Corriere della Sera, 27 dicembre 2021
Ucraina, vigilia di una guerra
Nel dramma ucraino i due uomini che hanno maggiori poteri per la soluzione della crisi stanno paradossalmente diventando i suoi maggiori responsabili. Il quadro, dopo gli ultimi avvenimenti, è questo.
Sappiamo ormai da molto tempo che alcuni ex satelliti dell’Urss (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) sono già membri della Nato (l’organizzazione politico-militare creata il 4 aprile 1949 dal Trattato per l’Atlantico del Nord) e che il primo di una nuova ondata potrebbe essere l’Ucraina. Gli Stati Uniti sono pronti ad accoglierla e a farne un altro satellite. E sappiamo anche che per la Russia di Vladimir Putin questo allargamento di una organizzazione militare nel cuore dell’Europa e sino alle porte di casa, sarebbe un atteggiamento ostile. Lo ha ripetutamente dichiarato e ha dato una concreta prova del suo disappunto collocando sulle frontiere del suo Paese con l’Ucraina un contingente militare composto da parecchie migliaia di unità. Gli Stati Uniti hanno reagito, come in altre circostanze, imponendo sanzioni economiche e finanziarie che stanno duramente colpendo le relazioni della Russia con il resto del mondo.
Non è guerra, ma potrebbe esserne la vigilia. Non sarebbe la prima occasione in cui una crisi con scambi di ostilità sfugge al controllo dei protagonisti e diventa un conflitto. Ma nessuno dei due attori sembra disposto a fare un passo indietro. Una tale strategia è razionale quando uno dei contendenti ha buoni motivi per contare sulla debolezza dell’altro. Ma in questo caso sembra che entrambi siano inamovibili. Biden teme che un atteggiamento più conciliante nuocerebbe alla sua immagine in quella parte della società americana che crede fermamente nella pericolosità della Russia; e avrebbe ripercussioni negative anche nelle numerose comunità di ucraini che vivono negli Stati Uniti, hanno spesso la doppia cittadinanza e il diritto di voto. Vladimir Putin non è il leader di un Paese altrettanto democratico, ma ha governato sinora grazie a un consenso diffuso, nella sua società, di cui non può fare a meno. Nessuno dei due sinora ha avuto il coraggio di fare un primo passo per la soluzione della crisi. Anche i russi hanno il loro orgoglio nazionale e considerano l’Ucraina una parte della loro storia, la terra di un popolo con cui, come ho scritto in un’altra occasione, hanno un rapporto di cuginanza.
Non credo che l’Unione Europea possa limitarsi a essere soltanto spettatrice di una pericolosa crisi da cui dipende anche il suo futuro. Occorre un «onesto sensale», l’espressione coniata nel 1878 per il cancelliere Otto von Bismarck quando organizzò a Berlino un congresso internazionale per trovare una soluzione alle forti divergenze che esistevano allora fra Russia e Turchia. Oggi spetta alla Ue essere onesto sensale fra Russia e Stati Uniti.