Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 31 Venerdì calendario

CHE CE FREGA DELL’UCRAINA: DATECE IL GAS RUSSO! – GLI OTTO MILIARDI STANZIATI DAL GOVERNO PER TAMPONARE IL CARO BOLLETTE NON BASTERANNO. DRAGHI HA TRE OPZIONI SUL TAVOLO: BATTERE I PUGNI IN EUROPA, AUMENTARE LA PRODUZIONE INTERNA E SOPRATTUTTO FARE PRESSIONE SU WASHINGTON PERCHÉ SI SBLOCCHI L'AVVIO DEL GASDOTTO NORTHSTREAM 2 – IN MOMENTI COME QUESTI, VIENE DA MORDERSI LE MANI PER IL NO AL NUCLEARE: LA FRANCIA CON I SUOI 58 REATTORI SODDISFA LA METÀ DEL SUO FABBISOGNO… -

C'è un numero che più di ogni altro spiega il problema: dei settanta miliardi di metri cubi di gas che consumiamo ogni anno, ne importiamo sessantasei. Per l'Italia è la più importante fonte di energia tradizionale, e di ogni male.

Che il caro bollette sia la grana più complicata che c'è, Mario Draghi l'ha provato sulla sua pelle quando a ottobre ha tentato di convincere i partner europei ad una strategia comune. In queste ore i contatti fra il premier e il ministro Roberto Cingolani sono frequenti, ma una soluzione a portata di mano non c'è.

Gli oltre otto miliardi stanziati per frenare l'aumento esponenziale dell'energia appaiono sempre più come la piccola toppa ad un buco che si allarga. Draghi ha sul tavolo tre opzioni: continuare a battere i pugni ai tavoli comunitari, fare pressione su Washington perché si sblocchi l'avvio del gasdotto Northstream 2, aumentare la produzione interna di idrocarburi.

I numeri sugli aumenti delle bollette fanno impallidire ogni retorica sull'Europa green e gli investimenti in rinnovabili. Con la ripresa post Covid, sono emerse tutte le contraddizioni di un sistema di approvvigionamenti che, nel tentativo di salvaguardare l'ambiente (tagliando la produzione di carbone), sta danneggiando l'economia.

Secondo le stime in possesso di Cingolani, gli ultimi aumenti delle tariffe faranno lievitare il costo complessivo per famiglie e imprese di quindici miliardi. Spiegava ieri il ministro a un collega di governo: «Questi numeri ci dicono che i problemi non si risolvono invocando solo più solare od eolico. Ora tutto sta nel capire se l'aumento del prezzo del gas si fermerà o meno, ma il problema si può risolvere solo a livello europeo».

Fin qui Draghi dai partner ha ottenuto ben poco. Ha lanciato l'idea di acquisti comuni per calmierare i prezzi, trovandosi davanti il muro dei tedeschi e dei nordici. Ha provato almeno a ottenere il sì a scorte comuni, accettato solo su base volontaria. La prossima mossa sarà chiedere la riduzione delle imposte, regolate da accordi europei.

Uno dei problemi è l'atteggiamento americano nei confronti del gasdotto Northstream 2, pronto per trasportare il gas russo in Europa attraverso la Germania senza passare dai confini ucraini. Il gasdotto, uno dei tanti strumenti in mano russa per rafforzare la dipendenza energetica europea, è pronto per funzionare. Manca il sì di Berlino alle ultime autorizzazioni, ed è un segreto di Pulcinella che quei sì sono bloccati da un veto americano che spera così di contenere l'escalation con l'Ucraina.

Americani i quali - nel frattempo - hanno ripreso a vendere all'Europa gas liquido via nave fin qui destinato a Oriente. Nella partita energetica la forza di Putin è alimentata da un sistema di prezzi che fa dipendere gli aumenti dell'elettricità anzitutto da quelli del gas.

E così, come ha spiegato qualche giorno fa Draghi, capita di scoprire che produttori di energia idroelettrica aumentano le tariffe come se nel frattempo si fosse prosciugata l'acqua nelle dighe. In momenti come questi a fare la differenza è la capacità di produrre in autonomia. La Francia, con i suoi 58 reattori nucleari, soddisfa la metà del suo fabbisogno.

La maggioranza dei Paesi europei (Italia compresa) è a favore del nucleare di terza generazione, ma deve fare i conti con il governo di Berlino (tradizionale alleato di Mosca) che le centrali ha deciso di chiuderle. L'Italia è sempre schiacciata dalla mancanza di lungimiranza: oltre che dal gas russo e ucraino, le forniture dipendono da Libia e Algeria, due Paesi dove la pace non regna quasi mai. Cingolani vorrebbe per questo aumentare la produzione nazionale dagli attuali quattro miliardi di metri cubi di gas l'anno ad almeno otto. Per farlo, occorre trivellare di più nei giacimenti in Basilicata e nell'Adriatico settentrionale. Trivellazioni contro le quali si è sempre schierato il Movimento Cinque Stelle.