Corriere della Sera, 28 dicembre 2021
In morte di Sarah Weddington
È morta nel sonno a 76 anni Sarah Weddington, l’avvocata texana che nel 1973, quando aveva 28 anni, vinse la celebre causa Roe v. Wade che rese di fatto legale l’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti. La notizia della sua scomparsa arriva proprio mentre i giudici della Corte Suprema, che oggi sono in maggioranza conservatori, stanno esaminando i ricorsi contro i divieti alle interruzioni di gravidanza varati dal Texas e dal Mississippi e il loro pronunciamento, previsto per giugno, potrebbe ribaltare o intaccare proprio Roe v. Wade. Un evento che l’avvocata ha sempre considerato nel novero delle possibilità: nel 1998 paragonò la sentenza «ad una casa in riva a una spiaggia che rischia di essere invasa dall’acqua». E quando nel 2017 Donald Trump nominò Neil Gorsuch alla Corte disse: «Se la sua nomina verrà confermata, l’aborto non diventerà illegale il giorno successivo perché un giudice non fa la differenza. Ma due o tre giudici potrebbero farla». Detto, fatto. Nel 2018 è arrivato Brett Kavanaugh e nel 2020 Amy Coney Barrett.
A Sarah Weddington sono sempre piaciute molto le sfide, a 18 anni aveva scelto di studiare legge all’università perché avevano tentato di scoraggiarla dicendo che per una donna sarebbe stata una carriera troppo difficile. Quando nel 1965 si iscrisse alla University of Texas law school le studentesse erano 40 su 1600 alunni. E a laurearsi insieme a lei furono solo in quattro.
Ma nei primi anni 70 gli studi legali assumevano solo maschi così la giovane avvocata si trovò con molto tempo libero e tanta voglia di fare. Incontrò un gruppo di neo-laureate che collaboravano con il giornale «underground» The Rag. Furono loro a chiederle se non si sarebbe potuto impugnare in una corte federale la legge del Texas che proibiva l’aborto. Weddington, che aveva avuto un aborto clandestino in Messico nel 1967, si sentì subito attratta dall’impresa impossibile: sfidare il procuratore distrettuale di Dallas su una materia così delicata. Così chiamò Linda Coffee, una sua ex compagna di classe all’università, che era stata assistente di un giudice federale nella capitale texana. Le due si misero alla ricerca di una ricorrente. La trovarono nel 1969: Norma McCorvey, incinta, stava tentando di abortire ma la legge vigente in Texas consentiva l’interruzione di gravidanza solo per salvare la vita della madre.Nel marzo del 1970 McCorvey, assistita da Weddington e da Coffee, presentò un’azione legale contro il procuratore di Dallas Henry Wade. L’identità della ricorrente fu protetta e per tutti diventò Jane Roe.Nel 1971 la Corte Suprema accettò di ascoltare il caso una prima volta. La giovanissima Weddington, emozionata, descrisse così al Guardian la sua esperienza: «Era come camminare in una strada senza luci ma non c’era altro da fare e io non avevo alcuna nozione preconcetta che non avrei vinto». E, infatti, nel 1972 ci fu una nuova udienza e i suoi argomenti portarono alla sentenza che, con 7 voti favorevoli e 2 contrari, ha legalizzato l’aborto in tutto il Paese.
Weddington è stata la legale più giovane della storia americana a vincere un caso davanti alla Corte Suprema ma lei si è sempre schernita. «Non c’è una persona che abbia vinto la Roe v. Wade. La sentenza è il risultato dello sforzo di tantissime donne. Io ero in prima fila ma se non ci fossi stata io ci sarebbe stata qualcun’altra». La sua è stata una lunga carriera: deputata per tre legislature in Texas è stata assistente di Jimmy Carter dal 1978 al 1981. Poi si è dedicata all’università dove ha insegnato corsi sulla leadership e le discriminazioni di genere. Ma lei lo sapeva benissimo: «Qualsiasi cosa farò nella mia vita, il titolo del mio necrologio sarà sempre “l’avvocata della Roe v. Wade è morta”». E così è stato.