la Repubblica, 23 dicembre 2021
I misteri dell’imperatore che fece la Cina
Negli anni durante i quali regnò sulla Cina che per primo aveva saputo unificare, Qin Shi Huangdi è sempre stato ossessionato dalla vita eterna: ansioso di estendere il suo potere terreno anche nell’aldilà. Narra Sima Qian, il primo grande storico dell’antichità cinese, che a corte l’imperatore convocava alchimisti e maghi perché gli preparassero pozioni speciali, e organizzava – sempre fallendo – spedizioni alle leggendarie Isole degli Immortali alla ricerca di chissà quali elisir per vivere per sempre. Per questo, per continuare a governare anche nel regno dei morti, decise di farsi costruire nella vecchia capitale Xian – punto di arrivo della Via della Seta, crogiolo di culture e religioni, casa di imperatori, poeti, monaci, mercanti e combattenti – un imponente mausoleo affidandone la difesa non a guerrieri mortali ma a un gigantesco esercito di 8mila soldati di terracotta che per duemila anni sono stati la sua guardia personale. Quel magnifico esercito oggi lo possiamo ammirare, ritornato alla luce quasi per caso 47 anni fa grazie a dei contadini intenti a scavare un pozzo. Quello che ancora non sappiamo, invece, è che cosa si nasconda nella sua tomba e in quei palazzi sotterranei pieni di tesori e di misteri. Ma una risposta potrebbe presto arrivare. Grazie a una specie di gigante radiografia.
Uno studio, finanziato dal governo cinese, sta infatti valutando la possibilità di posizionare dei rilevatori di raggi cosmici per rivelare e portare alla luce quello che si nasconde nella città sotterranea segreta del primo imperatore della Cina. Gli archeologi ritengono che ci siano buone probabilità che quasi tutto lì sotto sia ancora intatto. Anche se nessuno scavo all’interno è stato ancora fatto, alcuni studi hanno già rivelato la presenza di oggetti in bronzo, ceramica e legno e un sistema di drenaggio imponente per proteggere la camera funebre. Grande settanta volte la Città Proibita, il mausoleo sul Monte del Cavallo Nero era uno dei più imponenti e sontuosi del mondo di allora: un insieme di palazzi in argilla, legno e bronzo pieni di pietre preziose, fiumi sotterranei di mercurio liquido, dotati di ingegnosi sistemi difensivi per respingere gli invasori. La sua costruzione durò 38 anni e vi parteciparono 720mila operai. Gli artigiani che lavorarono alla tomba vi furono sepolti vivi, portando con sé, per sempre, i suoi segreti.
Sarebbero necessari almeno due rilevatori di raggi cosmici, da piantare in luoghi diversi a meno di 100 metri sotto la superficie, spiegava qualche giorno fa il South China Morning Pos t che per primo ha dato notizia di questo studio. Questi dispositivi, ciascuno delle dimensioni di una lavatrice, potrebbero rilevare particelle di origine cosmica, i muoni, in grado di penetrare il terreno. Grazie alle loro traiettorie quando si propagano nell’aria o all’interno delle rocce, possono essere sfruttati per distinguere i volumi pieni da quelli vuoti in strutture complesse e di difficile accesso. «I dati consentirebbero agli scienziati di identificare le strutture nascoste», hanno affermato la professoressa Liu Yuanyuan e i suoi colleghi dell’Università Normale di Pechino in un articolo pubblicato su Acta Physica Sinica, la rivista ufficiale della Chinese Physical Society. «Come antica civiltà con una lunga storia, il nostro Paese ha un gran numero di reliquie culturali che necessitano urgentemente di studio».
L’uso dei raggi cosmici in archeologia è un concetto che risale agli anni ’60. Quattro anni fa un team di archeologi in Egitto riuscì a scoprire una camera lunga 30 metri nella piramide di Cheope utilizzando uno di questi dispositivi portatili. «I rilevatori di muoni che abbiamo sviluppato oggi sono diventati così piccoli che possono essere trasportati da un bambino», ha spiegato al quotidiano Yang Dikun, professore di geofisica alla Southern University of Science and Technology di Shenzhen. Non sarà una passeggiata semplice e nemmeno rapida, tuttavia. Le simulazioni al computer fatte finora dagli scienziati cinesi hanno mostrato che potrebbe volerci almeno un anno per raccogliere dati sufficienti per produrre un’immagine chiara.
Ying Zheng salì sul trono di Qin nel 246 a.C. a 13 anni. Dopo pochi anni, Qin riuscì a prevalere sugli altri sei regni che si contendevano il dominio sul mondo cinese. Nel 221 l’impero era unificato, per la prima volta: iniziava una nuova era. Quell’anno il sovrano si autoproclamò Qin Shi Huangdi, Primo Augusto Imperatore dei Qin. Ricordato dai successori come un brutale tiranno, abolì i vecchi Stati, unificò leggi e scrittura, pesi e misure, esautorò l’antica aristocrazia, ordinò il primo grande rogo di libri della storia cinese e fu lui che fece costruire la prima Grande Muraglia. Aveva conquistato il Tianxia (“ciò che sta sotto il cielo”) ma alla sua morte nel 210 a.C. – forse a causa del mercurio in quelle pozioni che si faceva preparare – la sua dinastia non gli sopravvisse. Per questo, anche nell’aldilà, voleva continuare a regnare. E chissà quali segreti scopriremo presto su quel primo imperatore che fu capace di unificare tutta la Cina.