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 2021  novembre 17 Mercoledì calendario

Biografia di Manlio Cerroni

Manlio Cerroni, nato a Pisoniano (Roma), il 18 novembre 1926 (95 anni). Imprenditore. Per oltre trent’anni presidente del Consorzio laziale rifiuti (Colari). Nella sua tenuta di Malagrotta, 250 ettari nel quadrante ovest di Roma, la più grande discarica d’Europa, ha smaltito dal 1975 all’ottobre 2013 l’immondizia prodotta della Capitale e dalla Città del Vaticano. A oggi a Malagrotta sono attivi due impianti Tmb (acronimo di trattamento meccanico-biologico) di proprietà di Cerroni ma commissariati dal 2017, che smaltiscono parte dei rifiuti indifferenziati di Roma. «Sono io. Il benefattore dei romani. Il re dei monnezzari» (a Fabrizio Roncone).
Vita «Arrivato da Pisoniano, minuscolo paese della campagna romana, per mezzo secolo è stato il padrone dei rifiuti della Capitale. E quanto ne fosse il padrone, sta a dimostrarlo l’incredibile numero di dipendenti passati all’Ama, l’azienda pubblica romana dei rifiuti da cui incassava più di 100 milioni l’anno, provenienti dal suo paese: un centinaio, per difetto. Su 732 abitanti. Uno su sette almeno era netturbino a Roma. Anche loro lo chiamavano “Il Supremo”» (Antonio Fraschilla e Sergio Rizzo) • «Di Pisoniano è stato sindaco, andreottiano, per tre mandati tra anni Cinquanta e gli Ottanta. “Io c’ho un Guinness: il sindaco più giovane d’Italia. Nel 1961, il Pci, che era il più forte, non trovò nessuno da mettermi contro in lista. Io gli avevo dato le fogne, le case, mi consideravano un angelo che il padreterno aveva mandato in terra per redimerli dalle loro miserie” […] “A me i rifiuti mi hanno stregato, nel senso che ho fatto tutto quello che gli altri nel mondo non hanno fatto. Sono un pioniere, l’oracolo di Delfi: ho recuperato questa ricchezza della cultura contadina che non buttava niente – neanche i peli del pennello da barba, quelli se li magnava lu porcu – trasformandola in un patrimonio non di famiglia, ma della famiglia universale. Tutte ’ste storie sulla differenziata: nessuno sa che, nei primi anni Quaranta, noi balilla ci portavano in giro tra boschi e fossi a raccogliere le latte dei pomodori arrugginite per il ferro alla patria”. È lungo, ma vale la pena di ascoltarlo il racconto di Cerroni sulla cernita manuale, perché è da lì che viene. Famiglia di braccianti, cinque figli, pochi soldi: per pagarsi la laurea in Legge si mise a fare il cernitore con uno stipendio di duemila lire al mese, un euro di oggi. “A Roma passava il canestraio col sacco sulle spalle, lo riempiva con la monnezza delle famiglie, lo scaricava nel carriolo e lo portava agli orti, dove c’era una capanna vicino ai maiali. Lì si buttava tutto a terra ed entravamo in azione noi cernitori che, con lo zeppo, selezionavamo carta, ferro, vetro, da vendere e il residuo delle cucine che andava ai maiali. I maiali ingrassavano, defecavano e davano il letame per i famosi orti di Roma: indivie, fave, cucuzze, carciofi. Erano 240 gli ortaioli attivi a Roma, divisi in quattro settori: nord, sud, est, ovest”. […] Nei tempi eroici degli ortaioli e dei cernitori, Cerroni fece una fulminea carriera che lo portò in cima alla piramide dei rifiuti. E a lui si rivolsero un potente direttore di giornale e un inflessibile ministro degli Interni con scabrosi problemi di nettezza urbana. Il primo chiamò perché la sua amante segreta era affranta: per sbaglio, la domestica aveva buttato nella spazzatura le focose lettere che lui le aveva spedito. Si temevano scandali e ricatti. Il secondo chiese aiuto perché nella pattumiera della sua bella, altrettanto clandestina, era finito il sacchetto con le gioie di cui le aveva fatto omaggio. “Un dirigente di polizia con cui avevo fraternizzato nell’attesa del camion dei rifiuti mi disse che valevano 18 milioni. Ci credo che c’erano i celerini con le armi spianate”. Efficiente e discreto, Cerroni reperì e restituì. L’amante del direttore lo abbracciò: “Avvocato: per qualsiasi cosa, a disposizione”. Quel mondo antico termina con le Olimpiadi di Roma. Nel 1960 l’approccio alla monnezza diventa industriale: il Comune bandisce un appalto-concorso per la raccolta e il trattamento dei rifiuti. Lo vincono quattro società, una è quella di Cerroni. Anni dopo – dice lui – “quelli delle altre tre società si sono fatti anziani, hanno venduto e io ho comprato. Ma questa storia del monopolista non mi sta bene: dove sono i concorrenti? Mica li ho ammazzati, sono solo il più bravo”. Nel 1964 affida a Leandro Castellani la regia di un film sul ciclo dei rifiuti nel suo futuristico stabilimento di Ponte Malnome. A vederlo oggi fa un certo effetto: differenziazione completamente automatizzata, riciclaggio spinto, biogas, metano. Vengono delegazioni da tutto il mondo, la Treccani cita il suo ciclo virtuoso. Poi la politica, con la quale si è scambiato non pochi favori, gli si mette contro. “Con le giunte rosse, Pci e sindacati vogliono che la nettezza urbana sia pubblica, nel 1979 devo consegnare gli stabilimenti, vanno in tilt in pochi mesi. L’avevo detto a Petroselli che non potevano essere gestiti dalla pubblica amministrazione, erano come orologi da controllare notte e giorno. A Natale del 1980 gli impianti sono in crisi, 300 camion non sanno dove scaricare. Petroselli chiama, ammette che avevo ragione e che nel Pci lui era contro il passaggio dal privato al pubblico. Ma mi minaccia: “Se non mi risolvi il problema dirò a tutti che quel porco democristiano di Cerroni ci ha boicottato”. E io glielo risolvo: trovo una cava abbandonata alla Cecchignola, allora bastava una firma dell’ufficiale sanitario. E poi apro Malagrotta: ecco, sono qui, datemi i rifiuti”. Come il MrWolf di Pulp Fiction, l’avvocato Cerroni risolve problemi. Qualche politico l’ha riciclato in azienda, come l’ex presidente della Regione Bruno Landi finito anche lui nei guai giudiziari. E all’assessore regionale del Pd Mario Di Carlo, quello che nella mitica intervista a Report raccontava la comune passione per la coda alla vaccinare, aveva forse pensato di passare le consegne. Di Carlo è morto nel 2011 e Cerroni per ora non cerca eredi, fa tutto lui. Ma voleva bene a Di Carlo. “Solo io potevo capirlo. Quando andò all’Ama mi disse ‘Ti rendi conto? Il figlio dello scopino è diventato presidente’. Poi è morto dello stesso male del padre. In tre mesi”. Dei 35 incrociati, il sindaco che gli è piaciuto di più è Rutelli: “Perché è venuto a Malagrotta, e si è appassionato al progetto del biometano prodotto qui che poteva alimentare tutti i camion Ama, i mezzi pubblici e pure qualche auto blu”» (a Paola Zanuttini) • Lue due figlie Monica e Donatella sono alla guida o presenti in gran parte delle 130 aziende e sigle della famiglia Cerroni • «Fuori dai confini laziali, l’ottavo re di Roma continua ad essere conosciuto solo dagli addetti ai lavori. Merito soprattutto della riservatezza con la quale Re Manlio ha saputo costruire sulla spazzatura e sui fanghi di scarto un impero gigantesco, capace di operare a Brescia come in Australia, a Perugia come in Romania, in Puglia come in Albania. E poi Francia, Brasile e Norvegia, perché sul suo impero non tramonta mai il sole. Il tutto senza una holding di controllo, senza una banca di riferimento, senza una sola poltrona accettata nel mondo della finanza o della politica. Cerroni ha messo su un impero a ragnatela, con decine di società che fatturano almeno 800 milioni l’anno, ma poi lo trovi socio di riferimento solo della metà di Malagrotta e di poco altro. Per il resto, preferisce operare in consorzi locali dove compaiono le varie municipalizzate dei rifiuti e dell’energia, dove è complicatissimo capire chi comanda a termine di codici, ma dove a mezza bocca tutti dicono che comanda sempre lui. E dove non c’è lui ci sono le figlie o collaboratori legati da rapporti ultratrentennali. La sua abilità è anche quella di non aver mai frequentato quei salotti della capitale dove il potere romano si annusa, si struscia, ammicca, si esibisce e alla fine si mescola in una macedonia ricca più di veleni che di vitamine. Al massimo “l’Avvocato”, come lo chiamano con deferenza i suoi dipendenti senza stare tanto a sottilizzare se alla laurea in Legge sia seguita anche l’abilitazione professionale, lo puoi incontrare a piedi per l’Eur o sul suo Suv, mentre controlla personalmente le discariche» (Francesco Bonazzi) • L’Unione europea aveva intimato all’Italia la chiusura di Malagrotta entro il 2007. Sebbene fosse già stata dichiarata satura nel 2008, l’emergenza rifiuti da anni in atto a Roma e l’incapacità dei politici di trovare un’alternativa avevano fatto sì che ogni anno venisse concessa una proroga. Era infatti chiaro che se Cerroni avesse deciso «domattina di chiudere i cancelli di Malagrotta, in una settimana Roma avrebbe surclassato Napoli nel problema dei rifiuti (…) Se è vero che ha sempre fatto prezzi di favore alla Capitale per lo smaltimento dei rifiuti, è anche vero che il mercato è tutto suo. Dai rifiuti ricava metano. Con i contributi statali ha costruito un impianto con cui produce energia elettrica, e la rivende» (Mattia Feltri) • A chiudere Malagrotta ci pensò il sindaco del Pd Ignazio Marino nel 2013. In risposta, con una lettera a pagamento sui giornali, Cerroni il 1° ottobre 2013 annunciò la realizzazione a Malagrotta «del capping (la copertura, ndr) che impegnerà 1.200.000 metri cubi di materiali inerti, 600 mila metri cubi di argilla e 1.200.000 metri cubi di terreno vegetale e che vedrà la messa a dimora di oltre 340 mila piante per realizzare il parco naturale» • Nel 2017, in piena emergenza rifiuti, la sindaca Virginia Raggi decise di ricorrere agli impianti Tmb di Colari, ovvero di Cerroni, per smaltire circa 1.200 tonnellate di spazzatura al giorno • «Ma lei davvero si considera una salvezza, per Roma e i romani? “Se uso la parola ‘benefattore’ o ‘salvezza’ di Roma è senza intenti megalomani ma per rendere chiari i concetti. La discarica di Malagrotta che per 30 anni ha smaltito giorno e notte i rifiuti di Roma alle tariffe più basse d’Italia ha fatto risparmiare ai romani qualcosa come 2 miliardi di euro. Questa è la verità» (a Giuseppe Salvaggiulo e Jacopo Iacoboni) • Da anni scrive lettere a politici e autorità, da Sergio Mattarella a Mario Draghi, denunciando una persecuzione giudiziaria e proponendo soluzioni definitive per la crisi dei rifiuti. Da ultimo, a inizio novembre 2021, ha scritto al neosindaco di Roma Roberto Gualtieri • «Quando hai il mal di denti vai dal miglior dentista su piazza, no? Beh, Roma ha un solo dentista e sono io, lo ha avuto per oltre mezzo secolo, in tranquillità e in economia. Per 60 anni ho pulito Roma, pure a poco prezzo, mi hanno messo in galera, il giudice mi ha assolto e non gliene frega nulla. La stampa si è sempre guardata dal pubblicare quella che era la mia cura e ogni mattina si chiede se sono morto» (a Silvia Mancinelli) • Proprietario dell’emittente RomaUno Tv, prima all news della Capitale.
Guai giudiziari Nel gennaio 2014 è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e truffa. Nel novembre del 2018 la prima sezione penale del tribunale di Roma lo ha assolto «per non aver commesso il fatto». Il pm aveva chiesto sei anni di prigione. Assolte anche le altre sei persone imputate insieme a lui • «Fino a un paio di anni fa Manlio Cerroni non aveva una sua email. Normale per un pezzo da novanta, peraltro novantenne, che delega ad altri certe noie, ma adesso l’email ce l’ha e nel suo user name risalta una data, ovviamente senza spazi: 9gennaio14. È quella del suo arresto» (Paola Zanuttini nel 2016) • A settembre del 2019 è stato rinviato a giudizio nell’ambito di un processo che ruota attorno al presunto malfunzionamento – dal 2006 fino al 2013 – dei due impianti Tmb di Malagrotta e all’attivazione senza autorizzazione del tritovagliatore di Rocca Cencia, alle porte di Roma. Il processo è in corso • Nel giugno 2020 il giudice monocratico di Tivoli lo ha assolto dall’accusa di violazione del testo unico sul paesaggio e violazione della legge edilizia, restituendogli l’impianto Tmb di Guidonia (Roma) • Il 4 febbraio 2022 alla Corte di Appello penale di Roma è prevista la prima udienza del processo-ter sulla discarica di Albano, ai Castelli Romani, nel quale Cerroni è accusato di traffico illecito di rifiuti.
Vizi Indossa sempre un cappello da pescatore calcato in testa. «Senza, sono in difficoltà, è un talismano. Non so quanti ne ho avuti, e persi. Me ne sono innamorato a sei anni, alla colonia marina di Anzio. Ero al paese, sotto il fascismo c’erano le segnalazioni sanitarie e il medico bussò in classe: “Questo ha avuto le polmoniti”. Mi mandò in colonia, dove c’era l’uniforme col cappelletto bianco. Quando mi vidi allo specchio, la meraviglia: e chi sono?» (a Paola Zanuttini) • Appassionato di bocce e di giardinaggio • Romanista.