La Stampa, 28 dicembre 2021
La storia di Grace, prigioniera tra due muri, libera grazie al Papa
Più di sei mesi tra un tombino e un marciapiede. Una tenda come tetto e del cibo regalato dall’Unhcr e dall’ambasciata del Portogallo per sfamarsi durante il giorno. Dal 24 maggio al 2 dicembre, mentre una parte del mondo lottava contro il Covid e un’altra parte lottava contro la sua eterna povertà, Grace Enjei, 24 anni, era bloccata nella terra di nessuno di Nicosia, la linea verde che divide la capitale dell’isola di Cipro in due, la parte meridionale territorio della Repubblica di Cipro, Stato dell’Ue, e la parte settentrionale, la Repubblica di Cipro del Nord sotto il controllo turco, ma senza aver mai ottenuto un riconoscimento ufficiale.
Tra i due Stati corre la linea verde, l’area demilitarizzata istituita dall’Onu nel 1974 al termine dell’invasione turca dell’isola. Soltanto militari delle Nazioni Unite o il personale delle ambasciate possono circolare in quest’area, gli altri l’attraversano per passare da una parte all’altra dell’isola, ma non possono fermarsi.
Grace Enjei era capitata lì dopo essere fuggita dal suo Paese d’origine, il Camerun. Partita da un piccolo paese del Sud-Ovest, era andata a studiare all’università in una città più grande ma si era trovata nel pieno della guerra civile scoppiata tra le province anglofone e francofone, e era stata costretta a tornare a casa e a rifugiarsi nella foresta per sfuggire alle persecuzioni dell’esercito del governo. «La mia vita era in pericolo, ho deciso di accettare l’opportunità offerta da un amico di ottenere un permesso di studio del governo turco», racconta la giovane. È arrivata così in un’università della parte settentrionale di Cipro. «Anche lì però vivere non era semplice – continua –. Dovevo pagare le tasse dell’università, l’affitto di casa, non sapevo come fare».
La tentazione dell’Europa è più forte, decide di fuggire. Con due amici, anche loro originari del Camerun, arriva a Nicosia, prova a scavalcare il muro che divide la capitale in due e a passare nella parte europea. «Non ce l’abbiamo fatta, i militari dell’Onu ci hanno scoperto». E li hanno bloccati. Da quel momento non sono più potuti tornare indietro perché la parte Nord di Cipro non aveva intenzione di accogliere tre fuggitivi e la parte Sud aveva ancor meno voglia di far passare sul territorio dell’Ue persone che avrebbero creato un pericoloso precedente. Grace e i suoi amici sono rimasti fino agli inizi di dicembre in pochi metri di strada. Durante le prime settimane hanno provato a arrivare fino al checkpoint della parte Sud di Nicosia per chiedere asilo politico, ma la richiesta veniva respinta. «Non siete nel nostro territorio», rispondevano. A un certo punto hanno smesso di chiedere e sarebbero ancora lì se Papa Francesco non avesse avuto in programma una visita sull’isola. Durante la preparazione della visita la comunità di sant’Egidio ha ricevuto una lista di casi di persone che avrebbero potuto essere ricollocate lontano dall’isola. In cima alla lista c’era proprio Grace Enjei. «Una sera alcune persone della Comunità sono venute a trovarmi, mi hanno detto che c’era questa possibilità», racconta. Due settimane dopo il Papa è arrivato, ho avuto la possibilità di incontrarlo in una serata di preghiera». Due settimane dopo la giovane è arrivata in Italia insieme a altre dieci persone richiedenti asilo. E ha iniziato una nuova vita. Vive nei locali della Comunità di Sant’Egidio, ieri ha frequentato la prima lezione di italiano. «Se tutto andrà bene fra qualche mese potrò lavorare. Che cosa vorrei fare? Mi piacerebbe trovare qualcosa nel settore dei computer ma all’inizio andrà bene tutto. Chiedo solo di ricominciare a vivere». —