Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  dicembre 30 Giovedì calendario

La Francia di Houellebecq

Michel Houellebecq torna in libreria con Annientare, romanzo fluviale, più di settecento pagine, che narra la rinascita di un amore, quello tra il dirigente statale Paul Raison e la moglie Prudence, proiettandosi nella Francia del 2027, nel mezzo della campagna per la presidenziale su cui incombono spettacolari attacchi hacker condotti da misteriose sette. Con Houellebecq ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti non è mai casuale, ed è facile riconoscere nel romanzo l’attuale ministro Bruno Le Maire, alias Bruno Juge, di cui il protagonista Paul è il fidato consigliere, presentato come «il più grande ministro dell’Economia dai tempi di Colbert».
Un tecnocrate colto, raffinato e competente ma non abbastanza istrione per candidarsi all’Eliseo in quella che l’autore chiama già «postdemocrazia». Il ministro – che migliora la dizione recitando versi di Corneille, uno dei passaggi più esilaranti del romanzo – è quindi affiancato in un ticket elettorale con il più popolare conduttore di talk show Benjamin Sarfati che deve affrontare al ballottaggio o il candidato giovane e “figo” del Rassemblement National, ritratto molto vicino all’attuale delfino di Marine Le Pen, Jordan Bardella.
Edito da la Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi, Annientare è molto atteso perché Houellebecq, sessantacinque anni, è uno degli scrittori francesi più famosi nel mondo e i suoi romanzi non hanno mai lasciato indifferenti, alimentando polemiche e speculazioni su presunta vena profetica. Nell’ultimo libro, Serotonina, si potevano scorgere le premesse del movimento dei gilet gialli nelle pagine in cui raccontava il blocco di un’autostrada per la protesta degli agricoltori. Nel 2015 Sottomissione, che prefigurava l’avvento al potere nel 2022 di un presidente musulmano, è uscito nel giorno dell’attentato a Charlie Hebdo, che viene citato in Annientare con il riferimento a uno dei giornalisti feriti, Philippe Lançon. Non è l’unico parallelo tra i due romanzi.
Questa volta Houellebecq descrive una Francia che non è sprofondata nella guerra civile o di religione, che nel 2022 non ha eletto un capo dello Stato musulmano ma ha confermato per un secondo mandato il presidente che prometteva la Start-up Nation e invece si è convertito al fascino dell’economia centralizzata alla francese, ecco Emmanuel Macron anche se non viene mai nominato. La Francia del 2027, per come la racconta Houellebecq, è addirittura tornata a essere la quinta potenza economica mondiale, risanata nei conti e con una nuova forza industriale, seppur schiacciata nel conflitto sempre più violento tra Usa e Cina, e «il tutto senza contestazioni, senza scioperi, in un clima di consenso sorprendente». L’annientamento non è insomma nei dati contabili e neppure nella guerra economica che orgogliosamente combatte il ministro Bruno Juge dagli uffici del quartiere di Bercy, «cittadella totalitaria trapiantata nel cuore della città». Nella visione dell’autore, la progressiva distruzione è piuttosto quella di una società malata di individualismo, orfana di riferimenti morali e ideologie, dove l’amore tra figli e genitori appare qualcosa di innaturale, la famiglia e la vita coniugale sono gli «ultimi due poli residui attorno ai quali si organizza l’esistenza degli ultimi occidentali». Il declino dell’Occidente e della civiltà cristiana – basterebbe la scena nella quale Paul entra in una chiesa vuota e desolata senza ricordare in quale senso deve fare il segno della croce – sono fili conduttori dell’opera di Houellebecq. I suoi detrattori ritroveranno anche le fantasie erotiche del tipico maschio bianco eterosessuale, alcuni cliché sulle differenze di genere, le critiche all’eutanasia e qualche considerazione politicamente scorretta sui migranti che tentano di sbarcare in Europa.
È un romanzo avvolto in uno strano torpore, accompagnato dai sogni distopici di Paul, ma è anche una finestra verso la redenzione nel ritratto di una coppia alla deriva che non ha avuto figli, non ha nemmeno un cane e si ritrova ad avere in comune solo un frigorifero, anzi nemmeno quello da quando Prudence è diventata vegana nonché adepta della religione wicca. «Quello che accade all’interno di una coppia è del tutto particolare, non si può applicare ad altre coppie – scrive Houellebecq – non è suscettibile di interventi né di commenti, è separato dal resto dell’esistenza umana, diverso dalla vita in generale così come dalla vita sociale comune a molti mammiferi, non lo si può comprendere neppure a partire dalla discendenza che la coppia può avere generato, insomma, è un’esperienza di tutt’altro ordine, per l’esattezza non è nemmeno un’esperienza, ma un tentativo».
Come due naufraghi su una zattera, Paul e Prudence finiscono per avere solo se stessi, non trovando posto in una realtà che attraversano con una «incomprensione spaurita», accompagnati da fratelli e sorelle che intanto colano a picco. Nel loro essere perennemente spaesati, incapaci di dominare gli eventi, appaiono più veri nella «prossimità del nulla», espressione all’inizio del romanzo, e quindi già pronti a riconoscere quella sottile «corrente di speranza, come il sangue che riprende a circolare in un organo contuso». La salvezza è il corpo, avamposto di qualsiasi trasformazione, dal letto di ospedale dove Paul va a trovare suo padre in coma, ex agente dei servizi segreti che custodisce la chiave dei misteriosi attacchi hacker, a quello di una vecchia casa di famiglia dove Prudence torna ad abbracciare Paul tra le coperte, come fossero di nuovo bambini.
Houellebecq sembra quasi irridere ai «profeti di sventura» e apre squarci di luce. «I destini vanno dritti per la loro strada – scrive – solo di rado si incrociano, e ancor meno di frequente cambiano rotta; eppure capita, di tanto in tanto».