la Repubblica, 31 dicembre 2021
Un palazzo in quarantena
MILANO – E chi fa la spesa? Chi porta giù la spazzatura? Come i dieci piccoli indiani, alla fine non ne è rimasto uno in piedi. E seppure in forma leggera, il Covid è salito sulla scala a sinistra del secondo cortile, e li ha contagiati tutti, piano per piano. Un cortile in quarantena, un esemplare catalogo delle attuali e varie forme di diffusione del virus. Ciascuno a suo modo, se l’è portato in casa. Tutti doppiamente o triplamente vaccinati, e perciò nessun caso grave, il vaccino ha arginato il peggio e tutta Milano è così, a parte i ricoverati in rianimazione, e più che altro sono No Vax.
L’epicentro dei contagi, questa Milano che appare vuota e piuttosto depressa, la sera si aspetta il bollettino che ieri diceva così: 39.152 nuovi casi lombardi, 229.059 i tamponi eseguiti. Trentasei decessi, in una regione che ha così superato i 35mila morti da inizio pandemia. Da sola, un quarto dei morti d’Italia. La metropoli è in quarantena, le file per i tamponi sono impossibili, i medici di famiglia furibondi, di nuovo le falle organizzative ricadono su di loro. Segnali d’allarme sparsi: Trenord che cancella 100 corse perché troppi macchinisti sono malati. La Scala che cancella il balletto La Bayadère, e Macbeth va in scena, però i coristi hanno la mascherina.
Via Farini 37, un condominio per tutti. Casa di ringhiera, di quelle che negli annunci immobiliari vengono definite “Vecchia Milano”, questa è nel quartiere Isola. Un tempo abitate da operai, filandiere e lavandaie, oggi dalle professioni moderne. I primi a cadere, Greta Mandricardo, che lavora nell’enoteca bio Cru e ha 32 anni, e il compagno Federico Giudici, già chef e futuro paesaggista, prima lei poi lui, «io credo di essermi contagiata nel locale, ci sono stati altri casi nello staff, poi evidentemente l’ho passata a lui». Mal di testa e qualche linea di febbre, e così il Natale in famiglia è sfumato, «e meno male che c’erano Marco e Laura del secondo piano che ci facevano la spesa». Però si sono ammalati anche loro.
Al pianterreno, Gianluca, 31 anni, regista pubblicitario, quinto giorno di sintomi: «Contagiato dalla mia ragazza, che ha partecipato a una cena di lavoro». Elena, avvocato d’affari, la settimana prima di Natale a tavola con una decina di persone, tutte ben distanziate, dotate di Green Pass e test rapido per tutti prima di entrare nel ristorante, ma qualche giorno dopo ci sono stati i primi positivi, e lei stessa, la vigilia della festa, «così siamo tornati di corsa a Milano da Castelfranco Veneto e ci siamo chiusi in casa. Nel viaggio in auto mi sono contagiato anche io» ed eccoli qua, a scaldarsi le ossa sul ballatoio, pensando a cosa fare per cena, avendo dato quasi fondo alla dispensa e ordinato la prima spesa online, consegnata in cortile dal fattorino del super, divisa con gli altri e poi ciao, ciascuno nel proprio bi o al massimo trilocale.
Funziona il mutuo soccorso, «una lezione imparata durante il primo lockdown», dice Greta. «Gli aperitivi sul balcone, la ginnastica in cortile… ci siamo conosciuti così, allora abbiamo capito che si ha bisogno degli altri, che non si può vivere isolati». Poi, ci sarebbe bisogno anche dei tamponi. Tra qualche giorno tutti dovranno farlo, e qui interviene Marco (secondo piano, professionista come la moglie Laura). «Il tampone molecolare lo dovrebbe pagare la Regione, a chi è contagiato. Però la Regione Lombardia non è capace di organizzare le cose, quindi il cittadino deve cercarlo privatamente, per capire se è negativo e può quindi tornare in libertà. Allora cerchi il posto dove costa meno, ma siamo sempre sui 90 euro. Il portinaio dell’altro palazzo ha dovuto farlo di corsa, perché doveva partire per il suo Paese, e lo ha trovato a 120 euro. Ma visto che gli serviva entro le 24 ore, lo ha pagato 150». Intanto la figlia Sofia gioca con le mollette del bucato e si lamenta: «Mi annoio e sono triste perché non ho potuto passare il Natale con i nonni...». A undici anni, le mancano la scuola, le amiche, le lezioni di violino, la piscina. Il virus lo ha portato a casa lei, probabilmente. Prima un compagno positivo, poi due, poi cinque, infine tutti a casa, secondo le regole. Al secondo piano, Elena Dini Silvera, 32 anni, stylist, contagiata su un set fotografico, e senza saperlo poi ha partecipato a una cena di lavoro, e «ho fatto due tamponi, negativi, il 20 e il 21. Ma quello del 23 era positivo». Con lei il fidanzato Rubbens, produttore discografico e dj. «Cosa facciamo tutto il giorno? Leggiamo, guardiamo film…», ringraziamo di essere vaccinati, contiamo i giorni alla liberazione, si cerca di prenotare il tampone, e nel frattempo torneranno in città le decine di migliaia che sono andati a Courmayeur o a Celerina, o nella baita in Val Formazza, o al paese in Puglia, lì sarà il momento della verità, per Milano.