Il Messaggero, 30 dicembre 2021
Breve guida del Vesuvio
Su Napoli e sul suo celebre golfo si affaccia una montagna famosa nel mondo. Per secoli, ai botti sparati per il Capodanno in città hanno fatto da sfondo il fumo e i lapilli del Vesuvio. Negli anni del Grand Tour, insieme ad altri, hanno descritto il cratere Andersen e Dickens, Goethe, Melville e Stendhal. Secondo Percy Bysshe Shelley, poeta inglese che vi arrivò nel 1818, la sommità del vulcano era «il più orribile caos che si possa immaginare, incisa da impressionanti fenditure, riempita da tumuli di grandi pietre e ceneri e da enormi rocce annerite e calcinate». Non è facile, quando si scrive del Vesuvio, non esagerare con i superlativi.
LA BASE
Nel Settecento, alla base del vulcano, il tedesco Johann Winckelmann ha dato vita all’archeologia moderna esplorando Pompei ed Ercolano, inghiottite da cenere e lava nel 79 dopo Cristo. Un secolo dopo, sempre qui, è nata la vulcanologia. L’Osservatorio Vesuviano, il primo del suo genere al mondo, è stato costruito nel 1841 per volere di re Ferdinando II di Borbone, su un dosso che le successive colate hanno solo sfiorato. Segno che i progettisti conoscevano il loro mestiere. L’ultima eruzione del Vesuvio risale al marzo del 1944, oggi i vulcanologi tengono d’occhio la montagna da lontano. Tra le vecchie colate di lava e il golfo di Napoli, l’espansione della città vesuviana che si allunga da Portici fino a Castellammare di Stabia ha trasformato la scena. Il vulcano, da entità minacciosa, è diventato vittima dell’edilizia selvaggia e di altre opere poco attente dell’uomo. «Il Parco nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995, ha contribuito a riportare la legalità sul territorio. Ora ci stiamo impegnando per lo sviluppo del territorio con centri visita, musei e sentieri» spiega il direttore Stefano Donati. Alcuni luoghi del Vesuvio sono delle mete famose. Sul viottolo che sale all’orlo del cratere (a piedi bastano venti minuti di salita) vige da due anni il numero chiuso. Dall’alto, oltre che sulle fumarole e le pareti di lava, del cratere, ci si affaccia su Napoli, il golfo, Capri e Ischia. Dall’altra parte, d’inverno, appare l’Appennino innevato. Più in basso si possono scoprire betulle, ginestre e il lichene Stereocaulon vesuvianum. Nei fine settimana, dalla strada che sale al cratere, si può entrare a piedi o in bici nella Foresta Demaniale del Vesuvio, piantata un secolo fa sul versante rivolto verso Boscotrecase. Gli escursionisti più allenati salgono da Ottaviano alle lave a corda della Valle dell’Inferno. «Dalla vetta dei Cognoli si legge la storia del Vesuvio» spiega Stefano Donati, geologo oltre che direttore del Parco. «Il Monte Somma, il primo Vesuvio, è esploso 18.000 anni fa, e poi nel 79 dopo Cristo, distruggendo Ercolano e Pompei.
L’INTERNO
Il Gran Cono si è formato più tardi al suo interno». Per chi non ama camminare, il tour tra le meraviglie del Vesuvio inizia ovviamente da Ercolano e Pompei. Meritano una visita anche gli scavi di Oplonti (a Torre Annunziata) e la Villa Regina di Boscoreale. Nel vicino Museo del Parco sono campioni di lave, un plastico interattivo, un erbario con le specie più rare del vulcano. Sul perimetro del Parco, meritano una sosta le aziende che producono vini con uve tradizionali come il Coda di volpe, il Piedirosso e il Caprettone. È in ripresa anche la produzione dell’olio extravergine, delle albicocche e del pomodoro del piennolo.
GLI EDIFICI
Completano il tour due edifici che raccontano delle storie straordinarie, e che si visitano solo su prenotazione. Il Castello mediceo di Ottaviano, nato come fortezza longobarda, è diventato un palazzo nel Cinquecento, ed è stato venduto nel 1980 a una società legata alla Camorra. Più tardi è stato sequestrato e restaurato, e oggi ospita la sede del Parco del Vesuvio. L’altra meta da non perdere è il vecchio Osservatorio vesuviano, oggi museo. Insieme a campioni di lave e di ceneri, e a una statua di re Ferdinando II, ospita una collezione di vecchi strumenti. Due sismografi del primo Novecento, ancora funzionanti, registrano i movimenti del terreno, grazie a un pennino, su un rotolo di carta affumicata. Il Vesuvio è rimasto lo stesso, ma la scienza è profondamente cambiata.