Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  novembre 16 Martedì calendario

Biografia di Danny De Vito

Danny De Vito, nato a Neptune (New Jersey) il 17 novembre 1944 (77 anni). Attore, regista e produttore statunitense, 2.445esima stella sulla Hollywood Walk of Fame di Los Angeles. «Fisico basso e tarchiato, viso fortemente caratterizzato, dotato di una vasta gamma espressiva, si è distinto sia nel registro comico sia in quello drammatico e ha saputo raccontare un’America arrivista e senza scrupoli, interpretando personaggi grintosi e ambigui, spesso un po’ meschini» [Treccani]. Per via della sindrome di Fairbanks, un morbo molto raro che colpisce la crescita delle ossa, misura 147 centimetri: «Sono il nano più alto del mondo».
Titoli di testa «Mio padre diceva sempre che conta quello che uno fa, non da dove viene».
Vita Cresce ad Asbury Park, in una casa nella second avenue. Suo padre, Daniel Michael, prima gestore di un negozio di dolci, poi di una tintoria e di un bar, tra un lavoro e l’altro «faceva anche l’allibratore di corse di cavalli». Sua madre, Julia Mocello, casalinga, ha 40 anni e due figlie quando rimane incinta di Danny: «All’epoca non lo volevo ma ora sono così fiera di lui» • Ha origini siciliane da parte del nonno paterno e lucane da parte della nonna materna • Per sette anni ha fatto il chierichetto • A casa i soldi sono pochi, e suo padre, «dolcissimo durante il giorno», perde la testa la sera: «Aveva un grande problema con l’alcol». Pian piano poi vede tutti i suoi più cari amici di quartiere cadere nella trappola dell’eroina: “Ne ho viso uno morire in prigione, non è una bella cosa”» [Guardian] • A Rolling Stone ha detto di non aver mai fatto uso di eroina ma ha ammesso di aver preso altre droghe come la cocaina • A 14 anni supplica suo padre di mandarlo in una scuola privata e severa. Teme di non riuscire a tenersi fuori guai [Niola, Esquire]. Frequenta la Our Lady of Mount Carmel Grammar School e la Oratory Prep School • Durante le scuole guadagna qualche spicciolo lavorando alle giostre per bambini: «Lì ho imparato a lasciare qualche risparmio nel cassetto dei calzini. Cosa che trovo sempre utile» • Nel 1962, dopo il diploma, lavora come estetista nel salone di bellezza di una delle sue due sorelle maggiori • In questo periodo conosce Jack Nicholson, anche lui del New Jersey. I due, nonostante i sette anni che li separano, vanno molto d’accordo • L’anno dopo si iscrive alla New York’s American Academy of Dramatic Arts e capisce che vuole far l’attore. I suoi amici, gli stessi che per tutta l’infanzia non lo avevano bullizzato per la sua statura ma gli erano stati vicini, ora lo deridono: «Ma chi ti credi di essere, Gregory Peck, Clark Gable? Ma guardati» • Consapevole che il suo aspetto non l’avrebbe aiutato a sedurre le giovani ragazze decide di imparare a ballare per conquistarle: «E ci sono riuscito» [al Guardian] • Dopo aver visto un annuncio per il ruolo di Perry Smith in un adattamento cinematografico di A sangue freddo di Truman Capote si trasferisce a Los Angeles. Non ottiene il ruolo: «Ho lavorato come parcheggiatore e ho frequentato la Sunset Strip con tutti i figli dei fiori. Avevo i capelli lunghi e indossavo un impermeabile e scarpe da ginnastica, e mi sono adattato perfettamente. Ma come attore, a Hollywood, nessuno mi voleva. Così sono tornato a New York» • In questi anni conosce Michael Douglas: «Ero in spiaggia e guardavo il Long Island Sound quando mi si avvicina questo ragazzo con i capelli lunghi e mi chiede se sono fatto. Quindi ci siamo fumati uno spinello insieme e quello è stato l’inizio della nostra lunghissima amicizia» [Lanna, Giornale]. I due vivono insieme per un breve periodo • Non potendosi permettere i biglietti per vedere gli spettacoli di Broadway si intrufola nei teatri, mischiandosi tra la folla, durante gli intervalli: «Ho visto il secondo atto di moltissime commedie» [Grunge.com] • Il suo debutto a teatro è in Qualcuno volò sul nido del cuculo. Una produzione Off-Broadway in cui, per 68 dollari a settimana. veste i panni di Martini, lo stesso ruolo che interpreterà nell’adattamento cinematografico di Miloš Forman, film prodotto dall’amico Michael Douglas nel 1975. Sul set troverà Jack Nicholson • La fama arriva grazie a Taxi con Andy Kaufman. Nella serie televisiva, andata in onda dal 1978 al 1983, interpreta un gestore di società di taxi spietato e avido • È Vernon Dalhart in Voglia di tenerezza (1983), Ralph – il cacciatore di tesori che vuole uccidere Michael Douglas e Kathleen Turner – in All’inseguimento della pietra verde (1984) e ne Il gioiello del Nilo (1985), poi è Sam Stone, un ricco industriale che vuole far fuori la consorte in Per favore, ammazzatemi mia moglie (1986) e Ernest Tilley in Tin men ‒ Due imbroglioni con signora (1986). Nel 1987 si dà alla regia con Getta la mamma dal treno, commedia liberamente ispirata a L’altro uomo di Alfred Hitchcock • Nel 1988 viene affiancato al gigante Arnold Schwarzenegger per la commedia I gemelli, film di Ivan Reitman non troppo apprezzato dai critici ma molto amato dal pubblico: incassa 216 milioni di dollari in tutto il mondo. Il budget era di 15 milioni di dollari • Storico lo scherzo di De Vito a Schwarzenegger durante una pausa pranzo: dopo aver cucinato un piatto di pasta ha offerto al collega un sigaro che però aveva precedentemente infarcito di marijuana. Quando torna sul set Schwarzenegger è incapace di ricordare le sue battute: «Ivan Reitman, da grande sportivo qual è, quel pomeriggio ha girato diversi primi piani di Danny in modo che io potessi leggere le mie battute sul copione. Siamo stati fortunati che fosse un suo film, con Jim Cameron saremmo finiti nei guai» • Nel 1989 dirige Michael Douglas e Kathleen Turner nella black comedy La guerra dei Roses. Irene Bignardi su Repubblica: «De Vito ha inventato una commedia nera e perfida sul sogno familiare americano, scandita da tempi perfetti e da una sceneggiatura degna di Ben Hecht (invece la firma Michael Leeson). Oliver Michael Douglas, al suo meglio come yuppie dal volto umano, e Barbara, sua moglie, una Kathleen Turner geniale nelle sfumature, si sono trovati, amati, sposati, hanno sfornato i bambini grassocci del benessere, hanno avuto successo, e sono rimasti soli. Non c’è un altro, è solo la fine dell’amore […]. Più che il divorzio, che sembrerebbe l’unica soluzione all’ impossibile belligeranza dei Rose, De Vito attacca, con superba leggerezza e gusto per l’eccesso, il culto americano della roba, la corsa al successo e a una condizione femminile tanto balorda e frustrante quanto comoda e voluta, che di questa condizione è uno dei risvolti. In un susseguirsi di colpi bassi, di trappole mortali, in un infrangersi di cristalli e di porcellane, il benessere yuppie si sbriciola come l’amore che non c’ è più, ma che, paradossalmente, potrebbe forse tornare attraverso la guerra d’amore» • «Una volta nella vita capita un film che ti fa sentire come se ti innamorassi di nuovo per la prima volta. Questo non è quel film» (slogan del film) • Nel 1992 è il Pinguino in Batman – Il ritorno di Tim Burton. Per questo ruolo deve sottoporsi a due ore di trucco al giorno, tant’è che durante le pause si guarda bene dallo svestire i panni del suo personaggio e si diverte a spaventare i colleghi con diversi scherzi. Tuttavia terrorizza anche la scimmia che in una scena deve consegnargli una lettera: «Mi è saltata addosso. Mi sono spaventato a morte» • Sempre nel 1992, con la sua casa di produzione nuova di zecca, dirige Jack Nicholson nello sfortunato Hoffa, un ritratto del discusso capo del sindacato statunitense degli autotrasportatori tra la fine degli anni Trenta e gli anni Cinquanta. Il film non è ben accolto dalla critica • Nel 1994 è il produttore esecutivo di Pulp fiction di Quentin Tarantino: «Avevo subito capito il suo talento, ho puntato a occhi chiusi su di lui, fin da Le iene. Avrei voluto produrre anche il suo primo film, ma non ci sono riuscito. E così, mentre era sul set de Le iene, mi ha raccontato Pulp Fiction. O meglio, ha solo iniziato perché mi ha convinto dopo qualche parola. Mi mandò il copione dopo un anno, lo studio con cui lavoravo io lo rifiutò perché troppo violento. Mi infuriai, salii sul tavolo, poi incontrai Harvey Weinstein» • Produrrà anche Gattaca - La porta dell’universo (1997), Out of Sight (1998), Kiss (1998), Man on the Moon (1999) e Erin Brockovich - Forte come la verità (2000) • «Ha poi impersonato un dottore alle prese con un esperimento genetico in Junior (1994) di Reitman, l’egocentrica star del cinema Martin Shorty Weir nella commedia gangsteristica Get Shorty (1996) di Barry Sonnenfeld e un giocatore d’azzardo in Mars attacks! (1996) di Burton» [Treccani] • Nel 1996 si autoproduce in Matilda 6 mitica, una inquietante favola per bambini ispirata a un romanzo di Roald Dahl. «È il mio film preferito. Ogni bambino che incrocio viene da me e mi saluta perché sono il papà di Matilda: questa cosa fa sentire bene sia me che i ragazzini, che poi passano questa sensazione a fratelli e sorelle più piccoli. Per loro è molto importante capire che non sono da soli, che c’è chi pensa a loro. È un film molto positivo, anche se io e Rhea Perlman interpretiamo due genitori menefreghisti» [Rolling Stone] • Sul finire degli anni Novanta si è orientato su interpretazioni drammatiche, con L’uomo della pioggia (1997) diretto da Francis Ford Coppola, Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola, e soprattutto Man on the Moon (1999) di Forman, biografia del comico Andy Kaufman del quale De Vito era diventato amico ai tempi della sit-com Taxi • Nel 2003 lavora nuovamente con Woody Allen in Anything Else, con Tim Burton in Big Fish e dirige Ben Stiller e Drew Brrymore in Duplex. Nel 2004 appare nel film Christmas in Love al fianco di Massimo Boldi e nel 2005 è nel ricco cast di Be Cool, seguito di Get Shorty [Wikipedia] • Nel 2004 partecipa come guest star alla puntata The One Where The Stripper Cries, della decima stagione della serie Friends, nel ruolo di Roy, uno spogliarellista chiamato per esibirsi all’addio al nubilato di Phoebe • Nel 2006 è candidato al Razzie Awards nella categoria peggiore attore non protagonista per la sua interpretazione in Conciati per le feste. Nello stesso anno entra a far parte del cast della sit-com C’è sempre il sole a Philadelphia (serie ancora in corso), dove interpreta il ruolo di Frank Reynolds. Da allora non fa molto altro: «La serie mi prende molto tempo» • Nel 2018 accetta di fare l’urologo di Michael Douglas nella serie Il metodo Kominski. A Silvia Bizio che gli chiede se c’è qualche soddisfazione che non si è tolto nella sua carriera, risponde: «Dopo aver recitato un piccolo ruolo accanto a Michael Douglas nella sua serie Il metodo Kominsky non credo che ci sia più nulla a cui possa aspirare». In che senso? «Nel senso che nella serie, in cui Michael recita un anziano attore con problemi di prostata, io sono il suo urologo, che ovviamente lo visita con un dito della mano. Cosa volere di più dalla vita!» • In un’intervista rilasciata qualche tempo prima ricorda di aver salvato la vita del suo amico Michael Douglas: «Stavamo girando in Messico, in una location davvero selvaggia e c’era questo tizio che aveva un furgone con una gabbia sopra e dentro alla gabbia c’erano dei serpenti. Io ho il terrore dei serpenti, quindi non mi avvicinavo, ma Michael non aveva paura ed era curioso! Continuavo a urlargli “Michael, non toccare il serpente! Amico, quello potrebbe morderti”. Non mi ascoltò. Ma quando ho visto il serpente mordergli la mano, sono intervenuto subito. Ho sempre sentito dire che in simili circostanze la cosa migliore da fare è succhiare via il veleno, ho fatto esattamente così. Ho afferrato la mano di Michael e gli ho succhiato il veleno, sputandolo dappertutto. Ricordo di avergli detto: “Ti è andata bene che non ti abbia morso sui testicoli, perché in quel caso saresti morto”» • Nel 2019 interpreta il direttore del circo Max Medici nel film Dumbo, remake live action dell’omonimo classico film d’animazione, diretto da Tim Burton: «Per me Dumbo è il massimo della dolcezza. L’ho sempre adorato» • Da anni, con Arnold Schwarzenegger, dice di voler realizzare Triplets, il sequel di I Gemelli. Ora sappiamo che il film uscirà nel 2022 sempre per la regia di Ivan Reitman. Durante una promozione del film, Schwarzenegger ha offerto a De Vito un sigaro: «Sfortunatamente, però, lui ha ancora l’olfatto di un segugio e ha individuato subito l’ingrediente speciale».
Amori Nel 1971 si innamora della collega Rea Perlman. Lei era andata a vedere lo spettacolo The Shrinking Bride in cui recitava anche Danny De Vito. Dopo lo spettacolo, la Perlman è andata a mangiare fuori con il cast e ha finito per sedersi di fronte a DeVito. Un vero colpo di fulmine: «Era vibrante, con un grande senso dell’umorismo e molto calorosa», ricorda DeVito a People. Solo due settimane dopo, la coppia si è trasferita in un appartamento di Manhattan che ha subaffittato da Michael Douglas. Si sono sposati nel 1982 e hanno avuto tre figli Lucy (1983), Grace Fan (1985) e Jacob Daniel (1987). Nel 2012, a causa delle scappatelle del marito, lei chiede il divorzio ma un anno dopo fa un passo indietro. In realtà non stanno più insieme ma non hanno nessuna intenzione di divorziare: «Ci vogliamo troppo bene».
Politica «Dal punto di vista politico, se ti serve una definizione, sono molto di sinistra. Sono un filantropo. Mi piace Bernie Sanders per le cose di cui parla. Amo Cornel West e Noam Chomsky. Ci sono persone che cercano di capire in che modo salvare questo pianeta che sta morendo. Sono loro a indicarmi la strada» [a Andy Greene, Rolling Stone].
Curiosità Ha sempre adorato le Cadillac ma non ne compra una dal 1993. Oggi ha una macchina elettrica, una Nissan da 26mila dollari: «Giro per Los Angeles, passo da Hollywood a Beverly Hills senza problemi e non vedo un benzinaio da anni. Non hai idea di quanto sia bello» [a Manlio Dolinar, Ioacquaesapone] • Sui set non ha mai grosse pretese. Chiede solo che nel suo camerino ci sia un trampolino. Prima di entrare in scena è solito scaldarsi saltandoci sopra: «Comincio con qualche salto, poi mi trucco, salto di nuovo, mi metto dei vestiti e salto ancora» [al Late Night with Seth Myers] • Nel 2007 ha lanciato il Devito’s Premium Limoncello, fatto con i limoni di Sorrento. Ogni bottiglia costava 25 dollari ma nel 2011 l’impresa è fallita: «Pazienza, ma almeno mi sono fatto un po’ di pubblicità» • Virale la foto della studentessa delle superiori Allison Closs, che. al ballo di fine anno del 2018, come accompagnatore s’era portata un cartonato di Danny DeVito a grandezza naturale. Poco dopo lui ha ricambiato posando con l’alterego di cartone della giovane al Paddy’s pud di It’s Always Sunny in Philadelphia.
Polemiche: chi ha criticato lei per aver portato un settantenne al ballo della scuola, chi ha criticato lui per averla fatta entrare in un pub a soli 17 anni • Quando visitò la torre di Pisa disse: «È una torre, e pende. Non succede nulla e allora cominci a cercare un posto per mangiare un panino». Ama la musica: «Callas è una delle mie preferite, ma Galli-Curci è incredibile, che voce!» • Tra i suoi registi preferiti: «Fritz Lang. Erich von Stroheim. Billy Wilder. Miloš Forman mi ha influenzato molto. Un regista geniale. E amavo Penny Marshall, l’unica regista donna con cui ho lavorato, era molto divertente. Lei veniva a trovarci sul set di Taxi e io andavo a trovarla sul set di Laverne & Shirley. Eravamo tutti alla Paramount, una grande famiglia. Non ho mai lavorato con Lina Wertmüller, l’ho incontrata una volta a pranzo ed è stato molto piacevole perché adoro i suoi film» • Non gli dispiace guardare film a casa ma adora andare al cinema: «Entrare in quel posto misterioso e buio, con una grossa scatola di popcorn, mi piace. E entro con lo sconto senior, finalmente pago meno!» [Bizio, cit.] •
Titoli di coda «Sono concentrato su me stesso. Mi adoro».