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 2021  dicembre 31 Venerdì calendario

L’illusione infantile che se chiudo gli occhi il covid scompare


Il pensiero magico è che la furia di Omicron e la persistenza di Delta si spengano da sole, come certi tifoni del Pacifico, e se ne vadano lasciandoci finalmente liberi di ricostruirci una vita, come nazione e come persone. E che il picco del peggio, previsto dagli esperti per metà gennaio, con il doppio o il triplo dei casi rispetto a oggi, venga scongiurato da un’imprevista quanto benedetta ritirata del nemico.
Cessato allarme, usciamo in strada a ballare. Pensiero magico, appunto, tipo l’illusione infantile che se chiudo gli occhi i mostri scompaiono.
Le contromosse appena disegnate dal governo per arginare una quarta ondata che sembra un tifone, per rapidità dei contagi anche se almeno per ora non per gravità delle conseguenze, sembrano improntate a questa inconfessabile, e temiamo irrealizzabile, speranza. Oppure al suo contrario: la rassegnazione, ovvero l’accettazione che il Covid continuerà nella sua tragica marcia e noi impareremo a conviverci, pagando il prezzo di qualche altro migliaio di morti, di ricoveri, di «positivi» anche tra i più giovani. Quanto alla breccia aperta al virus da quasi 6 milioni di no vax adulti, la non soluzione è al momento quella di confinarli di fatto a stare ai margini da quasi tutto, ma senza la trasparenza dell’obbligo di vaccinarsi: di fatto, una prigione però invisibile, non dichiarata, nonostante l’80 per cento degli «ospedalizzati» venga dalle loro irresponsabili fila e molti irriducibili rifiutino fino all’estremo le cure indispensabili a scongiurare una fine nota.
Niente trincea
La nuova linea del nostro Piave non è una trincea netta e profonda, ma un tratto incerto di pennarello: quarantene molto ammorbidite «per non bloccare il Paese», test di controllo abrogati anche dopo un contatto a rischio per tutti i terza dose (che pure si infettano, sia pure con esiti più lievi, e quindi diventano veicoli del virus), nessun riferimento a smartworking o dad (lavoro e scuola a distanza). Il tutto, anzi il poco, neanche subito, ma dal 10 gennaio, quando la situazione promette di essere seriamente fuori controllo, assai più di quanto già lo sia ora, con tracciamenti saltati, Ats (Agenzia di tutela della salute) e medici di base sopraffatti o «non raggiungibili», laboratori ingolfati, mercato nero di mascherine Ffp2, code vergognose di ore per un tampone pubblico che ti liberi dall’angoscia del dubbio sano-contagiato. I dati della Fondazione Gimbe delineano il quadro: più 80 per cento di casi nella settimana di Natale, più 20 per cento di ricoveri, più 13 per cento nelle terapie intensive, con una pervasività che riguarda tutte le Regioni. Previsione di Nino Cartabellotta, presidente appunto di Gimbe: «L’emersione di numeri così elevati rischia di paralizzare l’Italia con un lockdown di fatto. L’obiettivo primario è contenere l’eventuale sovraccarico degli ospedali spingendo al massimo su coperture vaccinali e richiami».
A fronte dell’irruenza del morbo e della paralisi di quelli che dovrebbero essere i primi presidi di tutela, la montagna del governo ha partorito una controffensiva frutto di compromessi al ribasso e quindi inadeguata.
Le risposte che mancano
E la ragione di tale inadeguatezza, per quanto sembri surreale visto lo stato delle cose, sta nei veti incrociati di una maggioranza arlecchino, dove i singoli partiti che la compongono, o almeno una parte dei pezzi a colori che la determinano, hanno cominciato a guardare troppo alla pancia dei propri presunti bacini elettorali (in vista della partita del Quirinale, con tutto il ventaglio delle variabili conseguenti), piuttosto che all’animo in tumulto degli italiani in generale, disorientati anche dal futuro magro e senza ristori che aspetta molti di loro. Comprensibile che siano insofferenti ad altre ipotesi di chiusure perché preoccupati di altre povertà che incombono. Doveroso accogliere queste preoccupazioni e offrire al più presto risposte tangibili: prima arriveranno segnali concreti di sostegno e meno complicato sarà ricompattare la nazione in un altro dei momenti cruciali che stiamo attraversando.
I vaccini unico argine
Venti mesi dopo l’inizio di questo inferno a tappe, tra ondate che lasciavano pause di tregua purtroppo male impiegate, abbiamo l’incommensurabile vantaggio dei vaccini che hanno impedito la catastrofe, almeno nei Paesi variamente ricchi come il nostro (la situazione nei mondi variamente poveri, a cui sono stati dati in elemosina antivirali in quantità ridicole e spesso già scaduti, è un altro dei conti che ci verrà presentato a breve). Vero, non abbiamo avuto i morti per strada. Vero, abbiamo in più occasioni imboccato la via che sembrava finalmente portare alla fine di questo tunnel. Però ogni volta ci siamo persi, si è perso tempo. Dal febbraio 2020 si sono succeduti due governi, che hanno ciascuno affrontato e contenuto un’apocalisse di portata storica. Senza però, nessuno dei due, neanche questo, approfittare dell’occasione offerta dal flagello per rimettere le mani, e i fondi indispensabili, per rianimare una sanità pubblica già indebolita dal maltolto di chi è venuto prima e adesso ridotta allo stremo dopo aver eroicamente resistito a tutti i successivi morsi del Covid-19, con pesante pedaggio di vite, oltre che di impegno, di medici, infermieri, operatori, farmacisti. È un diritto costituzionale, pagato con le nostre tasse, essere curati dignitosamente dove abitiamo, e terreno da recuperare in questo campo ce n’è tantissimo, anche se al momento non sembrerebbe uno dei cardini di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato di fresco all’Europa.
Il diritto alla salute
Può sembrare paradossale, ma sarebbe un peccato imperdonabile sprecare anche questa maledetta quarta ondata. Il governo, non solo guidato ma palesemente incarnato da una figura come quella di Mario Draghi, ha finora raggiunto tutti i 51 obiettivi previsti dal Pnrr per incassare la prima rata da 24 miliardi e passare alla fase successiva. Un «lockdown di fatto», determinato anche dalle ubbie della sua maggioranza, interromperebbe il percorso, e sarebbe già un bel danno, oltre a mettere a rischio il diritto alla salute e quindi al complesso della vita sociale (dal diritto al lavoro a quello all’istruzione eccetera) di 59,55 milioni di cittadini. E qui il danno sarebbe enorme. Il fronte del Piave appena prospettato potrebbe non reggere, anche perché la sanità di base è al collasso e così il morale della gente. Non è ancora troppo tardi per dare un segno forte a Omicron e agli italiani. Ma occorre affrettarsi, correggersi, ricercare un’ostinata unità, guardando esclusivamente al bene possibile del Paese, whatever it takes.