il Giornale, 28 dicembre 2021
Intervista a Pio e Amedeo
Vi ricordate la sera del 7 marzo del 2020, poche ore prima dell’imminente lockdown, quando le stazioni del Nord venendo prese d’assalto da giovani del Sud che volevano tornare a trascorrere a casa quei giorni difficili? Bene è proprio da questo paradosso viaggio-temporale che prende piede l’idea alla base di Belli ciao, il nuovo film, dal primo gennaio nelle sale, di Pio e Amedeo, al secolo i pugliesi Pio D’Antini e Amedeo Grieco, che lo hanno sceneggiato con Gennaro Nunziante anche regista dopo i grandi successi con Checco Zalone. Nel film, dopo la maturità, Pio, con l’ambizione della finanza, decide di partire per la Milano da bere mentre Amedeo sceglie di restare al Sud. Si incontreranno anni dopo quando Amedeo, in cerca di un finanziamento per un progetto per frenare l’esodo dei giovani dal suo paesello pugliese, salirà a Milano per chiederlo proprio al vecchio amico Pio, manager di una finanziaria con appartamento nel Bosco Verticale e moglie influencer dove tutto è «top» e «adoro». Ma anche al Nord non è tutto oro quello che luccica e le situazioni comiche si sprecheranno.
Allora Pio e Amedeo, Nord o Sud?
Pio: «Nel film c’è lo scontro continuo, perché tutto è estremizzato, tra chi se n’è andato e chi è rimasto. Abbiamo provato a realizzare qualcosa di diverso, il ritorno da Nord al Sud è un auspicio per far venire fuori un meridione lavorativo come lo è sempre stato».
Amedeo: «Il film cerca di far aprire gli occhi su questa società che ci spinge alla scalata sociale. L’interrogativo finale però è se ne vale la pena».
Avete mai ipotizzato di invertire i vostri ruoli nel film?
Amedeo: «In realtà la nostra vita ci ha suggerito i personaggi perché ci sono aspetti autobiografici. Pio vive a Milano con la sua famiglia mentre io sono rimasto a Foggia».
Pio: «Ma è come se fossi rimasto giù, Milano è una città incredibile, non trovi un milanese, c’è un melting pot assurdo nel quale io mi trovo molto bene».
Chissà che la distanza non sia alla base della vostra longevità come coppia comica
Amedeo: «La distanza funziona ma la verità è che fare questo mestiere da soli sarebbe molto più complicato perché, oltre ai momenti up, ci sono quelli down. Poi certo dividere i guadagni è cosa brutta...».
Pio: «Esatto, li devo dividere con lui e con lo Stato. E a me cosa mi rimane?».
In passato avete polemizzato con Fedez, ma perché appena potete ve la prendete con gli influencer?
Pio: «Noi ce l’abbiamo solo con quel modo di ostentare la normalità. I social ci stanno distaccando dalla realtà. Si stava meglio prima quando tutto era pane e pomodoro, ora i ragazzini seguono gli influencer con yacht e villa e cresceranno frustrati».
Amedeo: «È un modello di felicità sbagliato».
In Belli ciao la vostra comicità non è mai volgare anche se risulta un po’ normalizzata rispetto ai vostri affondi in tv.
Pio: «Un film ha un linguaggio totalmente diverso. Nunziante ci ha insegnato che la storia vale più di ogni battuta. Il cinema rimane nel tempo, deve raccontare una bella fiaba e non dare spazio a pensieri divisivi. Però rivedendo il film la nostra scorrettezza c’è sempre».
Amedeo: «La nostra grande fortuna è che abbiamo la possibilità di programmare le cose. Ci piace sempre farci trovare dove non ci si aspetta. Così chi si attendeva certe sparate, si troverà un film pulito e onesto».
Mentre invece su Canale 5 con Felicissima sera avete diviso l’Italia scoperchiando il paradosso delle parole che non si possono utilizzare per parlare di omosessuali e neri. Tanto che c’è stato chi sognava di cancellarvi culturalmente.
Pio: «Invece noi ci siamo sentiti fortificati culturalmente. Sono convinto che bisogna ironizzare su tutto e su tutti».
Amedeo: «La cosa incredibile è che è intervenuta anche la politica (a loro favore Salvini, ndr) che si è dunque servita di due comici che vanno in tv. Un tempo era esattamente il contrario».
Pio: «Da che mondo è mondo, quando mai la satira è stata corretta? Noi non ci siamo inventati niente, l’Italia ha una grandissima storia di satira e di comicità. Ma il nostro monologo era chiaro: vanno combattute le azioni, le intenzioni».
Amedeo: «Aggiungerei pure che non è possibile accettare l’idea che, per parlare di qualcosa, devi appartenere a quella cosa».