Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2021
La carica delle ceo alla guida di grandi gruppi
Da Citi a Walgreen Boots Alliance, da Disney a Chanel. Gli azionisti di grandi gruppi, quotati e non, stanno scegliendo amministratrici delegate per guidare aziende di settori molto diversi. E spesso si tratta della prima volta nella storia delle aziende. Il trend, seppur ancora marginale e senza impatti significativi sui grandi numeri, è comunque visibile. Fra le aziende Fortune 500 le donne ceo sono 41 al settembre scorso, pari a una percentuale dell’8,2% e con un incremento del 10,8% rispetto all’anno precedente.
Al di là dei numeri, conta il “peso” dei ruoli e la svolta rispetto al passato. È quanto è avvenuto, ad esempio, in Citigroup (oltre 120 miliardi di capitalizzazione) dove nel febbraio scorso si è insediata Jane Fraser, prima donna a guidare uno dei maggiori gruppi bancari del Paese (terzo per asset). In maggio, poi, le nomine in Jp Morgan avevano fatto intravedere la possibilità che anche l’attuale ceo Jamie Dimon potesse essere sostituito da una donna. Fra le candidate Marianne Lake e Jennifer Piepszak, ma lo stesso Dimon in un’intervista del novembre scorso ha sottolineato: «Abbiamo persone che potrebbero prendere in mano le redini di questa banca domani, compresi uomini e donne. Il board non sceglierà una donna come amministratore delegato semplicemente per nominare una donna». Sempre in finanza quest’anno a maggio è stata nominata ceo di TIAA Thasunda Duckett, classe 1973, mentre in gennaio Barbara A. Turner è diventata presidente e amministratrice delegata della compagnia assicurativa Ohio National Mutual.
In attesa di vedere se il mondo bancario romperà un altro tabù in una grande banca, il comparto health care, in un anno che lo ha visto protagonista, ha registrato alcune nomine importanti come Rosalind Brewer, classe 1962, ceo da marzo di Walgreen Boots Alliance, il gruppo quotato a Wall Street con una capitalizzazione di quasi 44 miliardi di dollari, che ha come azionista di maggioranza Stefano Pessina con il 16,73%. Solo un mese prima era stata nominata Karen Lynch, classe 1963, ai vertici del colosso del settore CVS Health, che conta una capitalizzazione di 134,82 miliardi di dollari e ricavi che quest’anno sono attesi a 304,7 miliardi di dollari. Si tratta del più grande gruppo guidato da una donna (quarto nella classifica globale Fortune 500), primato che era stato nel 2014 di general Motors alla nomina di Mary Barra.
Nel mondo sportivo Lauren Hobart, classe 1969, da febbraio è a capo della catena di negozi Dick Sporting Goods, che ha una capitalizzazione di oltre 9 miliardi. Mentre nelle utilities da gennaio Patricia K. Poppe guida Pacific Gas and Electric Company (23,7 miliardi di capitalizzazione). L’anno si è chiuso con un’ultima novità, l’annuncio di Disney alla successione di Bob Iger: da gennaio l’impero della fantasia disneyana sarà affidato a Susan Arnold, che vanta una carriera nel gruppo d’investimeno Carlyle.
Si tratta solo di qualche segnale qua e là che a detta degli analisti non può essere preso però come esempio della crescita della componente femminile fra gli executive americani.
Le nomine in Europa
In Europa le nomine eclatanti sono minori sia in termini di numeri sia in termini di capitalizzazione dei gruppi interessati. A cominciare dal mondo finanziario che resta prevalentemente maschile. Da segnalare in Italia la nomina di Elena Patrizia Goitini, classe 1969, come prima amministratrice delegata di una grande banca italiana, Bnl-Bnp Paribas. Nel settore finanziario europeo, poi, Bianca E.M. Tetteroo guida da aprile l’olandese Achmea.
È la Francia, però, il Paese del Vecchio Continente che sta mostrando la maggiore vivacità nelle nomine al femminile. A cominciare da marzo con la prima donna alla guida della Borsa: Delphine d’Amarzit, nata nel 1973, ex numero 2 della banca online Orange Bank, è stata nominata presidente e amministratrice delegata di Euronext Parigi nonchè membro del consiglio di gestione di Euronext. Anche in questo caso gli Stati Uniti avevano anticipato l’Europa, con la scelta di Adena Friedman nel 2017 per i vertici del Nasdaq.
Nell’alimentare Véronique Penchienati-Bosetta ha preso le redini di Danone in marzo, mentre Catherine MacGregor ha preso il posto di Claire Waysand, in una rara successione da donna a donna, alla guida di Engie. Sempre in Francia si è contata la nomina di Leena Nair, classe 1969, come ceo Chanel, dopo 30 anni in Unilever dove aveva segnato un primato come prima donna asiatica e più giovane a ricoprire il ruolo di chief human resources officer. Chanel resta ancora una società privata ed indipendente dai grandi gruppi del lusso, controllata dai fratelli Alain e Gerard Wertheimer.
Restando alla moda, ma di altro livello, in Spagna è stata annunciata la successione ai vertici di Inditex, con il passaggio generazionale dal fondatore Amancio Ortega alla figlia Marta Ortega, che dal prossimo anno sarà presidente esecutivo del gruppo di fast fashion che capitalizza 88 miliardi di euro. Ma c’è da scommettere che il 2022 porterà nuove sorprese.