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 2021  dicembre 22 Mercoledì calendario

Periscopio

Cosa penso di Enrico Letta? Non capisco come si possa dire che servono due donne capigruppo. La Thatcher è diventata tale perché era la più brava di tutti. E lo stesso Nilde Iotti, Emma Bonino, Hillary Clinton. Credo che Elsa Morante e Marguerite Yourcenar si sarebbero sentite offese di fronte a un discorso di quote. Giampiero Mughini, scrittore. (Concetto Vecchio). la Repubblica.
L’Italia parolaia e cialtrona è tutta mobilitata per mettere paletti al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), per presentare richieste predatorie, per rivendicare insulsi protagonismi, per affermare piccole, miserabili esigenze di partito, di fronte a una decisione di natura epocale, quale l’approvazione del Piano stesso. Domenico Cacopardo. ItaliaOggi.
Se fosse stato il malconcio Conte a firmare il Recovery Plan, la Commissione europea l’avrebbe immediatamente rispedito al mittente: nessuna certezza né sulla riforma della giustizia civile né sulla vera road map per le infrastrutture, fa notare l’alto funzionario del direttorate-generalecfin di Bruxelles che ha il dossier in mano e sta predisponendo Il sistema a punti previsto per valutarne la bontà e ottenere così il disco verde comunitario. Siccome però la firma è quella di Mario Draghi, per ora transeat. Anzi, ci manderanno addirittura un anticipo di 25 miliardi. Luigi Bisignani per Il Tempo.

Forse non ho con papa Francesco quella spontanea sintonia che avevo con Giovanni Paolo II e anche con Benedetto XVI. Ma di lui penso molto bene. Ammiro la sua dedizione alla Chiesa, ai poveri, alla fraternità tra tutti gli uomini e i popoli. In una parola, in Francesco riconosco il mio Papa, senza riserve. Camillo Ruini, cardinale. (Aldo Cazzullo). Corsera.
La riforma del Csm non si fa per due ragioni: la prima è che i politici continuano ad aver paura dell’enorme potere delle procure, e visti i precedenti è un timore fondato. La seconda, i partiti continuano a sperare di eliminare l’avversario per via giudiziaria. Il caso Salvini, è emblematico: prima l’autorizzazione a procedere viene negata perché è tuo alleato di governo, poi, in due casi assolutamente identici, viene concessa perché è tuo avversario. È una strumentalizzazione della giustizia che, da magistrato, ho sempre considerato ripugnante. Carlo Nordio (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.

Di Bella, dopo che si scopri che era iscritto alla P2, dovette dimettersi. Aveva un tumore. Era una pasta d’uomo. Gli subentrò Alberto Cavallari. Fu Pertini a imporlo. Ho trovato la conferma nell’archivio storico del Quirinale, che custodisce le agende dei presidenti. Cavallari, lunatico e ombrosissimo, sciolse la redazione politica, ritenendola a torto inquinata dalla P2. Ci trovammo in due, io e Andrea Bonanni, a gestire da soli le pagine del Palazzo. Cavallari mi stimava. Per tre anni ho pranzato e cenato con lui, spesso con amici come Leonardo Sciascia, Goffredo Parise e Claudio Magris, che insieme a Zanzotto considero i miei maestri. Sono stato l’unico che è andato a trovarlo fino al giorno della morte. Marzio Breda, quirinalista del Corriere della sera. (Stefano Lorenzetto), L’Arena.
Stiamo ai fatti, in quest’anno di celebrazioni napoleoniche. Per consentire a Napoleone le sue guerre, racconta Renée de Chateaubriand, caddero ogni anno 350 mila soldati francesi, per 15 anni di fila. Complessivamente, 5 milioni e 250 mila uomini. A questi, vanno aggiunti i morti, militari e civili, passati a fil di spada dagli eserciti napoleonici in giro per l’Europa. Sono, pallottoliere alla mano, 12-15 milioni di vittime che collocano Bonaparte alla pari con Stalin e Hitler. Inoltre, contrariamente a ciò che dicono i fan, non ebbe ideali. Tanto che sostituì al disegno originario di rovesciare i troni per svecchiare il mondo, quello di metterci i parenti per soddisfare le sue ambizioni di parvenu. Nel Novecento, sarebbe finito impiccato a Norimberga. Nel suo secolo beneficiò invece dell’inarrivabile capacità della Francia di glorificare anche il peggio di sé. Giancarlo Perna. la Verità.

Nel 1937, undici anni prima che nascesse Spiegelman (il famoso fumettista autore di “Mause”) i suoi genitori avevano avuto un altro figlio, Rysio. All’epoca vivevano nella natìa Polonia, erano una famiglia benestante, felice, con un bel bambino, circondata dall’affetto dei parenti. Ma con l’occupazione tedesca e l’ombra dell’Olocausto che si allunga, il loro mondo si sbriciola e svanisce in pochi mesi: costretti alla fuga, gli Spiegelman lasciano Rysio con una zia, convinti che sarà più al sicuro. Nel 1943 però (quando per gli ebrei polacchi non c’erano più speranze) la zia avvelena se stessa, due figli e il nipotino Rysio per non cadere nelle mani dei nazisti. E chi può dire che si sbagliasse? Alla fine degli 85 membri della famiglia Spiegelman solo 13 sopravviveranno all’Olocausto. Maurizio Pilotti, Libertà.
Ho una foto, papà, che ti ritrae affacciato, aggrappato sul bordo dell’invaso della diga del Vajont. Solo un alpino come te poteva arrivare lassù, sui sentieri distrutti. Ma dovevi vedere, dovevi capire cosa, “chi” era stato. Quarant’anni dopo, il 9 ottobre 2003, il mio giornale mi mandò a Longarone. Incontrai un superstite. «Mi affacciai alla finestra dalla casa della mia fidanzata, in una frazione vicina», mi disse. «Dove c’era il paese vidi un lago, immobile. La mia casa, la chiesa, più nulla». Parlava a bassa voce come a non svegliare i morti. Ti ho rivisto allora, papà, arrancare in quel fango sotto la diga del Vaiont, e annotare ogni nome con rigorosa precisione sul tuo quaderno, e poi a sera cercare affannosamente un telefono, per tentare di raccontare ai vivi tutta quella morte. E io, capii che ero venuta lì in pellegrinaggio. Per stare accanto a te quel giorno, per abbracciarci, in quella desolazione: noi due che, pudichi, non ci siamo abbracciati mai. Marina Corradi, scrittrice. Gazzetta di Parma.

La proposta della copertina con i due ragazzi senza mascherina che si baciano su un calcinculo è arrivata dal New Yorker, mentre a volte sono io che suggerisco idee. Io, che amo disegnare giostre e luna park, e ho accettato subito. Poi mi piaceva da matti l’idea di un’illustrazione che simboleggi la rinascita di New York dopo la pandemia, e anche per questo abbiamo deciso di non mettere le mascherine ai due innamorati. Lorenzo Mattotti, illustratore del New Yorker. Luigi Bolognini. la Repubblica.
Quello che ci manca è la cosa più importante almeno finché ci manca. Franco M. Scaldaferro: “Aritmie del sentimento”. Supernova. 2003.
Il dolore ti fa scoprire tesori che il piacere non scoprirebbe mai. Roberto Gervaso, scrittore.