rinunciare alla partita. Quello che le donne non dicono stavolta è più interessante di quel che scrivono.