La Stampa, 24 dicembre 2021
Intervista alla tiktoker Noemi Tarantini
Il 2022 sarà l’anno di TikTok: il tempo della sua maturazione, l’età adulta. Nel 2021, la piattaforma ha battuto i record che gli servivano per vincere la concorrenza: ora non resta che trovare un’identità chiara, consolidarla e valorizzare un’offerta più raffinata, lasciandosi così alle spalle la vocazione originaria, ormai invecchiata e invalidante, di piattaforma di intrattenimento becero e scemo. Ne è convinta Noemi Tarantini, in arte Etantebellecose, tiktoker da un anno e già molto seguita. E’ stata una delle prime, in Italia, a fare divulgazione su TikTok: fa parte della seconda generazione ed è più opportuno definirla una creator - ovverosia una figura che elabora e, appunto, crea contenuti. Ha trentadue anni, vive a Milano, poco prima della pandemia ha lasciato un indeterminato per continuare fare il suo lavoro, la social media manager, in proprio. Ha anticipato, di poco, il fenomeno di cui, soprattutto negli Stati Uniti, si parla da mesi, legandolo al Covid, anche se ha radici assai più profonde e lontane nel tempo : le grandi dimissioni.
Cosa l’aveva stancata?
«Non ero felice. Mi rendevo conto che le mie possibilità e anche il mio desiderio di sperimentare erano depotenziate».
Su TikTok, invece?
«Ci sono arrivata dopo. I miei piani erano altri: avevo programmato di trasferirmi in Canada e cominciare una nuova vita: mi ha fermata il Covid. In lockdown, ho cominciato a studiare meglio tutti i social, che sono cresciuti in modo impressionante. Quando mi sono resa conto che TikTok stava diventando importante per le aziende e i brand, che sono i miei clienti, e quindi ho immaginato che presto mi avrebbero incaricato di aiutarli a interagirci. Più studiavo (e studio ancora, i miei colleghi dicono che sono una secchiona e un po’ è vero) e più mi catturava l’idea di creare un mio canale e l’ho fatto. È stato subito un grande successo».
Ha una spiegazione?
«Più d’una. Prima di tutto, gli utenti della piattaforma credo fossero ormai pronti ad accogliere contenuti nuovi, che li informassero. L’intrattenimento aveva un po’ stancato. Ho individuato un vuoto e ho provato a riempirlo: mi sono sempre interessata alle nuove forme di mecenatismo, all’intersezione tra arte e moda e ai partenariati che la rinsaldano, ma non ho mai trovato un contenitore online che raccogliesse tutte le buone pratiche attive in questi ambiti. Allora, quel contenitore l’ho tirato su da sola. Il pubblico ha apprezzato».
Che differenza c’è tra Instagram e Tik Tok?
«TikTok ricerca, Instagram, fidelizza. Lo si capisce osservando l’invertirsi del flusso: mentre prima l’influencer andava da Ig a TikTok, ora è il contrario. Io uso Instagram quando voglio coccolare la mia community».
E per monetizzare?
«Le confesso che le mie entrate non sono legate direttamente alla piattaforma: io faccio un numero altissimo di visualizzazioni, ma in un anno, da quelle, avrò guadagnato poco più di trenta euro. Si guadagna dai brand che ti notano e ti chiamano a collaborare con loro, a fare delle consulenze. L’anno prossimo, però, TikTok inaugurerà il creator market place, che automatizzerà la connessione tra creator e aziende. L’anno prossimo cambierà anche il tempo dei video: arriveranno a cinque minuti. I primi non duravano più di 15 minuti: sembra passata un’era geologica e invece era poco più di un anno fa».
Cosa migliorerebbe?
«Darei più spazio ai divulgatori, anziché valorizzare soltanto chi ha grande seguito. Il pubblico, del resto, vuole contenuti sempre più articolati. Basta guardare al grande lavoro di chi parla di diversità, inclusione, scienza, estetica».
Lei guarda la tv?
«Non la ho. Però quando torno dai miei genitori, sì: guardo l’opera su Rai5».
Legge i giornali?
«Riviste di settore. Dei quotidiani ascolto i podcast».
Khaby Lane ha dichiarato a Vanity Fair: «Spesso mi dicono: "Grazie, hai reso la mia giornata più bella". Li aiutocome posso».
«Ho imparato che dietro quei numeri altissimi di utenti, ci sono persone interessate e interessanti. Ho organizzato di recente un evento a Milano con i miei seguaci: sono venuti in tanti, siamo andati a vedere una mostra di Roberto Cappucci alla Triennale».