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 2021  dicembre 23 Giovedì calendario

Il peso della crisi sui conti delle banche

Nei bilanci delle banche italiane oggi non c’è più un “problema sofferenze”. Nel 2015 il problema c’era eccome: i prestiti problematici avevano raggiunto il loro massimo storico a quota 341 miliardi di euro lordi. Negli anni successivi gli istituti di credito hanno iniziato un costoso processo di riconoscimento delle perdite e raccolta di capitali per rimettere a posto gli equilibri patrimoniali. Ha funzionato. Se il totale delle npe (sigla che sta per “non performing exposure”, cioè esposizioni problematiche) era a 135 miliardi di euro alla fine del 2019, a fine 2020 era sceso a 99 miliardi e nella prima parte del 2021 si è ridotto ancora leggermente, a quota 96 miliardi, nota l’ultimo rapporto “The Italian NPE Market” del gruppo di consulenza Pwc.
In questi 96 miliardi di euro lordi di prestiti problematici ci sono 46 miliardi di crediti che difficilmente saranno ripagati, 45 miliardi di prestiti già declassati a sofferenze (con una bassa probabilità di rimborso) oltre a circa 5 miliardi di “past due”, cioè sconfinamenti che potrebbero rientrare abbastanza presto. La situazione è quindi rassicurante. Ma questo quadro è un po’ alterato dalle misure anticrisi varate nel 2020 e prolungate nel 2021. Le ultime rilevazioni della task force di governo, Banca d’Italia, Associazione Bancaria Italiana, Mediocredito Centrale e Sace indicano che sono ancora attive moratorie sui 56 miliardi di euro di prestiti a circa mezzo milione tra imprese e famiglie mentre le richieste di garanzie sui nuovi finanziamenti sono salite a 216,5 miliardi di euro e quelle con la garanzia di Sace sono a quota 30,8 miliardi di euro. Le moratorie, in particolare, hanno congelato prestiti che potrebbero risultare problematici una volta terminata la sospensione dei pagamenti. Questo però non è scontato. A marzo 2020 le moratorie avevano raggiunto i 270 miliardi di euro e quindi
già nell’ultimo anno e mezzo più di 200 miliardi di euro di prestiti con rate sospese sono tornati alla normalità, senza choc per il sistema bancario.
Qualche problema, però, inizia a vedersi. Pwc vede «alcuni primi segnali di possibile deterioramento del credito». Nel dettaglio, spiega la società di consulenza, a giugno 2021 risultano 219 miliardi di euro di crediti classificati “Stage 2” (cioè che hanno manifestato un aumento significativo del rischio di credito) pari a 14% del totale dei prestiti. C’è stato un aumento significativo: a fine 2019 i crediti “Stage 2” erano al 10% del totale degli impieghi. Pwc nota anche che, secondo questo parametro, in termini di qualità del credito le banche italiane appaiono più “rischiose” rispetto alla media europea. Secondo le stime raccolte dalla società di consulenza, nei prossimi 2-3 anni emergeranno tra i 70 e i 90 miliardi di euro di nuove npe, al netto di eventuali ulteriori misure straordinarie. Cifre sostanziose che però potrebbero non essere “da allarme”. «Alcune delle principali banche nei loro piani industriali rimangono, tuttavia, ottimiste sulla resilienza della qualità del loro portafoglio crediti – scrive Pwc –. Tali flussi saranno presumibilmente bilanciati da recuperi, ritorni in bonis e cessioni mantenendo sostanzialmente invariato lo stock sui libri delle banche».