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 2021  dicembre 31 Venerdì calendario

Intervista a José Careras


«Ho scoperto il canto guardando un film» confessa José Carreras, superstar della lirica, con Domingo e Pavarotti protagonista di un trio tenorile che ha conquistato il mondo. Stasera, la sua voce suntuosa e vellutata tornerà a spiegarsi per il concerto di fine anno al Filarmonico di Verona, sotto l’egida di quell’Arena che l’ha visto tante volte protagonista.
«Torno dopo 22 anni con un programma di operette, zarzuele, canzoni. All’Arena sono legato da grandi ricordi, la Carmen del 1984, 20mila persone sugli spalti, regia di Bolognini. Altri tempi…».
Ma qual era il film che segnò il suo destino?
«Il grande Caruso con Mario Lanza. Quando lo vidi non sapevo nulla di nessuno dei due, avevo 6 anni, al cinema ci andavo al pomeriggio, due film al prezzo di uno. Il secondo non lo vidi, Caruso mi infiammò talmente che, appena uscito, mi misi a cantare».
Cosa la colpì così tanto?
«La voce, le canzoni, il fatto che venisse da una famiglia di Napoli povera come la mia di Barcellona. Mio padre, maestro di scuola, aveva perso il posto perché repubblicano nell’epoca di Franco. Mia madre, parrucchiera. Un’infanzia povera ma piena d’amore, di valori importanti che restano per sempre. Quando a casa annunciai che avrei fatto il cantante, nessuno cercò di dissuadermi. Prova, mi dissero».
E lei provò
«L’anno dopo ero iscritto al Conservatorio. Poco dopo alla radio cantai La donna è mobile. Un bimbo in braghette che canta Rigoletto! A 11 il debutto a Liceu con De Falla, un ruolo per voce sopranile qual era la mia allora. Montserrat Caballé mi notò, mi invitò a cantare con lei nella Norma. Stavolta da tenore. E tutto cominciò…»
Cosa è rimasto di quel bambino audace?
«La passione per la musica. La gioia di esprimermi cantando a 75 anni è sempre intatta. Sono stato fortunato. Ho realizzato i miei sogni, ho cantato nei primi teatri del mondo, con i direttori più grandi, da Karajan a Bernstein, da Abbado a Muti a Chailly».
Ricordi?
«Di Karajan si diceva fosse un dittatore, per me solo un gran professionista. A Salisburgo era il primo a arrivare, l’ultimo ad andarsene. Muti lo apprezzo per i suoi modi diretti, Abbado per la capacità di guidarti con tatto e umanità. Sotto la sua guida debuttai alla Scala nel Ballo in maschera. Avevo 28 anni, le gambe mi tremavano, fu bellissimo».
Con Bernstein incise «West Side Story».
«L’unica volta che ho avuto a che fare con un direttore compositore. Lenny era un vulcano, sprigionava musica da ogni poro. A ogni aria mi veniva in mente il film visto da ragazzo, innamorato come tutti, di Natalie Wood. Penso di andare a vedere il film di Spielberg».
Attuale anche «Madres Paralelas» di Almodóvar, dove si cercano le ossa dei morti per la libertà. Com’era quella Spagna divisa?
«Lo è ancora. Il Partito Popolare, di destra, fa di tutto per cancellare la memoria. Una censura che ho vissuto anch’io, a scuola sui libri era scritto solo quello che Franco voleva. Tra le parole cancellate, il nome di Mozart. La cultura faceva paura, e ancora la fa, perché aiuta a ragionare con la propria testa. Meglio seppellirla, come le ossa dei repubblicani. Almodovar fa bene a invitare a scavare. Bisogna che i giovani sappiano quello che è successo».
A 40 anni la sua carriera fu interrotta dalla malattia...
«Mi sentii male durante le riprese della Bohéme di Comencini. Leucemia, i medici dissero che avevo una probabilità su 10 di cavarmela. Mi aggrappai a quell’unica con tutte le forze. Mi hanno guarito i medici, l’affetto dei miei cari, di tante persone sconosciute. E la musica. Non mi ha mai lasciato. Ascolto di tutto, opera ma anche pop. Amy Winehouse mi dà grandi emozioni».
Come ha ricominciato a cantare?
«Con un concerto per la mia città. E con una Fondazione ormai diventata una rete di donatori di midollo osseo. Ne sono molto fiero, è lo spartiacque della mia vita».
Da quella svolta sono nati anche i Tre Tenori
«Una follia fortunata, tre tenori diversi vocalmente e fisicamente: Luciano con la sua mole, i suoi modi estroversi, Placido sempre pronto a aiutare gli altri. Un’intesa fantastica, di leale competizione».
E l’intesa artistica e amorosa con Katia Ricciarelli?
«Ci sentiamo, a Katia resto legato da grande affetto. Per lei solo parole belle».