Specchio, 2 gennaio 2022
Un giro nel mondo vegano
Una ricerca del 2019 dell’Università di Oxford, pubblicata sulla rivista Nature, ha evidenziato che carne e latticini producono il 60% delle emissioni di gas serra dell’agricoltura e occupano l’83% dei terreni agricoli, fornendo solo il 18% di calorie e il 37% di proteine. Secondo Joseph Poore, che ha condotto gli studi, una dieta vegana sarebbe il modo migliore per ridurre il proprio impatto sul pianeta, ma un approccio più sensato sarebbe cambiare le pratiche agricole (eliminando ad esempio gli allevamenti intensivi) e diminuire, senza togliere, il consumo di carne.
Ci sono Paesi che, per motivi religiosi, hanno iniziato ad affrontare la questione secoli fa. Ne è un esempio il Giappone dove si è evitato di mangiare carne per più di dodici secoli: il manzo era un tabù tanto che alcuni santuari richiedevano più di 100 giorni di digiuno come penitenza per il suo consumo. La decisione di abbandonare la carne arrivò nel VI secolo dalla Corea con il buddismo, secondo cui bisogna rispettare la vita ed evitare gli sprechi. Nel 675 d.C. ci fu il primo decreto che vietava il consumo di manzo, cavallo, cane, pollo e scimmia nella stagione agricola da aprile a settembre.
Le abitudini alimentari giapponesi iniziarono a cambiare alla fine del XIX secolo, quando il governo giapponese si mosse per adottare pratiche e tecnologie occidentali. E oggi i giapponesi consumano tanta carne quanto pesce, mettendo da parte abitudini che oggi sarebbero invece apprezzate.
In Bhutan, Paese buddista tra India e Cina è vietato produrre carne, ma non consumarla. È possibile infatti mangiarla, basta che sia importata. Anche in India, dove quasi il 40% della popolazione è vegetariana, le motivazioni sono religiose. In particolare a Varanasi, città sacra per eccellenza, la cucina sattvica (a base di cereali, legumi, frutta e verdura) viene oggi proposta anche nei ristoranti entro un raggio di 250 metri da templi e siti storici. E la tendenza è di allargare l’abitudine anche al resto della città: Manoj Verma, executive chef del lussuoso hotel BrijRama Palace, ha detto che il divieto ha favorito la creatività nella nuova generazione di chef.
Di recente, in alcune parti del Gujarat sono state emanate ordinanze che regolano la vendita di alimenti non vegetariani: sono vietate la preparazione e l’esposizione in pubblico di cibi con carne. Questo è accaduto, nonostante il Gujarat non sia lo stato più vegetariano del subcontinente indiano. Una concezione che si sta diffondendo talmente tanto che persino le rappresentazioni della cultura culinaria Gujarati sui media ruotano in gran parte attorno ai cibi che mangia la comunità vegetariana.
Nell’agosto 2014 Palitana, nel distretto di Bhavnagar, nel Gujarat, è diventata la prima città al mondo ad essere dichiarata vegetariana: in questo luogo di pellegrinaggio per giainisti l’uccisione di animali per la carne, la vendita e il consumo di carne sono stati dichiarati illegali e punibili dalla legge.
Il governo danese, invece, dopo aver deciso nel 2018 di vietare nelle mense statali l’utilizzo di carne due giorni alla settimana, ha revocato la decisione un anno dopo a causa delle proteste. L’iniziativa faceva parte dell’obiettivo del governo di raggiungere una riduzione del 70% delle emissioni di gas serra in vista dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La Danimarca produce molta più carne di maiale di quella di cui ha bisogno e il 90% viene esportato nel resto d’Europa. Greenpeace ha affermato che l’inversione di marcia del governo sui giorni senza carne è stata "imbarazzante". Ma il ministero ha inserito nuove linee guida consigliando di mangiare almeno 100 grammi di legumi al giorno e di non superare i 350 gr di carne a settimana. Una sfida notevole per una cucina molto legata alle proteine animali.
Ha invece saputo tenere la posizione Berlino, dove da qualche mese nelle mense universitarie vengono serviti per lo più piatti vegani e vegetariani. Carne e pesce – da agricoltura e pesca sostenibili – costituiranno solo il 4% del menù. In questo caso, però, non si è trattata di un’imposizione dall’alto, ma legata ai desideri degli studenti in merito alla crisi climatica. Una scelta che non sorprende visto che, secondo un’analisi pubblicata su Yougov, già nel 2015 c’erano in Germania circa 8 milioni di vegetariani e 1.3 milioni di vegani: più dell’11% della popolazione.
Per assaggiare la cucina del più antico ristorante vegetariano al mondo (secondo il Guinness World Records), infine, bisogna sedere all’Haus Hiltl, uno dei ristoranti più popolari di Zurigo. Un tempio gourmet dalla cucina gentile, fondato nel 1898, che unisce influenze indiane, asiatiche, mediterranee e svizzere.