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 2021  dicembre 27 Lunedì calendario

Intervista a Mutaz Barshim


DOHA – Mutaz, l’altra metà di Gimbo. L’uomo in più, l’uno per l’altro.  Barshim parla di Tamberi, eppure parla di se stesso. «Abbiamo cambiato lo spirito olimpico? Direi di sì, e anche il motto: non solo più veloce, più in alto, più forte, ma anche “insieme”». A casa sua a Doha, dove ha sventolato la bandiera a scacchi al gran premio di Formula 1, Barshim, di madre sudanese, torna a quella notte a Tokyo che non si cancella più. All’oro condiviso col suo gemello italiano del salto in alto.
Ci racconta ancora quel momento?
«Io e lui, a 2,37 metri. Più opzioni disponibili, ma soltanto una automatica. Ho chiesto al giudice: possiamo avere due ori?».
Premeditato?
«Naturale. Io e Gimbo col tendine d’Achille rotto, roba da chiudere la carriera. Che sofferenza, fisica e mentale. Già è complicato tornare a camminare, figuriamoci allenarsi e saltare tra i migliori al mondo.
Quindi, sapevo di non meritare l’argento. E per le stesse ragioni, non lo meritava Gimbo. Che finisse con due ori, e proprio con lui, era la giusta conclusione per tutti e due».
Un lieto fine mai visto.
«Pazzesco, possiamo dire che abbiamo fatto la storia? Mai successo prima che due atleti decidessero di condividere il titolo, la gente ne parlerà per sempre. In tanti e da tutto il mondo hanno celebrato e condiviso quell’istante di cui ricordano ogni dettaglio: dov’erano, con chi, cosa facevano.
Ci hanno ringraziato per aver regalato loro un sogno, per averli ispirati, per averli fatti piangere. È stato un momento che ha toccato il cuore di molte persone, non posso che essere più felice per aver provocato tutto questo».
Le ha cambiato la vita?
«Vincere un oro olimpico ti cambia la vita e a me lo ha fatto, in meglio.
Ma vincerlo insieme, farlo così, ha reso tutto più grande, più importante, ha allargato il senso del tutto. Abbiamo vissuto momenti molto importanti alle Olimpiadi, ma credo che la nostra storia cambi lo stesso motto olimpico dove va aggiunta la parola “insieme” e il nostro è un esempio vivente di cosa significhi».
Lei e Gimbo, ormai inseparabili.
«Siamo ottimi amici più o meno da 11 anni, l’ho incontrato per la prima volta ai campionati mondiali junior del 2010, in Canada, a Moncton.
Stavo camminando verso il ristorante e lui mi venne incontro, quasi mi assalì dicendomi ehi, sei tu quel saltatore fantastico? Io lo guardai e pensai, chi è questo pazzo? Da quel momento siamo diventati amici, in pista e fuori, le nostre famiglie si frequentano, lui viene a casa mia e io nella sua, è stato al mio matrimonio e io andrò al suo. Ci somigliamo per carattere e approccio alle cose, vogliamo divertirci, prendere con leggerezza la vita ma allo stesso tempo siamo molto competitivi e condividiamo una passione infinita per il nostro sport, anche se veniamo da Paesi e culture diverse».
Tamberi ha rivelato che nel 2017, mentre si era chiuso in lacrime nella sua stanza, lei andò a consolarlo.
«Per me questo significa amicizia: sentire il bisogno di essere lì quando l’altro è in difficoltà e dargli forza per ritrovare fiducia e tornare forte».
Prossimo obiettivo? Le mancano solo due centimetri per il record del mondo.
«Sono pochi eppure tanti: saltare due centimetri richiede tantissimo lavoro e dedizione. Spero che tutto proceda al meglio e di evitare infortuni per essere pronto. La stagione sarà piena di appuntamenti: Mondiali indoor e Mondiali, oltre a Giochi e Campionati Asiatici. Amo quello che faccio e vorrei prendere tutto».
È vero che in casa non ha trofei?
«Verissimo. Sono felice e fortunato di aver vinto coppe e medaglie, ma non li espongo perché penso che nel momento in cui li metti in mostra, vuol dire che ti senti soddisfatto e sazio. Così li tengo nascosti, magari un giorno quando mi ritirerò, li tirerò fuori e li metterò in vetrina e li guarderò».
Cosa farà conclusa la carriera?
«Ho molte idee, ma adesso non voglio iniziare cose e farle al 50% e poi magari non riuscire a finirle.
Quando mi ritirerò avrò tempo per tirare le somme e decidere cosa fare, credo che rimarrò nello sport che è la mia vita, magari aiutando i più giovani, perché dallo sport ho avuto tanto e voglio poter essere utile e restituire».
Che altri sport segue?
«Basket, tennis, calcio e anche golf che ho iniziato a praticare con scarsi risultati. E molto la F1, mi piace non solo la velocità, ma l’adrenalina, le emozioni, l’atmosfera competitiva della pista.
Apprezzo Hamilton, Verstappen, Leclerc, Norris, Ricciardo. Sono felice che la F1 sia arrivata in Qatar e che il mio paese stia investendo molto nello sport per diventare un punto di riferimento: è un cambiamento di cui la gente ha bisogno di fare esperienza. Il prossimo anno i Mondiali di calcio, mio fratello Mishaal è portiere della nazionale del Qatar, farò il tifo per lui e per le buone vibrazioni del calcio e dello sport in generale che è uno strumento potente per unire le persone. Non importa da dove vieni, qual è la tua religione, di che etnia sei, chi fa sport fa parte di una grande famiglia, lo sport è un posto grande dove essere felici insieme».