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 2021  novembre 26 Venerdì calendario

Biografia di Viktorija Mullova

Viktorija Mullova, nata a Mosca (Russia) il 27 novembre 1959 (62 anni). Violinista.
Titoli di testa «Ascoltare la Mullova che suona Bach è, in parole semplici, una delle più belle esperienze che si possano fare» (The Guardian).
Vita Vika Mullova inizia a studiare il violino a quattro anni: «Fu mia madre a regalarmi lo strumento. Il violino fu una necessità, non una scelta. Quando si è costretti a vivere in sei in pochi metri quadrati non c’è davvero posto per un pianoforte, che oltre tutto costava ben più di un violino per bambini» [a Landa Ketoff, Rep] • «Vivevamo a Zhukovsky, alla periferia di Mosca. Dovevo alzarmi molto presto, suonare il violino per due ore e poi viaggiare due ore per andare a scuola. Stessa cosa al ritorno la sera. Niente vacanze, niente giochi. Ancora oggi faccio fatica a dormire e quando mi sveglio la mia prima preoccupazione è fare una lista delle cose da fare» [Marie-Aude Roux, Le Monde] • Viene ammessa alla classe speciale del Conservatorio di Mosca riservata ai bambini musicalmente dotatissimi. Volodar Bronin, un allievo di David Oistrakh, e Leonid Kogan i suoi meravigliosi maestri. Ma la notte, nel dormitorio, ascolta la musica dei Bee Gees [Roux, cit.] • A sedici anni comincia a vincere i grandi concorsi internazionali: Wieniawski, Sibelius, Čajkovskij: «A quel punto avrei dovuto avere la carriera appianata. E invece successe poco o nulla. Non volevo perdere tempo. Così sono fuggita» [ad Alessandro Cannavò, CdS] • «Con il mio ragazzo, il direttore d’orchestra Vakhtang Jordania, stavamo preparando la nostra fuga da un anno» [Roux, cit.]. Approfitta di una breve tournée appena fuori dai confini dell’Urss, nel nord della Finlandia, per scappare a Stoccolma: «Ma l’ambasciata americana era chiusa per la festa dell’Independence Day. Così dovetti restare nascosta in albergo due giorni e per altri tre mi rifugiai dai servizi segreti in attesa dell’asilo politico, mentre i sovietici mi davano una caccia spietata» [Cannavò, cit.] • Nella fuga lascia il suo Stradivari sul letto: il Kgb, che la sorveglia, perde tempo prezioso perché ritiene impossibile che l’abbia abbandonato • Un mecenate svedese, commosso dalla sua fuga, le mette a disposizione un Guarneri [Les grands violinistes di XXe siècle di Jean-Michel Molkhou, Buchet Chastel] • Quarant’otto ore dopo, visto in tasca, Viktorija e Vakhtang sono a Washington. Negli stessi giorni, in patria, il padre viene escluso dal partito e perde il lavoro [Molkhou, cit.] • «Non rimpiango nulla. A Mosca l’unica mia amica era una violinista portoghese. Si chiamava Ines. Non avevo fiducia in nessun altro» [Cannavò, cit] • «Negli Usa la cosa più difficile è stata imparare a sorridere e ad aprirmi» [Molkhou, cit.] • Con il sostegno dei direttori Mstislav Rostropovich e di Seiji Ozawa fa tournée negli Usa ma anche in Canada, Inghilterra e Giappone con i più grandi direttori d’orchestra • Nel 1985 firma un contratto con la Philips che inaugura suonando Čajkovskij in un concerto diretto da Ozawa • Nello stesso anno, a un’asta di Sotheby a Londra, si aggiudica lo Stradivari “Jules Falk”, costruito a Cremona nel 1723. «Strumento che contribuisce a sancire la visibilità internazionale della bellissima ragazza moscovita» [Cappelletto, Sta] • Poco tempo dopo arriva alla Scala. «Tutti ne parlano e lei non tradisce le aspettative. È alta, sottile, algida, altera e bravissima. Si sussurra che abbia una relazione con Seiji Ozawa, celebre direttore d’orchestra giapponese che la dirige qui alla Scala. Molti professori d’orchestra sono colpiti dal magnetismo della violinista, Abbado resta stregato anche dalla donna e nel mondo della musica classica il loro legame diventa subito l’argomento di conversazione. Lui, piuttosto sensibile al fascino femminile, ha già due figli, Daniele e Alessandra, con la prima moglie Giovanna Cavazzoni, fondatrice del Vidas, e un terzo figlio, Sebastian, da un’altra relazione. Che quella con Mullova sia l’unione del destino? I due vanno a vivere a Vienna e quando lei resta incinta, come scrive lei stessa nel suo sito ufficiale, “la nostra relazione si interrompe bruscamente”. Nel 1991 nasce Misha ma i suoi rapporti con il padre resteranno quasi inesistenti per anni. Sarà Mullova a dire, nel 2011, che “Misha solo poco prima di compiere i vent’anni si è riconciliato con suo padre”.» [Mianiti, Vanity] • Nel 1993 rimette piede per la prima volta in Russia. Abbraccia suo padre, mai stato autorizzato a lasciare il paese dalla sua partenza, al contrario della madre che ha potuto seguirla in diversi concerti. Tornerà spesso anche in seguito a dare concerti solo per ritrovare le sue radici familiari • «Fondato nel 1994, l’ensemble cameristico che porta il suo nome è composto, oltre che dalla Mullova, da Massimo Spadano (violino), Matthew Barley e Manuel Fischer-Dieskau (violoncelli) e Klaus Stoll (contrabbasso). Ha in breve conquistato una posizione di rilievo nel panorama internazionale, rivelando una predilezione per il repertorio barocco [Zacconi, CdS] • È stata una delle poche interpreti a suonare il Concerto di Schönberg: «Questo concerto è l’esempio di un lavoro molto difficile. Abbiamo detto spesso che era stato scritto per un violinista a sei dita. Ci ho lavorato due anni. Questo mi ha permesso di cambiare più volte l’approccio tecnico o musicale di certe frasi. Nonostante le sue formidabili difficoltà tecniche, è un’opera abbastanza affascinante e di grande bellezza» [Molkhou, cit.] • Dopo Schönberg, arriva Bach: «Fin dalla mia infanzia, ho sempre avuto un rapporto molto intenso con la musica di Bach e sapevo fin dall’inizio che avrebbe occupato un posto centrale nella mia vita. Tuttavia, comprendere il suo universo non è stato facile. In Russia ci hanno insegnato a suonare Bach in modo pesante e pomposo con il fraseggio infinito e un vibrato permanente su ogni nota. Ci dicevano che dovevamo imitare il suono dell’organo. I miei incontri con i musicisti barocchi, come il fagottista Marco Postinghel o il clavicembalista Ottavio Dantone, mi hanno fatto capire che dovevo uscire da questa estetica. Per me, che ho l’orecchio assoluto, la principale difficoltà con le corde in budello era suonare un semitono sotto. Se uno prova a suonare uno strumento barocco come uno moderno, beh, suona davvero male» [Molkhou, cit] • «Suono il Guadagnini del 1750, con corde di budello, per Bach, Vivaldi, Mozart e Beethoven, mentre per la musica a loro successiva scelgo lo Stradivarius del 1723, con cui ho forse sviluppato un rapporto più intenso, dato che siamo inseparabili dall’85» • Dopo una severa educazione accademica, è partita invece all’esplorazione del pop e del jazz: nel suo concerto del 2001 (Through the looking glass), attraverso il violino filtra i Beatles, Miles e Duke Ellington» [Putti, Rep.] • «Poi, la scelta che non ci si aspetta da una solista di tale livello, così attiva nei concerti e nelle incisioni discografiche: la decisione di suonare spesso in duo con la pianista Katia Labèque. Così amiche che la prima foto ad apparire sul sito della Mullova ritrae le due musiciste assieme, abbracciate, sorridenti. Mantenendo il repertorio classico, la Mullova offre il proprio talento di interprete anche ai musicisti contemporanei, suona con il pianista jazz Julian Joseph, incide alcuni concerti di Vivaldi assieme al complesso italiano Il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini in un disco che le vale il Diapason d’or 2005. “Essere una grande solista è diventato per lei il punto di partenza, non di arrivo. Vika si mette sempre in gioco e la curiosità musicale è il più grande motore che un artista possa avere: in lei non è mai spento”, riflette Guido Corti, cornista di rango, membro fin dall’inizio del Mullova Ensemble. “È la scoperta del piacere di suonare assieme a musicisti che stimi. Luciano Berio diceva che il quartetto d’archi è il paradigma di una società ideale: le qualità di ciascuno al servizio del risultato comune. Ma questo può essere il motto di tutta la musica da camera”» [Cappelletto, Sta] • L’album The Peasant Girl che ha portato in tournée in tutto il mondo con l’ensemble Matthew Barley «mostra un lato diverso di Viktoria poiché guarda alle sue radici contadine in Ucraina ed esplora l’influenza della musica gitana sui generi classici e jazz del XX secolo. Lo Stradivarius in Rio è ispirato dal suo amore per le canzoni brasiliane di compositori come Antonio Carlos Jobim, Caetano Veloso e Claudio Nucci. Oltre ai suoi progetti, ha anche commissionato opere a giovani compositori come Fraser Trainer, Thomas Larcher e Dai Fujikura» [viktoriamullova.com] • Dal 2005 si autoproduce con l’etichetta Onyx. La Philips non voleva riregistrare Vivaldi su strumenti barocchi «quando avevo già inciso Le quattro stagioni sotto la direzione di Claudio Abbado. Eppure né Claudio né io sapevano cosa farci di queste quattro stagioni. Così mi sono autoprodotta» [Machart, Le Monde] • Grande successo di critica per l’incisione con Kristian Bezuidenhout delle Sonate Op. 12 n. 3 e Kreutzer di Beethoven. Tra le altre registrazioni, l’Ottetto di Schubert con il Mullova Ensemble, Recital con Katia Labéque, le Sonate di Bach con Ottavio Dantone, 6 Solo Sonatas and Partitas di Bach e tutti i lavori per violino e orchestra di Arvo Pärt con l’Estonian National Symphony Orchestra e Paavo Järvi per Onyx Label • Nel 2015 appare in Youth, il film di Paolo Sorrentino passato in concorso a Cannes: «Viktoria Mullova è la ciliegina sulla torta, la sorpresa che non ti aspetti. La celebre violinista russa appare insieme col soprano Sumi Jo, diretta da Michael Caine nei panni del direttore d’orchestra, nella scena finale. Com’è andata sul set? “Sono stata due giorni, tra studio di registrazione e teatro dove hanno fatto le riprese per il concerto davanti alla regina d’Inghilterra”» [a Valerio Cappelli, CdS] • Del 2020 Music we Love realizzato con il figlio Misha Mullov-Abbado. «La “musica che amano” va da Johann Sebastian Bach al Brasile tradizionale di Tico-Tico, dalle composizioni originali di Misha al jazz di John Mc Laughlin, da Antonio Carlos Jobim a Schumann. Molta di questa musica madre e figlio l’hanno suonata insieme per anni: “È molto eccitante suonare il programma che abbiamo creato insieme: pezzi meravigliosi che Misha ha scritto, arrangiamenti di pezzi di diversi generi, classica, jazz e canzoni popolari. Questi sono i brani che amiamo ascoltare e suonarli è stato davvero piacevole”. Un’occasione per crescere insieme per “mamma” Viktoria: “La nostra relazione è sempre stata molto forte. Cominciare a lavorare insieme però ha anche creato alcuni problemi, che abbiamo cercato di risolvere. È difficile combinare relazioni personali e professionali, ma alla fine tutti gli ostacoli nella vita ci aiutano a crescere se riusciamo a superarli con amore e umiltà”» [cocooners.com].
Amori Oltre a Misha avuto con Claudio Abbado, Viktorija ha altre due figli: Katia, ora attrice, avuta con il violoncellista Alan Brind e Nadia, ballerina del Royal Ballet, avuta con il suo attuale marito, il violoncellista Matthew Barley: «La musica è una parte così grande della mia vita che tutti i miei figli ne sono stati circondati da quando sono nati, anche prima che nascessero quando suonavo fino all’ottavo mese di gravidanza».
Curiosità «Amo sperimentare, ma amo sempre Prokof’ev, Shostakovich, Brahms e Sibelius. Detesto invece Bruch, Lalo, Saint-Saens» [Baccolini, Rep] • Ama il cinema: «L’ho scoperto nel 1983, dopo essere fuggita in Occidente. In Unione Sovietica vedevo in tv film popolari o di propaganda. Arrivata a New York, mi sono ubriacata di classici: Butch Cassidy e La Stangata con Paul Newman e Robert Redford. E poi quelli con Barbra Streisand, Lauren Bacall, Katherine Hepburn. Audrey Hepburn mi piaceva per la grazia e per l’impegno sociale. E naturalmente Michael Caine. Tra gli italiani amo Fellini ed Emanuele Crialese. Ma sono sempre in viaggio per concerti. Faccio incetta di dvd». In tv guarda Homeland, e Borgen [a Valerio Cappelli, CdS] • Per rilassarsi fa un po’ di yoga • «Ho perso tanti amici, molti per cancro. Il tempo che passa è un processo naturale, qualcosa che dobbiamo accettare» [a Cappelli, cit.] • Tifa l’Arsenal
Titoli di coda «C’è un tale swing in Bach che è impossibile non pensare al jazz e non avere la pelle d’oca. Tutti i musicisti che conoscono entrambi i generi lo sanno, anche se non tutti lo dicono».