Corriere della Sera, 23 dicembre 2021
Niente smartphone prima dei 16 anni?
Quella di Penélope Cruz potrebbe sembrare una scelta drastica: niente cellulare ai figli prima del compimento dei 16 anni. Ma forse non lo è se pensiamo che lo stesso Bill Gates ha proibito il telefonino ai suoi ragazzi prima dei 14 anni e che anche in seguito ha imposto regole molto severe, come lo schermo spento a tavola e a letto. Eppure, da qualche giorno fanno riflettere le parole dell’attrice spagnola che (d’accordo con il marito Javier Bardem) in un’intervista al programma Sunday Morning della CBS, ha dichiarato che Leo e Luna, 10 e 8 anni, «sono troppo giovani per essere esposti alla violenza digitale».
La riflessione di Cruz apre numerosi scenari: «È come se il mondo stesse facendo un esperimento su di loro – ha detto —: vediamo che succede se esponiamo dei ragazzini a un bombardamento di tecnologia senza alcuna protezione». Di qui il limite dei sedici anni, una scelta «molto saggia, anche se purtroppo poco realistica», commenta il pedagogista Daniele Novara. E quest’affermazione sconsolata può essere compresa da qualsiasi genitore di ragazzi sugli 11 o 12 anni: «Il telefonino ce l’hanno tutti, lo voglio anche io» è il filo ricorrente della controversia.
Per Novara, «Cruz fa benissimo. Anzi, questa decisione la prendono anche numerosi manager della Silicon Valley», cioè quelli che conoscono i rischi. «Prendiamo i videogiochi da smartphone – continua l’autore di libri come L’essenziale per crescere —: sono realizzati da psicologi esperti nell’agganciare il cervello dei giovanissimi in un meccanismo che crea dipendenza». Dunque, per Novara i 16 anni sono una età «saggia» per avere il primo telefonino, anche se molto «dipende dalla crescita dell’adolescente».
Il punto è che le ricerche sull’influsso dell’uso dei cellulari sui ragazzi sono una materia di studio molto recente, di certo infiammata dalle polemiche che hanno investito Facebook, con le accuse della ex dipendente Frances Haugen («danno la precedenza ai profitti a scapito della sicurezza degli utenti»). Non si parla solo dei social: bastano tre passaggi per accedere a siti ambigui, senza contare gli effetti dell’uso prolungato, dai disturbi visivi alle ricadute sulla vita sociale o scolastica. Insomma, ne sappiamo ancora poco, anche se quel poco è sufficiente per far dire a Novara: «Ci vuole una legge ad hoc, come quelle che regolano l’accesso all’alcol e al tabacco. I genitori si ritrovano da soli a gestire una materia molto delicata e la discrezionalità non può essere sufficiente. Certo, è in vigore la norma europea sulla privacy, che vieta l’accesso ai social prima dei 13 anni, ma non prendiamoci in giro: barare sull’età è un gioco da ragazzi».
Ma, in attesa di una legge, come comportarsi? Novara consiglia il gioco di squadra, come quello di Cruz-Bardem: «I genitori facciano gruppo. Anche stabilire degli orari o dei paletti è utile. E vorrei avvertire le mamme ansiose: l’adolescenza è l’età del paterno, lasciate spazio ai padri».