Anteprima, 29 novembre 2021
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Biografia di Olga Nicolis di Robilant e di Cereaglio
Olga Nicolis di Robilant e di Cereaglio (1934-2021). Contessa. Detta Olghina. «Si potrebbero raccontare numerosi aneddoti. Ma la sua fama è legata a doppio filo alla Dolce Vita. O meglio: a due episodi cult del film di Federico Fellini: lo spogliarello di Aïché Nana, in un locale di Trastevere, e il bagno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi. Da chi e da che cosa il regista trasse ispirazione? In quel locale, quella sera del 1958, si festeggiava il venticinquesimo compleanno di Olghina. E lo scatto della spogliarellista, in bianco e nero, lo fece il reporter Tazio Secchiaroli. “La chiamarono l’orgia e ci inzupparono il pane i grandi editori, prima del film, facendo apparire Roma come Sodoma e Gomorra e noi una banda di depravati”, ci raccontò la contessa quando la incontrammo nel 2009. “La Nana era un’imbucata” ebbe a precisare. “Comunque, quella foto mi ha cambiato la vita. Prima in peggio. Porte sbattute in faccia, cattiva fama. Ma il meglio venne dopo. Diventai un personaggio tra gli amici già noti di allora: Corrado Pani, Luca Ronconi, Pier Paolo Pasolini, Adriana Asti, Laura Betti, Franco Rossellini... Insomma, salii sulla cresta dell’onda, la mia firma di cronista mondana era e contesa dai giornali”. Il bagno notturno nella Fontana di Trevi? Prodezza di Olghina, per una scommessa da 10.000 lire. “Fatto sta che sia lo spogliarello del Rugantino, sia il mio bagno, finirono tra le scene del film di Fellini. In acqua, però, c’era la Ekberg”. A proposito di Fellini e della Dolce Vita, Olghina ebbe molto da criticare: “Lui non capì un bel niente del suo tempo, dei costumi e del clima spensierato di quella stagione. La decadenza rappresentata nella sua Dolce Vita non era quella del ’58. Cominciò dieci anni dopo, con le discoteche, i salotti, i palazzinari, la mafia e la cocaina che pioveva come borotalco, imbiancando anche i nasi più ingenui. Lo dissi a Federico, che si arrabbiò. Ma poi facemmo pace”» [Fumagalli, CdS]. «La sua vita iniziata a Venezia nel 1934, in uno splendido palazzo affacciato sul Canal Grande, l’aveva spesa allegramente nell’eccesso: lo Scià di Persia che le inviava fasci di rose rosse, Re Faruk d’Egitto che più prosaicamente tentò di regalarle il suo panfilo, ma lei lo rifiutò. Poteva sposare Juan Carlos di Spagna, ma la ragion di Stato lo impedì. Ripiegò su Lorin Maazel, Warren Beatty, Tony Franciosa, Alain Delon (“un maschio solare, la virilità assoluta”), Antonio Gades (“ti lasciava sulle labbra un sapore di fragola e violetta”), fino a Maurizio Arena e persino a Bobby Solo. Seduttrice naturale, provocante, spregiudicata, frequentò Ernest Hemingway, Tennessee Williams, Truman Capote, re Umberto, Luchino Visconti, Federico Fellini, gli armatori Niarchos e Onassis, Burt Lancaster, Tony Curtis. E mantenne sempre segreta l’identità del padre di sua figlia, negando con forza che fosse Juan Carlos di Borbone, come si vociferava. Le cronache raccontano che, quando lo rivelò alla ragazza, la stessa non ne fu contenta. “Si vede che abbiamo gusti diversi”, sorrise Olghina» [Tamburrino, Sta]. È morta nel pomeriggio di venerdì a Limido (Como). Si era trasferita lì dopo avere trascorso a Bolgheri, in Toscana, la prima parte della vecchiaia. A dare l’annuncio della sua morte, in anticipo, è stata Dagospia, con il quale Olghina in passato aveva collaborato.