Specchio, 2 gennaio 2022
Dove si realizzano le marionette
Da una stanza arriva il rintocco degli scalpelli che forgiano delicati volti lignei. Dall’altra il brusio delle sarte che confezionano gli ultimi orli. Nel salone in fondo, il più luminoso, sibilano come pattini i lunghi pennelli che perfezionano la scenografia. Noi in mezzo. Spauriti e rapiti, tra centinaia di marionette vestite e nude, adagiate e ciondolanti, sorridenti e sinistre. Siamo a pochi metri da Porta Genova ma le fantasmagorie della Milano post moderna - atelier di moda, ristorantini eco-chic, loft e studi di design - paiono lontane un secolo, quando si entra nel quartier generale della compagnia di marionette Carlo Colla & figli.
Non sono solo marionette. In questa palazzina si dipana tutta la filiera creativa e produttiva di uno spettacolo i cui protagonisti sono pezzi di legno mossi da fili sospesi. Spettacolo pensato non diversamente da un’opera della Scala o da una serie di Netflix, poi realizzato fin nei dettagli. Un kolossal come Pinocchio, in questi giorni in scena al Piccolo di Milano dopo aver esordito a Prato, impegna per un anno fino a quaranta professionisti. Scultori, pittori, sarti, scenografi. Chi scrive copioni, chi compone musiche originali, chi lavora metalli e pelli. Fino ai costumisti (negli Anni 20 erano gli stessi della Scala) e ai marionettisti.
Difficile trovarli tutti insieme. Prima della pandemia, con 120 spettacoli l’anno in Italia e altrettanti all’estero, la compagnia si divideva costantemente tra tournée e lavoro nei laboratori. Nel marzo 2020, all’inizio del lockdown, un container di marionette era appena partito per New York. Ora gli spettacoli all’estero sono ricominciati. L’Expo di Dubai ha appena ospitato una versione in arabo della Bella addormentata nel bosco.
La storia
Il documento più antico del teatro di marionette è un canovaccio manoscritto del 1699, una farsa di Arlecchino. Copione strano, pervenuto alla compagnia milanese da Palermo in uno scambio epistolare. I primi libri mastri dell’archivio Colla risalgono al 1835. I fatti di cronaca erano lo spunto principale degli spettacoli. Le compagnie fiorivano ovunque e furoreggiavano soprattutto nei paesi, dove la sete di informazioni e divertimento non era soddisfatta dal «grande spettacolo» delle città. Le marionette erano uno strumento di narrazione popolare che raggiungeva un pubblico vasto. Nei copioni dell’epoca si ritrovano le cronache dei moti risorgimentali e delle guerre d’indipendenza.
La famiglia Colla era la più importante di Milano, come la Lupi a Torino. Gli archivi raccontano che le due famiglie si scrivevano e si scambiavano copioni, tanto che le storie di Gianduia venivano adattate in chiave milanese. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’eredità del capostipite si divise tra gli eredi, che diedero vita a diverse compagnie, due delle quali ancora attivedopo aver perso il carattere familiare. Come tutti i generi artistici, anche il teatro di marionette si evolve. Dopo il 1970, l’avvento dei pupazzi ha accelerato la commistione di generi e linguaggi. Ormai spesso i marionettisti si vedono sul palcoscenico, dialogano e interagiscono con le marionette. La Carlo Colla & figli è legata al purismo della tradizione. «Abbiamo sempre cercato di rispettare la filosofia della marionetta inserita in un contesto visivo e narrativo autonomo - dice il direttore artistico Franco Citterio - quindi i nostri marionettisti non si vedono».
La varietà
Ciò non vuol dire che questo mondo sia immobile. Il teatro di figura conserva in Italia una varietà invidiabile: le marionette (mosse dall’alto, con il bilanciere e i fili), i pupi (mossi con due bacchette di ferro dal puparo), il teatro delle ombre, i burattini (manovrati da sotto, «a guanto»). Proprio a Collodi si deve l’origine della confusione tra burattino e marionetta. Innumerevoli le varianti regionali, vasto il repertorio scenico. Dalla fiaba all’opera lirica, dallo spettacolo storico al balletto.
La marionetta a filo è il genere più complesso. Un sottile gioco di equilibri, che ogni compagnia interpreta a modo suo. Alla Carlo Colla & figli i marionettisti sono tredici. I sei più anziani over 60. Le più giovani hanno 26 anni: Michela e Veronica, entrambe milanesi e allieve dell’Accademia di Brera. Arrivate come tirocinanti, assunte a tempo pieno nonostante l’anno nero del Covid. Inserire giovani è necessario per tenere viva la tradizione.
«Imparare a muovere le marionette - spiega Citterio - è come imparare a suonare uno strumento musicale». Dopo 15 giorni, impegnandosi, si imparano i primi rudimenti, ma l’inserimento negli spettacoli è graduale. Un tempo si entrava in compagnia da adolescenti, ora dopo aver studiato teatro. «Non si finisce mai di imparare, perché ci sono sempre esercizi più difficili». E il marionettista non deve limitarsi a muovere i fili. La sua arte si estende a scene, marchingegni tecnici, musiche e voce. Per non dire dell’improvvisazione, necessaria quando qualcosa va storto.
«Ogni spettacolo è un viaggio in diverse dimensioni: storiche, letterarie, fantastiche – racconta Citterio -. Pinocchio era assolutamente innovativo quando fu scritto nel 1883». Dirompente a partire dall’incipit, spiazzante nell’esulare dai canoni della fiaba classica. La compagnia l’aveva messo in scena per l’ultima volta negli Anni 50. «Ma Eugenio Monti Colla, il nostro maestro, non lo amava. E poi era un periodo di crisi, di ricambio generazionale». La compagnia era stata sfrattata, cinema e tv prendevano il sopravvento.
Volti nuovi
Riprendendo testi, musiche e costumi di quello spettacolo, «abbiamo capito che non potevamo riproporlo con materiali esistenti. Dovevamo ripensarlo, rifare tutto da capo». Risultato: 98 marionette nuove, con una particolare cura scultorea per i volti. E animali in versione antropomorfa: carabinieri cani mastini, giudici scimmioni, i tre medici grillo civetta e corvo. «Dopo un lungo dibattito», Pinocchio è ispirato alle illustrazioni di Attilio Mussino, degli Anni 40.
Non è vero che le marionette sono per bambini. Non lo erano nell’Ottocento (la prima fiaba, Cenerentola, va in scena nel 1908), non lo sono adesso. Spiega Citterio: «La filosofia è che gli spettacoli devono essere fruibili per tutti, estremamente popolari. L’obiettivo è dare profondità agli spettacoli semplici, con allestimenti e interpretazioni, e alleggerire testi complessi come la Divina Commedia. La marionetta è trasversale».
Tre anni fa la compagnia si è acquartierata in questa palazzina nell’area ex Ansaldo. L’idea è ospitare, integrato ai laboratori, un museo del teatro di figura. Il materiale non manca: tremila marionette (rigorosamente conservate spogliate) di cui 600 storiche, il resto post Anni 80; oltre ottomila costumi; 1500 metri per percorsi e visite guidate. E soprattutto tanta voglia di raccontare, non solo in streaming, che mondo c’è dietro un filo.