la Repubblica, 31 dicembre 2021
Intervista a Ficarra e Picone
In Incastrati, la loro prima serie tv, Ficarra e Picone sono due elettricisti siciliani che capitano nella scena di un delitto, ritrovandosi avviluppati in una ragnatela di sospetti, tradimenti, equivoci, che s’ingrossa trascinando parenti, inquirenti, politici e mafiosi. Sei episodi che guardano al genere crime e al cinema di Germi, da domani su Netflix.
Nella serie si parla della mafia silente di oggi.
Picone: «Volevamo raccontare una certa Sicilia, una mafia che si è inabissata ma lavora. La realtà supera la fantasia, persone comuni si scoprono essere ai vertici delle cosche, anche un primario. I nostri mafiosi non sono macchiette ma cattivi da commedia che però inquinano la vita sociale e civile. Il nostro compito è farvi ridere, non consolarvi. Siamo cresciuti interiorizzando la vergogna ai tempi delle stragi. La Sicilia è andata avanti ma l’errore da non fare è dimenticare».
Ficarra: «Si cerca di far dimenticare quell’esperienza straordinaria che è stata la reazione degli italiani dopo le stragi. Dimenticare significa non rendere onore agli eroi che sono morti».
Ficarra nella serie è patito di crime e perciò si ritiene un esperto.
Ficarra: «Ricorda i tanti che oggi pensano di padroneggiare argomenti complessi. Vedi un po’ di serie e ti senti criminologo, hai un amico medico e ti senti virologo, hai un social e ti senti politico».
Come spesso nei vostri film i personaggi femminili sono un passo avanti.
Picone: «Forse perché nella vita siamo succubi delle donne, dal primo film diciamo che comandano loro. In Nati stanchi il mafioso era comandato a bacchetta dalla consorte. La moglie di un mio amico gli dice “quando non trovi una cosa devi guardare dritto davanti a te”.
Ha ragione, spesso non vediamo cose per loro evidenti».
Ficarra: «Non vale per tutte le donne: Giorgia Meloni non vede quello che c’è nel suo partito».
Stasera l’ultimo discorso di Mattarella, un presidente che avete amato molto.
Picone: «Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi, anche lui dispiaciutissimo per il Palermo in serie C. Nonostante i sette anni di presidenza non è riuscito a portarlo in B. Eravamo alla presentazione del docufilm che abbiamo prodotto, Il figlio di Tarzan, racconta la giornata tipo di chi, come il nostro Giovanni Cupidi, ha una disabilità. Le difficoltà, la pianificazione di ogni spostamento. Si parla delle leggi che ci sono e che ci vorrebbero per i diritti di queste persone, in un momento di particolare attenzione all’inclusione. Lo mostreremo nelle scuole».
Lavorate a un nuovo film.
Picone: «Il cinema resta la nostra passione, la serie è una tappa».
Ficarra: «La storia parlerà dell’uomo, dell’attualità, di noi. Ci vorrà un anno, siamo artigiani, le nostre sono cose fatte a mano».
Quello con “Striscia la notizia” è un capitolo chiuso per sempre?
Picone: «Per sempre non esiste. È un capitolo chiuso per dedicarci ad altro. Ma la guardiamo con passione e una parte di noi continua a condurla, come per le partite, “ma perché non passa la palla a quello…”».
Ficarra: «Per molti mesi alle sette continuavo a mettermi giacca e cravatta. E i miei: Ma dove vai?».
“Il primo Natale” s’avvia a diventare un classico delle feste.
Ficarra: «Lo speravo, affronta il tema dell’emigrazione, spiega che da sempre ci sono popoli oppressi che cercano rifiugio e popoli che li accolgono».
Che vi augurate per il 2022?
Picone: «Il mondo è incastrato in questa situazione. Sarebbe bello riscoprirci, nel piccolo e nel grande, come comunità. È il momento della prudenza e anche dell’obbedienza, per scongiurare nuove chiusure».
Ficarra: «Sogno un virus che guasti per sempre i social di una serie di politici».
Picone: «E che, dopo tanti politici adolescenziali, possa tornare in Parlamento un politico adulto».
Il nuovo capo dello Stato?
Picone: «Un altro palermitano, magari l’ex presidente Grasso... Ci siamo trovati bene, continuiamo».
Draghi?
Ficarra: «E che gli dobbiamo dire, l’hanno messo anche nel calendario. Ho paura che veda
Incastrati e chiami per dire: “Io l’avrei scritta così”, magari è pure autore di serie».
Picone: «Lo vogliamo presidente?
Non so se Bergoglio, come Ratzinger ha fatto con lui, sta pensando di cedere il posto a Draghi. L’anno prossimo l’Angelus ce lo fa lui».