ItaliaOggi, 23 dicembre 2021
In Germania la cravatta non è più importante
È pericoloso parlare dell’abbigliamento delle signore in politica, a meno che non le lodi. Se avanzi qualche riserva sul loro buon gusto e eleganza, sei subito accusato di essere un misogino, e di criticarle perché appunto donne. Non per vanità, sanno che le critiche alle toilettes sono rivolte anche al loro talento politico. Un abito è rivelatore per giudicare chi lo indossa. Perché Matteo Renzi, agli inizi, appariva con le giacche di pelle, stile Fonzie, il protagonista di Happy Days? O Salvini ha una collezione di felpe, che Mario Draghi non indosserebbe mai?
Frau Merkel, fra i tanti suoi meriti, ha avuto quello di scegliere un look perfetto, con le sue giacche colorate, sempre quelle, come un’uniforme. Era semplicemente al di sopra di ogni critica, piaceva agli uomini, il che conta poco, e alle donne, il cui giudizio è importante, e sono autorizzate a esprimerlo. Il suo predecessore, Gerhard Schröder amava i completi di Brioni, che lo snellivano e lo facevano apparire in forma (quasi) perfetta. Ma costavano quattromila euro l’uno, era perdonabile per un politico socialdemocratico? Il compagno Gerhard portava la cravatta, sempre su un rosso tenuo, a volte rosa. Meglio non esagerare con i simboli.
Joschka Fischer, il suo vice e ministro degli esteri, sfoggiava una cravatta verde. Il 12 dicembre del 1985, al debutto nel parlamento regionale dell’Assia, diede scandalo apparendo senza cravatta e in scarpe da tennis, oggi esposte al museo della storia della Repubblica federale a Bonn. Giunto al potere, si trasformò, preferiva le giacche con i panciotti. Prima o poi, avrebbe sfoggiato anche un orologio da taschino con catena, ha ironizzato la Süddeutsche Zeitung. Fischer negli Anni Ottanta voleva dimostrare che i suoi verdi stavano per compiere una rivoluzione, poi cercò di rassicurare.
Olaf e Robert senza cravatta sono dunque importanti. Le porta ancora, tra i leaders della coalizione, il liberale Christian Lindner, l’unico sempre per il giornale di Monaco, che indossi giacche di taglio perfetto. Quelle di Olaf sono un po’ strette e con le maniche troppo lunghe. Annalena Baerbock, la verde che poteva diventare Cancelliera, evita di indossare toilettes verdi. Forse il colore non le sta bene. Un commento che da maschio avrei dovuto evitare. Karl Lauterbach, ministro della sanità, è un eccentrico e porta sempre un papillon rosso.
Le cravatte erano l’unico particolare che tradiva il carattere degli uomini, ha osservato Glenn O’Brien nel saggio How to be a Man, come essere uomo. Ma si portano sempre meno. Io ne ho un cassetto pieno, non sono un feticista, ma non ne ho mai buttato una. E non le porto quasi mai, solo quando mi invitano all’ambasciata, e in altre rare occasioni. Anche all’Opera posso andare in maglione. Tra gli amici, tedeschi e italiani, sarei l’unico in cravatta. Mi dispiace, alcune sono molto belle.
Quando ero redattore a La Stampa, a Torino, era obbligatorio portare la cravatta e la giacca, anche in estate in tipografia. Un ordine non dato, ma da osservare. Non so il perché, però non mi disturbava. Non era un segno di classe, ma di rispetto verso i linotipisti che sudavano alle loro macchine a pochi centimetri dal piombo fuso.
Herr Doktor Norbert Lammert, cristianodemocratico e presidente del Bundestag dal 2005 fino al 2017, obbligava i deputati a portare la cravatta e la giacca, come nella sabauda Torino, e riprendeva le deputate che indossavano camicette troppo scollate nella breve estate prussiana. Nato nel ’48, non era un vecchio signore antiquato. Voleva difendere il prestigio del Parlamento.
Quando in un’intervista a Der Spiegel, l’allora premier Mario Monti osò dire che la Merkel avrebbe dovuto agire senza preoccuparsi del Bundestag, Lammert lo invitò a visitare il parlamento, sormontato da una cupola di cristallo dell’architetto Norman Foster: i visitatori sotto i piedi vedono i loro rappresentanti al lavoro. I deputati in cravatta, gli elettori vestiti come gli pare.