4 novembre 2021
Tags : Marco Verratti
Biografia di Marco Verratti
Marco Verratti, nato a Pescara, il 5 novembre 1992 (29 anni). Calciatore. Centrocampista. Dal 2012 è al Paris Saint-Germain, con cui ha vinto 27 trofei, nessuno più di lui nella storia del club. Detiene il record di vittorie in Ligue 1 (7), in Coppa di Francia (6), in Coppa di Lega (6) e in Supercoppa francese (8). È anche il calciatore del Psg con il maggior numero di presenze nelle competizioni europee (69). Ha giocato quattro anni per il Pescara tra Lega Pro e Serie B, dal 2008 al 2012, quando conquistò la promozione in Serie A. Con la Nazionale ha collezionato 48 presenze (3 gol) e ha vinto Euro 2020 e il bronzo alla Uefa Nations League 2021. Insieme a Vincenzo Grifo è l’unico giocatore nella storia della nazionale a non avere mai giocato una partita di Serie A.
Vita Secondogenito di Lidia, governante, e di Fabrizio, falegname ed ex calciatore dilettante. Cresciuto a Manoppello, comune di settemila anime in provincia di Pescara. «Sulla piazza intitolata ai caduti di Marcinelle ho iniziato a giocare a calcio. Ma i miei parenti avevano scelto la Svizzera, mia madre è nata là» (a Paolo Tomaselli) • «Da piccolo non vedevo neanche i cartoni animati. Solo pallone. In casa avevamo le porte piccoline prese con i punti del Kinder Bueno, io e mio fratello Stefano giocavamo sempre. Per questo non so fare grandi giochini con il pallone: era sempre un uno contro uno, un tre contro tre, mai una gara di palleggi» • «Ha iniziato a giocare a cinque anni e non ha mai smesso, se non nei quattro mesi del terremoto dell’Aquila nel 2009: “Mi sono svegliato di notte, ero come paralizzato, non riuscivo a camminare. Mi hanno portato fuori casa e non ci sono rientrato per tre mesi. Un po’ abbiamo dormito in macchina, un po’ a casa di parenti e amici. Cercavo di stare il più possibile con gli amici. Quando succedono queste cose, quando muore qualcuno tra i tuoi conoscenti, per un po’ ti occupi di questioni più importanti. Dopo qualche settimana ovviamente tutto è tornato alla normalità e ho ricominciato a pensare al calcio”» (a Luca Bianchin) • «Ho giocato con la squadra del mio paese fino a tredici anni. Quando incontravamo squadre come il Pescara perdevamo sempre, però con la mia squadra riuscimmo a vincere il campionato di Abruzzo, e non era mai successo al Manoppello. In quel periodo i compagni davano sempre la palla a me, e avevo tre o quattro avversari addosso perché sapevano che annullando me avrebbero avuto un grande vantaggio» • Dai quindici ai diciassette anni ha giocato in Lega Pro. «Forse quelli sono stati i due anni più emozionanti della mia vita, parlando di calcio. Il passaggio da quando giochi ancora con i tuoi amici, al giorno in cui esordisci in un campionato professionistico, forse mi ha emozionato più di quanto mi emoziona vincere un campionato oggi. Ricordo ancora quando il mister mi faceva entrare per due minuti nello stadio del Pescara, o fare il riscaldamento là dentro per me era una grande cosa. Sono momenti che ti fanno capire che sei sulla strada giusta e devi continuare a crescere. È stato il momento in cui ho capito che volevo fare questo da grande. Sapevo che stavo facendo bene, ma non avrei immaginato di arrivare dove sono oggi» (a Daniele Manusia) • «Come Insigne e Immobile, ha un debito di riconoscenza con Zdenek Zeman. Nei suoi primi anni a Pescara, Marco era un trequarti sta, poi Z.Z. lo ha impostato come play e Verratti è salito di livello» (Luca Bianchin) • «L’incertezza sul suo ruolo in campo riflette una certa difficoltà nel gestirlo. Ha iniziato come trequartista o seconda punta e il primo a metterlo a centrocampo nel Pescara è stato Di Francesco che, però, specie nei secondi tempi, lo riportava in avanti. Zeman è stato importante perché non lo ha mai tolto da davanti alla difesa. “Mi aveva messo lì e non c’erano altri ruoli, o giocavo o non giocavo, anche se entravo dalla panchina era sempre in quella posizione. In quella stagione ho capito bene che tipo di ruolo dovevo ricoprire […] Per me è più facile proteggere palla quando mi vengono a pressare, saltare l’uomo o cercare di vedere una giocata che forse un altro non riesce a vedere. Ma è difficile, quando punto una difesa, cercare di saltare l’uomo. In questo devo migliorare ancora e potrei fare molto di più. Anche quando giocavo trequartista avevo delle difficoltà, per questo penso che comunque la mia posizione preferita sia a centrocampo. Mezzala, o davanti alla difesa. Quando giochi trequartista nel calcio di oggi devi avere altre qualità che non ho” […] Delle difficoltà iniziali a Parigi dice: “Se non parli bene la lingua è veramente difficile. E io non ho studiato francese, l’ho imparato vivendo. Ma ho avuto fortuna, perché giocando a calcio la gente mi conosce, le persone sono più gentili. All’inizio però, quando ancora non mi conoscevano, ho fatto fatica. In Italia puoi restare un giorno a parlare con una persona che non conosci, qui non succederà mai una cosa del genere. Forse solo questo mi manca”. Una delle ragioni per cui Verratti è amato è perché sembra giocare davanti ai quasi cinquantamila spettatori del Parc des Princes come se fosse ancora sotto casa a Manoppello. “Giocavamo molto nelle piazze, con una fontana in mezzo, e bisognava fare il giro della fontana per andare a fare gol. Magari sono cose che restano, ma non penso sia uno degli aspetti principali del mio gioco”» (a Manusia) • «Quando sono arrivato a Parigi nel 2012 ero molto giovane e ho vissuto un momento difficile, ma il mister Ancelotti mi ha aiutato molto sia in campo che fuori, mi ha insegnato come comportarsi e tanto altro. Posso dire che è stato il mio papà calcistico» (a L’Équipe) • «Mauricio Pochettino (alla guida del Psg dal gennaio 2021, ndr) sembra essere il secondo allenatore – dopo Zeman – ad aver sviluppato con lui una connessione tecnica e umana immediata: l’ha messo al centro del suo progetto, sfruttando l’intuizione che Thomas Tuchel ebbe nel 2018, quando Verratti era ancora alla ricerca della sua dimensione definitiva: “Preferisco che Marco giochi da numero 8, anche perché non credo che abbia la pazienza necessaria per giocare da numero 6. Chiede sempre la palla e cerca sempre la soluzione offensiva, per questo è molto importante per noi. Può tranquillamente giocare con Rabiot oppure con altri tre centrocampisti, ma sempre da numero 8”, disse il tecnico tedesco commentando lo spostamento da pivot a mezzala di possesso per assecondare la natura immediata e verticale delle sue giocate, e allo stesso tempo mettendo da parte i principi del gioco posizionale. Pochettino ha accentuato ulteriormente questa tendenza, avanzando la posizione di Verratti e affiancandogli un giocatore come Paredes – cui è deputata la prima costruzione, in modo da massimizzare gli effetti della sua creatività negli ultimi trenta metri. Di fatto Verratti è oggi un 8 e un 10 allo stesso tempo, la mezzala che consolida il possesso e il trequartista cui è demandata la rifinitura» (Claudio Pellecchia) • Nell’estate 2017 ha lasciato il suo storico procuratore Donato Di Campli per entrare nella scuderia di Mino Raiola • «Di Campli ha pagato la frase che ha provocato uno scossone al rapporto tra Verratti e la dirigenza del Psg: il centrocampista sarebbe stato “prigioniero” dell’Emiro. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, con Verratti costretto a smentire il suo procuratore, dicendosi felice di restare al Psg» (Nicola Sellitti) • «Raiola lo conoscevo perché era l’agente di Ibrahimovic. La sola cosa che gli ho detto era di non finire più sui giornali. Ha esperienza e buoni rapporti con i club. E mi è stato consigliato da Zlatan. Nel calcio e fuori ogni volta che ho ascoltato Zlatan ho fatto la scelta giusta» (a L’Équipe nell’ottobre 2017) • Di recente ha dichiarato di voler chiudere la carriera al Pescara: «Lo farò per i miei amici e la mia famiglia. E poi perché lì c’è il mare e la montagna» • È soprannominato Gufetto • «Se non avesse fatto il calciatore... “Mi sarebbe piaciuto fare il barista”» (a Paolo Tomaselli).
Critica «Sapevo fosse un grande giocatore, ma non così. È spettacolare, un genio. È uno dei migliori centrocampisti con cui io abbia giocato, insieme a Xavi e Iniesta» (Neymar, suo compagno di squadra al Paris Saint-Germain) • «È un giocatore eccezionale, ne sono innamorato. Sotto pressione ha la calma necessaria di fare un tocco supplementare, creare quel passaggio in più alle spalle del nostro centrocampo» (Pep Guardiola) • «Il miglior calciatore italiano in circolazione» (Carlo Ancelotti, che lo ha allenato al Psg nella stagione 2012-2013) • «Tutto un altro tipo di giocatore rispetto a Pirlo, il paragone non sta in piedi. A Verratti mancano le geometrie del gioco e il primo tocco, va troppo spesso in dribbling rischiando di perdere il pallone e di esporre la sua squadra alle ripartenze altrui. Il problema è tutto nostro: in Italia non abbiamo più veri talenti e ci illudiamo di vederli ovunque, è il desiderio ad avere trasformato Verratti nel nuovo Pirlo, non la realtà» (Marco Tardelli nel 2018).
Amori Un primo matrimonio con Laura Zazzara, conosciuta alla scuola materna e con cui ha avuto due figli, Tommaso e Andrea. Il divorzio nel 2019, dopo che lui s’era innamorato della modella francese Jessica Aidi, sposata poi il 15 luglio 2021. «I due si sono conosciuti nel 2019, nel locale dove lei lavorava la cameriera. A soli sette mesi dal primo incontro il calciatore le ha fatto la proposta di matrimonio sulla spiaggia di Marrakech» (Il Messaggero).
Vizi Gli arrosticini di agnello: «Io ho una tradizione, quando qualcuno mi viene a trovare mi porta gli arrosticini. Ho anche degli altri amici di Pescara, che lavorano qui a Parigi, con cui ci ritroviamo per fare delle cene abruzzesi» (a Manusia).