La Stampa, 29 dicembre 2021
Storia di Nancy, la novantaduenne neozelandese che non rinuncia al surf
Mitica Nancy, novantaduenne neozelandese che ancora indossa la muta e si tuffa nelle gelide acque dell’Oceano alla ricerca dell’onda perfetta da solcare. «Gli altri surfisti mi rispettano» dice. «Perché sono vecchia», dice. Non credo. La rispettano perché a quell’età ha trovato il segreto della felicità in una vita semplice fatta di piccole cose, che poi tanto piccole non sono. Sono invece le cose essenziali. Un giardino da curare, una casa in riva al mare, un marito, tre figli, sette nipoti, molta curiosità, e due motti: mai annoiarsi, sempre divertirsi. E l’amore per l’acqua, dove da giovane si immergeva per lunghe nuotate e che oggi ancora la attira, anche quando il termometro d’estate segna tra i 14 e i 18 gradi e lei indossa solo un costume da bagno per cavalcare le onde morbide e dolci di Scarborough Beach, a un paio di isolati da dove abita, a Sumner, un sobborgo sul mare della cittadina di Christchurch.
La storia di Nancy Maherne è raccontata dal «Guardian» e se la leggiamo con la lente delle grandi imprese e dei record e delle conquiste che in genere acchiappano un titolo di giornale, non ha niente di particolare. Non scala montagne, non cerca l’impossibile, non fa imprese memorabili. Non è una nonnina no-limits, insomma. Fa quello che ha sempre fatto, solo perché le piace. «E lo farò finché avrò forza per farlo», dice. La sua tavola da surf è stata prodotta in Nuova Zelanda negli anni Settanta e ormai è talmente usurata che i colori rossi e blu del disegno originario sono talmente sbiaditi da non riconoscersi più. Ma è abbastanza leggera che riesce a portarla da sola in riva al mare. Non è il tipo da sfida, non è la nonnina da Mercoledì da Leoni, visto che non riesce neppure ad alzarsi in piedi sulla tavola. Non l’ha mai fatto, neanche quando era più giovane, perché ha iniziato a farsi portare dalle onde a quarant’anni, prendendo in prestito la tavola del figlio, in quell’età di mezzo quando ti lasci alle spalle i bollori che ti fanno sentire immortale e aspetti l’onda perfetta senza più rischiare di lasciarci le penne.
Se vogliamo leggere la sua storia come una metafora della vita, Nancy ha capito il segreto. Dal punto di vista fisico è semplice: segue una dieta vegetariana e fin da bambina non mangia zuccheri, che non entravano in casa per via di un grave problema di salute del padre, reduce della Grande Guerra. Non guida più, ma va ancora in bicicletta, frequenta corsi di ginnastica e balla in casa sulle note della sua radiolina portatile.
Ma il vero segreto sta altrove. Nata a Wellington nel 1929 (all’inizio della grande Depressione), Nancy dice che nella sua vita «non c’è stato mai un momento di noia». A vent’anni si imbarca su una nave che la porta in Inghilterra dove studia e lavora come insegnante. Poi gira l’Europa come si faceva allora, in autostop, dormendo negli ostelli della gioventù e dove capitava, anche sui binari del treno, se non trovavi altre soluzioni. Una volta addirittura tra le tombe di un cimitero di un villaggio della campagna francese, sgattaiolando via prima dell’alba per non farsi beccare dai custodi. Mai un attimo di noia e una grande curiosità per il mondo e una passione per i viaggi, che l’hanno portata in India, Afghanistan, Siria, Libano, Pakistan, dove ha pure insegnato in una scuola per tre mesi. Destinazioni oggi impraticabili, ma anche allora per una ragazza da sola non erano mete scontate. Poi è tornata in Nuova Zelanda, si è sposata, ha lavorato come insegnante e ha cresciuto tre figli. Prima nell’entroterra, poi a Sumner, sull’Oceano, che la prima volta l’ha impressionata con la sua enormità e potenza.
Nancy Meherne ha raccontato al «Guardian» che la sua filosofia di vita è sempre stata una: «Devi divertirti». Ecco il vero segreto. Non so voi, ma io ho già iniziato a prendere appunti e penso che personaggi così, storie così, ci potrebbero essere piuttosto utili in tempi complicati come quelli che stiamo vivendo. —