La Stampa, 27 dicembre 2021
Intervista a Enrico Vanzina
Sulla scrivania c’è la foto di Carlo e, quando la prende per mostrarla, come segno tangibile di presenza continua e incancellabile, Enrico Vanzina si commuove fino alle lacrime. Il tempo certe volte non basta, non serve a creare quella distanza che a poco a poco aiuta ad attenuare i dolori: «Carlo non mi manca, perché è sempre vicino a me. Tutte le volte che scrivo e che, come è successo ora, dirigo, mi chiedo come Carlo girerebbe quella scena». Febbrile, appassionato, anche un po’ kamikaze per il modo diretto con cui affronta i temi del momento, Enrico Vanzina sta per lanciare il suo nuovo film, Tre sorelle, scritto e diretto da solo, con la voglia di mettere le donne al centro del racconto: «Mi sono accorto di aver scritto film quasi sempre incentrati su dinamiche comiche maschili con le donne di sfondo. Ho avvertito un debito nei confronti del mondo femminile. Un mondo che amo moltissimo, perché le donne mi piacciono tanto, perché ancora mi innamoro, perché ho una personalità maschile con lati femminili particolarmente spiccati». Così Tre sorelle, protagoniste Serena Auteri, Giulia Bevilacqua, Chiara Francini, Rocio Munoz Morales, (dal 27gennaio su Prime Video), oltre a essere una commedia con il sapore di mare, è una scommessa contro vecchi stereotipi: «Pensavo che le donne non facessero ridere, nella commedia all’italiana si è sempre ritenuto che questa prerogativa appartenesse agli uomini e invece si può ridere anche con le donne, raccontandone le debolezze, senza porsi problemi di "politically correct"» .
Di questi tempi una scelta temeraria, come l’ha affrontata?
«Mi sono affidato al classico principio della commedia all’italiana, quello secondo cui le ragioni degli altri sono superiori al moralismo dell’autore. Mio padre Steno, Monicelli, Risi, Scola, facevano cosi, mettevano in scena personaggi negativi, senza mai giudicarli. Ho fatto lo stesso con le donne del mio film».
Le regole del politicamente corretto possono essere castranti. Lei come le evita?
«Se nel momento in cui si vuole creare qualcosa ci si mette davanti alle tavole dei comandamenti del "politically correct", è finita. Bisogna avere il coraggio di fare quello che si vuole, assumersi le proprie responsabilità, imparare a dialogare con quelle norme e, se si sbaglia, pagarne le conseguenze. Solo così potremo uscirne».
In un monologo del film Chiara Francini, che interpreta Caterina, di mestiere costumista, cita mostri sacri del cinema italiano mettendone in luce difetti e manie. Non teme di far arrabbiare qualcuno?
«Il nostro cinema è cresciuto sui rimandi tra autori, lo stesso Moretti degli inizi ha fatto così, penso a quando ironizzava su Sordi e sulla Wertmüller. La costumista della Francini, radical-chic e molto gasata, vive in quel mondo e fa quello che molti dell’ambiente fanno nella realtà. Ognuno ha le sue famiglie di riferimento, Bertolucci e Fellini avevano i loro seguaci, nel cinema italiano ci sono le parrocchie e i parrocchiani intruppati nutrono, anche in modo esilarante, devozione e acredine nei confronti delle persone con cui lavorano».
Qual è il cinema italiano che le piace?
«Le commedie non mi piacciono, perché in genere sono a tesi, moraliste. Mi piacciono moltissimo in primo luogo Sorrentino, perché è uno scrittore di cinema che riesce a combinare la forza delle immagini con quella delle parole. Poi Matteo Garrone perché è esattamente il contrario di me, immagina cose che io non potrei mai immaginare. Poi Carlo Verdone, perché è riuscito a fare la cosa più difficile, ogni suo film è un film su Carlo Verdone, non esce mai da se stesso, è un po’ come Charlot, fa parte di quegli autori che raccontano noi attraverso loro stessi».
Lo scrittore interpretato da Fabio Troiano in Tre sorelle è un pessimo esempio della categoria maschi. Perché lo ha voluto così?
«È stato difficile trovare un attore che accettasse di interpretarlo. Nessuno voleva farlo, e anche questo è un effetto del "politically correct". Sulla figura maschile sono stato moralista, ho voluto mostrare il peggio, non rappresenta tutti gli uomini, ma certo una grandissima parte. È lui il vero personaggio da commedia all’italiana, non a caso il film si apre con una frase di Conrad "essere donna è terribilmente difficile, perché consiste principalmente nel trattare con gli uomini"» .
I maschi sembrano al palo, secondo lei cosa è successo?
«Le donne hanno fatto grandi passi avanti, conquistando diritti, consapevolezza, autonomia e maggiore stima di sé. Gli uomini invece hanno perso sicurezza, si sono trincerati nell’unica cosa che ancora sentono certa, e cioè l’essere maschi, non hanno trovato altri ruoli, continuare a ripetere quel copione, senza cercare un piano B».
La storia di Tre sorelle parla anche di gay, di donne deluse dalla scoperta dell’omosessualità di un uomo da cui si erano sentite attratte. Altro territorio minato.
«Ho un’enorme simpatia verso il mondo gay e sono felice che oggi siano caduti i muri d’ipocrisia che nel passato ne hanno impedito l’affermazione. Le donne di oggi devono accettare una realtà che per loro può essere destabilizzante, devono prendere atto che c’è una percentuale di uomini gay, prima era tutto nascosto, oggi le cose sono chiare».
Una donna al Quirinale. Che ne dice, è il momento?
«Certo, e non per questioni di quote rosa. Sarebbe una svolta epocale, in una politica ingessata, ancora attraversata da atteggiamenti molto maschilisti. Proprio in questa fase, un presidente donna saprebbe dare qualcosa in più in termini di sensibilità sentimentale, una caratteristica che agli uomini spesso manca».
Che eredità lascerà la pandemia quando sarà finita?
«I prolungati lockdown ci hanno obbligati a piegare i nostri sentimenti alle regole, siamo diventati sospettosi, prima potevamo liberamente sbagliare e questo era affascinante, credo che perderemo l’incoerenza dei nostri sentimenti».
I suoi ultimi film sono andati su piattaforma e non in sala. Che effetto le fa?
«Le piattaforme non mi hanno mai spaventato, il cinema stava andando male già prima del Covid, quando tutti ancora si trinceravano dietro politiche di retroguardia. I lockdown hanno accelerato la diffusione dello streaming, bisogna bilanciare le cose, ma non so come. E comunque il cinema è sopravvissuto alla nascita della tv, sopravviverà anche a quella delle piattaforme».
Com’era suo padre Steno?
«Le rispondo con le cose che di lui ha detto il maestro Trovajoli: "la persona più gentile e delicata che si possa immaginare, affabile, un gran signore". Anche se per un attimo mio padre avesse voluto essere supercafone, non ci sarebbe riuscito». —