Corriere della Sera, 29 dicembre 2021
Il ritorno in Spagna di Juan Carlos e la sua amicizia con il latitante Abdul Rahman El Assir
Tra sei mesi, forse meno, Juan Carlos I, 83 anni, potrebbe abbandonare gli Emirati Arabi, dove è riparato nell’agosto 2020, e tornare in Spagna dove, in mancanza di nuovi elementi, la magistratura si prepara ad archiviare le inchieste a suo carico per corruzione, frode fiscale e altri movimenti finanziari, illeciti per qualunque dei suoi sudditi, in eden lontani e inaccessibili all’Agenzia delle Entrate.
Tutto ciò su cui la magistratura spagnola e quella svizzera hanno indagato o ancora indagano risalirebbe infatti ad anni anteriori al 2014, quindi a prima che l’anziano sovrano abdicasse in favore del figlio Felipe. Cioé all’epoca in cui Juan Carlos era coperto dall’ immunità riconosciuta al capo di Stato. L’ex sovrano potrà tornare in patria, dunque, ma la sua immagine resta irrimediabilmente deturpata e le sue attuali frequentazioni ad Abu Dhabi non farebbero che peggiorarla.
Niente donne, stavolta. Che si sappia, nell’esilio del re emerito non ci sono aristocratiche affariste tedesche, come l’ex amante ufficiale Corinna Larsen, divorziata dal principe Johann Casimir zu Sayn-Wittgenstein-Sayn e ora fonte inesauribile di dettagli disdicevoli, se non penalmente rilevanti, sulla lunga e altolocata relazione extraconiugale.
Ma alla stampa spagnola risulta che la solitudine del padre di re Felipe VI sia alleviata da un amico di vecchia data e non limpidi trascorsi: Abdul Rahman El Assir, un 71enne ispano-libanese cui i magistrati francesi sarebbero ansiosi di porre domande circa certe compravendite di armi in Pakistan negli anni ‘90. E al quale l’erario spagnolo reclama quasi 15 milioni di euro, più 74 di multa, e quello svizzero altri due. In breve, El Assir è inseguito in Europa da qualche ordine di cattura. Espatriati entrambi loro malgrado ad Abu Dhabi, i due vecchi compagni di caccia negli anni ‘80 sarebbero stati visti spesso insieme, secondo quanto riferito da testimoni al quotidiano El Pais, gelando un po’ le istanze dei juancarlisti che rivorrebbero il loro antico monarca alla Zarzuela, la residenza della famiglia reale. O, alla peggio, a Marivent, la defilata residenza estiva di Palma di Majorca.
Se nulla trapela dell’opinione in proposito del re in carica, di sua madre Donna Sofia, di sua moglie Letizia e delle sue sorelle, le infante Elena e Cristina, è invece ufficiale il parere favorevole del primo ministro, il socialista Pedro Sánchez. A patto, però, che Juan Carlos I fornisca le sue doverose «spiegazioni» agli spagnoli scandalizzati. Sarebbe questo, il principale debito rimasto in sospeso con il popolo, dopo che il re emerito ha di recente saldato le sue pendenze con le casse dello Stato, sborsando oltre 5 milioni di euro. Senza dimenticare che nel 2020 il figlio Felipe si è auto diseredato e ha privato il padre della pensione annua da 195 mila euro.
Juan Carlos, insomma, ha pagato e sta pagando per i suoi errori; e in fondo non conviene a nessuno che il suo esilio mediorientale si protragga ancora troppo a lungo, a rischio di un declino della sua salute o, peggio, di un trapasso in terra straniera.
La magistratura svizzera ha archiviato l’inchiesta sul riciclaggio di denaro, quei 100 milioni di dollari provenienti nel 2008 dall’Arabia Saudita, sospetta tangente per la linea ferroviaria ad alta velocità costruita da un pool di imprese spagnole tra Medina e La Mecca. I pubblici ministeri spagnoli si sono presi invece ancora sei mesi di tempo per concludere le loro indagini, ma è probabile che tutto sia archiviato già in primavera. L’ombra della Corte Suprema si allontana dal destino di Juan Carlos che, 10 giorni fa, era in tribuna all’incontro di tennis disputato ad Abu Dhabi tra il britannico Andy Murray e lo spagnolo Rafa Nadal (risultato poi positivo al Covid). Chissà che l’anno prossimo non si rivedano a Madrid.