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 2021  dicembre 30 Giovedì calendario

Periscopio

Un martedì senza sole. Milano, nei giorni delle feste. Un quartiere borghese, il supermercato alle dieci affollato. Gente molto nervosa che si fa largo spingendo il carrello come un trattore; urtano gli altri, «ma stia attento!», «si sposti!», un’aria acida fra le corsie traboccanti di merci. Marina Corradi, scrittrice (Avvenire).

Da tempo dico che bisogna mettere in conto le elezioni nel 2022. L’ho detto anche alla Leopolda. Noi preferiremmo votare a scadenza naturale nel 2023. Ma gli interessi dei leader dei partiti principali, da Salvini a Meloni, da Letta a Conte sono diversi: tutti, per motivi diversi, vogliono votare. Anche e soprattutto quelli che non lo dicono. Matteo Renzi. sito.

Si dice che Renzi sia un uomo d’affari. A me però non ha mai chiesto un euro. E quando venne a Expo da presidente del Consiglio a mangiare la carne cruda, pretese di pagare. Detto questo, forse ha sbagliato a personalizzare il referendum. Oscar Farinetti, patron di Eataly (Aldo Cazzullo). Corsera.

Sergio Mattarella per il bis sarebbe stato l’ideale. Adesso va trovato un Carlo Azeglio Ciampi che possa aggregare come accaduto nel 1999. Tutte le altre ipotesi che si basano su un centrodestra più Renzi, o un centrosinistra più Berlusconi, fanno i conti senza l’oste. E l’oste, lo ripeto, è il Parlamento. Che oggi è ingovernabile. Ugo Finetti (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.

Di Bicamerali per modificare la Costituzione ne abbiamo già avute tre ed hanno tutte fallito. Per una duplice ragione di fondo. Prima, fatta in Parlamento, la riforma, prima o poi urta contro la maggioranza parlamentare e il suo interesse politico del momento, sì che si blocca. Seconda: una riforma in una bicamerale parlamentare finisce con l’urtare anche contro il governo in carica, e di nuovo si paralizza. E’ accaduto anche con l’ultima bicamerale. La mia proposta è diversa. Settantacinque membri eletti in un’Assemblea costituente, non parlamentari, con un tempo di dodici mesi e infine un referendum confermativo del testo. Marcello Pera, ex presidente del Senato. (Fausto Carioti). Libero.

Il Vittoriale è rimasto sempre in attivo grazie allo sbigliettamento (chiudiamo a 180 mila visitatori, più 70 mila rispetto al 2020). Abbiamo trasformato quel progetto visionario che voleva D’Annunzio: un luogo dove pulsassero natura, storia, vita e bellezza e dove fosse omaggiato nei tempi. Giordano Bruno Guerri, storico e presidente del Vittoriale. (Francesco Specchia). Libero.

Washington ha preferito ritirarsi precipitosamente dall’Afghanistan perché considera più urgente concentrare risorse militari nel Pacifico, nel Mar del Sud della Cina e nell’Oceano Indiano, che lungo una Via della Seta senza dubbio importante per gli equilibri mondiali, ma sulle quali è difficile intervenire per una potenza innanzi tutto marittima come quella americana. Ludovico Festa. Studi Cattolici.

In Germania si esce dalla Chiesa per diversi motivi, anche fiscali. Chi ne fa parte deve pagare le Kirchensteuer, le tasse alla sua Chiesa, dal 6 all’8 per cento in più calcolate sul reddito. E molti preferiscono risparmiare. Dal 1990 al 2020, sono usciti in nove milioni dalla Chiesta luterana, e in quattro milioni dalla cattolica (ma fino al 2017). Roberto Giardina. (ItaliaOggi).

Ricordate il primo lockdown? Cominciò il 9 marzo 2020, ovvero 651 giorni fa. Andrà tutto bene, ripetevamo l’un l’altro. Ne usciremo migliori. Nulla sarà più come prima. Intanto, dai, canta che ti passa! Tu dal tuo balcone, caro vicino, io dal mio. Visto? Fino a ieri, uno stringato «buongiorno» in ascensore. Ora, sembriamo amici da una vita. Non è così male essere ai domiciliari, vero? Poi, con il passare di giorni, settimane, mesi, è sembrato di impazzire. Abbiamo dovuto aspettare il 4 maggio per rimettere il naso in strada. E il 15 giugno per uscire dai confini regionali. Massimo Donelli. QN.

Ho ceduto la Index alla Sika, una multinazionale svizzera che fattura 7 miliardi di euro e conta 30 mila dipendenti. L’ho fatto per l’età, ho 82 anni, Per tutta la vita non ho mai avuto né sabati né domeniche. Tornavo a casa per cena alle 20.30 e poi mi rimettevo sulle carte fino a mezzanotte passata. Speravo che potessero subentrarmi le mie figlie, Vanessa e Veronica, che lavoravano con me in azienda, ma non se la sono sentita di assumersi questa enorme responsabilità. Non le biasimo. Luigi Carlon, imprenditore (Stefano Lorenzetto), l’Arena.

All’inizio il successo era per me qualcosa di inebriante. Dopo un po’ non capivo più se ero Gaetano o Nino. Mi sentivo scisso tra la povertà da cui provenivo e la ricchezza che cominciava ad arrivare. Sono ricorso a uno psicologo. Non è stato semplice trovare un equilibrio tra due mondi così opposti. Non è facile guardarsi allo specchio e dire ce l’ho fatta! Nino D’Angelo, cantante, (Antonio Gnoli), la Repubblica.

In seconda media nella mia scuola di Napoli si aggiunse una materia nuova: lingua estera. Era il francese, dilagante perché il fascismo aveva stoppato la formazione di prof d’inglese, aborrito idioma della “perfida Albione”. Ricordo anche questa professoressa con ammirazione, alta e solenne come un trumeau e un pesante chignon dietro al volto ottocentesco: ci memorizzò le consonanti mute in fine di parola con la frase mnemonica DéPôt Du Gaz X e ci aiutò a capire che Matin si leggeva Matàn e non Matèn. Le sue nasali facevano venir voglia di soffiarsi il naso, ma ci mettevano nelle orecchie le sonorità e le liaisons parigine. Gianni de Felice. ItaliaOggi.

È vero: i vicini di casa hanno ragione. I trasporti pubblici a Rum, nel Tirolo austriaco, funzionano perfettamente, ma è altrettanto vero che certi autisti, pur di non accumulare un solo istante di ritardo, chiudono impietosamente le porte dei loro autobus in faccia a quegli anziani (e perfino a quei disabili) che, come possono, nonostante la neve, allungano il passo nella speranza evitare altri venti minuti d’attesa al gelo. La somma di tutte queste singole verità porta, infine, a una conclusione morale: e cioè che la vita merita di essere vissuta in luoghi capaci di maggiore pietà. Posti in cui la polizia non ti chiede conto della scatola vuota raccolta per la strada. Città più umane, insomma, in cui gli autisti attendono gli anziani che si affrettano per raggiungere le fermate degli autobus e in cui la gente ride e piange molto più spesso che qua. Luoghi, insomma, in cui non importa che tu sia austriaco, turco o polacco. Ma che tu sia: e basta. Nicola Lecca, scrittore (Studi cattolici).

Quanta invidia nel cuore degli adulatori. Roberto Gervaso.