Usa il filo dell’ironia per raccontare la sua famiglia controcorrente nell’Italia dell’inverno demografico, Veronica Alberti, sette figli dai 18 anni ai tre mesi (un maschio e cinque femmine) un marito, Lorenzo Mattugini, geometra, con cui è sposata da 22 anni, un diploma in ragioneria e una quasi-laurea in teologia. «Quando è nata la terza figlia, Virginia, non ce l’ho fatta più con l’università, ho smesso senza rimpianti pur continuando a studiare per passione, essere madre mi appaga profondamente, ma non siamo eroi, non siamo un modello, la nostra è stata una scelta, ho amiche con un solo figlio e sono felici così. Per lo Stato non esistiamo, niente aiuti, niente sostegni, la famiglia in Italia è l’ultima ruota del carro».
Una villetta con il giardino in periferia, a Forte dei Marmi, un piccolo giardino «il nostro grande sfogo durante il lockdown», un pullmino a 9 posti, 20 litri di latte, 8 confezioni di biscotti e 6 chili di pasta a settimana, montagne di pannolini (lavabili) il sabato la pizza fatta in casa o la serata McDonald, hamburger e patatine rigorosamente homemade , un garage pieno di biciclette e la fortuna, dice Veronica, «di abitare in un posto di mare». «Quando è possibile facciamo una settimana di vacanza l’anno, per il resto qui basta scendere in spiaggia». Ha un blog dove si racconta e racconta la sua famiglia extralarge Veronica, 41 anni (“Veramente Veronica, l’avventura di noi”), l’amore con Lorenzo Mattugini, 57 anni, un amore nato all’oratorio, i primi tempi di matrimonio in cui i figli non arrivavano. «Poi la nascita di Emmanuele e 13 mesi dopo Sara, ne avevo soltanto due e mi sembrava che la mia vita fosse sconvolta, non ne volevo più, dalla terza in poi ho capito invece che ce l’avremmo fatta, ogni volta è una gioia infinita, Agnese sarà l’ultima, la nostra tribù si ferma qui».
Agnese, tre mesi, («è la mascotte, appena fa un versetto i fratelli la prendono in braccio , verrà su un bel po’ viziata, temo»), concepita nei mesi amari della pandemia, mentre l’Italia si ripiegava su stessa, l’Istat censiva uno tsunami di culle vuote. Nel 2020 i nuovi nati sono stati meno di cinquecentomila, la discesa è continuata per tutto il 2021, nel 2022 il bilancio della natalità sarà, dicono i demografi, “qualcosa di simile a una catastrofe”.
Poi ci sono le storie al contrario, assomigliano a un canto alla vita, quanta speranza ci vuole per mettere al mondo sette figli, Emmanuele, 18 anni, Sara, 17 anni, Virginia 15 anni, Ester, 13 anni, Maria 7 anni, Anna, 4 anni, Agnese tre mesi, in una famiglia normale e con un solo stipendio?
«Siamo cattolici, crediamo nella sacralità della vita, ma la famiglia numerosa è stata una decisione, li abbiamo voluti uno ad uno. Non sento di essermi sacrificata, riesco a ritagliarmi del tempo per me, scrivo il blog, leggo quando sono a scuola, ogni tanto sono stanca morta è vero, spesso mi trasformo in mamma- taxi per accompagnarli dappertutto, fa parte del gioco. Sarei bugiarda se dicessi che è facile, però con loro mi diverto, sono una riserva di affetto infinita, la nostra eredità ». Dice di essere “mamma alla settima” Veronica Alberti, perché sette figli e figlie sono sette unicità e ogni tanto bisogna ricavare un tempo assoluto per ognuno di loro. «A turno è importante che sentano di avere con me un rapporto esclusivo». Non c’è enfasi in Veronica, quasi lo stupore, anzi, di costituire un caso, una notizia, un’anti-statistica nell’Italia dove il tasso medio è di 1,17 figli per donna, l’età media del primo parto è di 34 anni, mentre Veronica ne aveva 23. «Bisogna avere le condizioni per farli i figli, sia interiori che materiali, tutti parlano di famiglia, invece mancano il welfare, gli asili nido, i congedi, il part time per le donne, una politica fiscale che aiuti nuclei come il nostro. Se non mi fossi potuta permettere di restare a casa, non avrei avuto sette bambini».
Lasciare andare, accettare il disordine, l’imprevisto, l’imperfezione. «L’addetto alla spesa è mio marito. Cerchiamo di fare un menù settimanale che però non rispettiamo mai. Non credo nell’organizzazione militaresca, chi c’è dà un mano, ho messo in conto anche i mugugni e se c’è da urlare, urlo. Siamo una famiglia normale, viviamo con un solo stipendio però ai ragazzi non manca nulla, nemmeno il superfluo, i più grandi suonano nella banda del paese, tutti fanno sport, calcio, danza. Da Emmanuele ad Agnese, li vedo crescere e sono felice: con Lorenzo abbiamo dato un contributo al futuro».