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 2021  dicembre 23 Giovedì calendario

L’italiana in orbita con il supertelescopio

Antonella Nota non vede l’ora di accenderlo per capire quanto ci porterà lontano, nello spazio e nel tempo. Il James Webb, il più grande telescopio spaziale mai costruito, decollerà dallo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese, il 25 dicembre per scrutare le origini del Cosmo e rispondere alle «domande fondamentali». La scienziata è associate director per l’Esa dello Space telescope science institute , che gestisce il programma Hubble e James Webb. Nata a Venezia, laurea in Astronomia a Padova, lavora all’Istituto di Baltimora dal 1986. Appese alle pareti del suo studio ci sono riprese magnifiche fatte dal telescopio Hubble, alcune scattate da lei. «Ma Webb — promette — sarà una rivoluzione».
Cosa ci si aspetta ora dal James Webb space telescope?
«Una serie di scoperte incredibili.
Getterà uno sguardo approfondito sull’universo all’infrarosso. Hubble, con uno specchio di 2,4 metri di diametro, ha fotografato galassie appena 400 milioni di anni dopo il Big Bang. Webb, col suo specchio di sei metri e mezzo, è 100 volte più potente: vedrà galassie fino a 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Ci mostrerà come l’Universo si è formato, le prime galassie, forse le prime stelle».
Verso quali altre meraviglie punterete l’obiettivo?
«Le immagini di Hubble mostrano nubi di polveri iridescenti e colorate ma non ci permettono di vederne il contenuto. Con Webb potremo scrutare là dentro le stelle che stanno nascendo. Ma prenderemo soprattutto spettri».
Per leggere la “firma” degli elementi?
«Negli arcobaleni, la luce del Sole viene scomposta nei suoi colori dalle gocce d’acqua. Noi facciamo stessa cosa con la luce degli oggetti che osserviamo. Gli spettri ci dicono di quali elementi sono fatti».
Anche nell’atmosfera di mondi lontani che potrebbero ospitare la vita?
«Quando un pianeta fuori dal Sistema solare transita davanti alla sua stella, l’atmosfera ne filtra la luce e con gli spettri possiamo conoscerne la composizione. Cercheremo i mattoni della vita, acqua, metano. È una domanda fondamentale che si pongono tutti: siamo soli?»
Chi guiderà l’occhio del James?
«Nel primo anno ci si concentrerà sulle osservazioni degli scienziati che hanno costruito gli strumenti, in questo l’Europa e l’Italia hanno un ruolo importante (allo spettrometro NirSpec hanno contribuito Inaf e Leonardo, ndr ) ».
Lei lavora sulla divulgazione anche attraverso l’arte. Ce ne parli.
«Anni fa organizzammo una mostra di successo, “Our place in space”, artisti di fama diedero la loro interpretazione di immagini di Hubble molto belle. Per me il successo più grande è stato vedere i giovani studiare astronomia perché sono nati con le foto di Hubble».
E lei come ci è arrivata?
«Quando frequentavo le superiori, con un gruppo di astrofili, a Venezia, osservavamo stelle variabili dal lido.
Non avrei mai detto che avrei passato tanti anni a lavorare con la missione di Hubble. E adesso il James Webb space telescope. Ci l ascerà a bocca aperta, ve lo prometto».