Agrifoglio, 29 dicembre 2021
Più pane e più pace per il 2022
Norman Ernest Borlaug è stato un agronomo e ambientalista statunitense, vincitore del Premio Nobel per la pace nel 1970. La motivazione del premio è rimasta agli annali. Pressappoco dice così: all’uomo che ha donato pane ad un mondo affamato, nella convinzione che chi porti pane porti anche la pace.
Del resto, le guerre si sono fatte anche per il pane: conquisto terre, fondo imperi e costruisco granai. Il periodo di relativa pace che stiamo vivendo è dovuto anche alla maggiore facilità con cui produciamo il pane sulla stessa quantità di terra.
Borlaug ha portato pane e pace perché ha sviluppato e perfezionato tecniche di miglioramento genetico e ha soddisfatto le esigenze alimentari dell’America Meridionale e dell’Asia (anche il nostro Nazareno Strampelli è stato un geniale innovatore, ma è poco ricordato, anzi sconosciuto ai più).
Sappiamo che l’agricoltura moderna, anche se alcuni giustamente impongono un cambio di aggettivo, e cioè, dicono: meglio chiamarla agricoltura professionale, comunque questa agricoltura professionale è di tanto in tanto sotto accusa. Troppo di tutto: agrofarmaci, concimi, diavolerie genetiche, e troppe risorse sfruttate e sprecate. Cambiamo tutto, dicono gli accusatori, torniamo a un’agricoltura più naturale, senza agrofarmaci, concimi ecc., ecc. In genere le due categorie si fanno la guerra, gli agricoltori e i tecnici professionali spesso si mettono le mani nei capelli: ma questi che vogliono tornare all’agricoltura naturale, si rendono conto di quello che dicono? Al contrario i naturisti accusano gli altri di sfruttamento intensivo di risorse.
Alla fine dell’anno ci si fa gli auguri, ovviamente, è un gesto di creanza che predispone all’apertura verso il prossimo e si stilano anche i buoni propositi. Il nostro proposito è il seguente: visto che siamo d’accordo sugli obiettivi, e cioè un mondo più sostenibile, visto che gli agricoltori professionali non intendono inquinare ma produrre e proteggere il pane, visto che un’agricoltura che sfrutti meglio le risorse è di fondamentale importanza per il futuro stesso dell’agricoltura, perché non ci concentriamo sugli strumenti? Quelli utile a tagliare il traguardo e fare la pace?
È vero sono strumenti a volte complicati da raccontare, i cui risultati vanno testati in campo e validati e non aggettivati, è vero anche che si procede per approssimazioni, errori e correzioni, come del resto accade con le nostre vite (che impariamo a vivere vivendo e non alla partenza), ma in fondo si tratta di strumenti sentimentali, cioè servono a migliorare il nostro benessere (ad avere più pane) e con esso, si spera, i nostri sentimenti verso il prossimo e il mondo che ci ospita (quindi portare pace).
Allora: concentriamoci sugli strumenti! Osserviamoli, conosciamoli, impariamo a misurare la loro efficacia, e con coraggio. Voglio dire, se non sono validi non affezioniamoci ad essi, non difendiamoli costi quello che costi, ma cambiamo idea, punto di vista, insomma studiamo, innoviamo, impariamo ad usare il metodo scientifico, che è collettivo e non dittatoriale e poi è fonte di stupore, meraviglia e avventura.
Dunque quale miglior modo di cominciare l’anno ricordando alcuni strumenti che la collettività, cioè noi, abbiamo saputo creare per portare più pane (sostenibile) e più pace (duratura)?