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 2021  dicembre 29 Mercoledì calendario

L’Islanda non è più un paradiso


BERLINO – Il paradiso delle donne può essere un inferno. E nascondere stupri e violenze. A raccontarcelo è Steinunn Gudjónsdóttir, numero uno di Stígamót, una delle ong femministe più attive nel Paese-modello per la condizione femminile: c’è una donna a capo del governo e una a capo della polizia, e per 12 anni Reykjavík ha guidato il Global Gender Gap Index del World Economic Forum. Ma il problema è così forte che le ong hanno denunciato il loro Paese alla Corte europea dei diritti dell’Uomo per l’inefficienza delle autorità nella difesa delle donne dai violenti. «Le cifre parlano chiaro, in Islanda non è meglio che altrove: 40 donne su cento sono state molestate o oggetto di violenza, un quarto del totale sono vittime di stupro. Ove è possibile archiviamo i nomi dei violenti per metterli a disposizione di autorità, media e donne decise a difendersi, alle quali offriamo assistenza totale. Teniamo seminari sempre raggiungibili online, e aiutiamo chi vuol sporgere denuncia».
Le cifre – frutto di una ricerca condotta da due studiose dell’Università della capitale su 30mila donne islandesi – fanno paura. L’identikit del colpevole? Variegato: viene da ogni strato sociale, oltre la metà ha meno di vent’anni e ha colpito senza influsso di alcol e droghe. «Poi solo il 10 per cento dei casi denunciati finisce davanti alla giustizia, e pochi terminano con una condanna».
Le cronache sembrano fantasie dell’orrore. Un violento sessuale seriale, accusato da almeno venti donne, alla fine identificato e scoperto, ha perso ogni impiego e reddito nel mondo culturale in cui era impegnato, ma la giustizia non lo ha toccato. Un altro ha riempito di lividi e minacce la compagna, ma dopo un anno e mezzo è stato condannato solo a 45 giorni.
La veloce prescrizione e lo scarso impegno di polizia e giustizia consentono alla maggioranza di farla franca. «Le cifre sono così alte forse perché da noi più donne hanno il coraggio di parlare, di superare paura e vergogna, ma non siamo diversi da altri Paesi, il problema della violenza contro le donne va combattuto qui come altrove, fin dall’educazione dell’infanzia», afferma Yrsa Sigurdardóttir, massima giallista scandinava.
Le istituzioni si impegnano a prendere il problema sul serio. Ma al momento le più grandi soddisfazioni, per le ong, arrivano dalle tante donne che grazie a loro hanno trovato la forza di denunciare. «Non mi sento più sola», dicono, «Ho ritrovato la mia voce», oppure: «La mia vita era in bianco e nero, e ora è a colo ri»