la Repubblica, 22 dicembre 2021
Gli aviatori israeliani che distrussero il reattore iracheno
Quarant’anni fa, otto caccia israeliani armati di bombe presero il volo, direzione Iraq. Era il 1981 e Saddam Hussein stava ultimando i lavori al reattore atomico per sviluppare la bomba nucleare. Il reattore era già stato costruito ed era in procinto di iniziare l’arricchimento dell’uranio. Il primo degli otto caccia di quella che fu poi nota come “Operazione Opera” era pilotato dal comandante della missione, nonché uno dei suoi strateghi, Zeev Raz. Gli aerei raggiunsero il reattore atomico, sganciarono le bombe e lo distrussero.
I piloti erano partiti per la missione convinti che l’aviazione irachena li avrebbe rilevati e avrebbe scagliato una controffensiva aerea nell’istante dell’attacco. Erano certi che sarebbero rimasti uccisi o presi in ostaggio. Prima di decollare, il Capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano rifornì i piloti di datteri: «Abituatevi. Questo è quello che mangerete nella cattività irachena». E invece, miracolosamente, l’aviazione di Baghdad non reagì, ad accezione di alcuni colpi sganciati dalla difesa antiaerea che non colpirono gli F16 israeliani.
Tutti i piloti fecero rientro in patria sani e salvi dopo un’operazione audace, o meglio azzardata considerata la distanza dell’obiettivo che rappresentava di per sé una sfida all’autonomia di volo dei caccia israeliani. La maggior parte di questi piloti è ancora in vita, ad eccezione di uno solo, il più giovane di tutti: Ilan Ramon, che in seguito divenne il primo astronauta israeliano e rimase ucciso, insieme a tutto l’equipaggio, nell’incidente della navetta spaziale Columbia che nel 2003 si disintegrò nell’atmosfera mentre rientrava sulla terra.
Il resto dei piloti protagonisti dell’operazione contro il reattore di Osiraq è oggi in età avanzata. Zeev Raz è nato nel 1947, ma continua instancabilmente ad animare un gruppo di ex piloti che ha chiamato “Le truppe dello spirito”.
Di primo impatto, Zeev Raz non si presenta come il classico intellettuale: la sua apparenza si sposa perfettamente con l’immaginario del militare coriaceo. Invece alle sue doti di pilota da combattimento affianca una grande passione per la letteratura e la poesia. I maggiori poeti israeliani si consultano con lui perché è nota la sua padronanza della linguistica ebraica e questa è solo una delle attività culturali di cui si nutre il suo spirito.
Il circolo che ha creato insieme ai suoi ex colleghi piloti ogni mese promuove un incontro letterario. La maggior parte degli incontri si tiene in Israele, ma il gruppo è solito anche viaggiare in giro per il mondo, incontrando scrittori nei diversi Paesi. Negli anni, il circolo si è allargato e oggi ne fanno parte anche accademici, scienziati, giuristi. Il nome “Le truppe dello spirito” ricorda un episodio della vita di Zeev Raz prima di arruolarsi nell’esercito, quando un compagno del suo Kibbutz che aveva sentito che il giovane Zeev intendeva arruolarsi nell’aeronautica militare, lo ammonì: «Non diventare pilota, abbiamo bisogno di te tra le truppe dello spirito».
Il giovane lupo (questo significa “Zeev”) non lo ascoltò: divenne pilota dei caccia più all’avanguardia, combattendo molte guerre, abbattendo aerei, diventando colonnello. Ma senza mai dimenticare quella conversazione. Congedatosi, fondò uno dei circoli intellettuali più interessanti d’Israele.
A ottobre il gruppo di Raz si è radunato a Roma, avendo come ospite d’onore lo scrittore Domenico Starnone (con una condizione, posta dall’agente di Starnone: non chiedergli se fosse Elena Ferrante). Quattro dei libri di Starnone sono stati tradotti in ebraico ( Via Gemito, Lacci, Scherzetto e Confidenza )facendo breccia nel cuore dei lettori israeliani, anche se ancora non è possibile paragonare il successo dell’autore con quello avuto in Israele dalle traduzioni dei libri della Ferrante.
Nella conversazione romana con Starnone, durata due ore, erano presenti tra gli altri anche alcuni piloti caduti ostaggio degli egiziani durante una delle guerre, tra cui il generale Giora Rom, che fino a oggi detiene il record di abbattimenti di aerei nemici. Ma persino il suo caccia fu abbattuto e lui cadde nella prigionia egiziana.
Torturato, venne rilasciato in cambio di 70 prigionieri egiziani e siriani, e tornò poi a combattere. In seguito, pubblicò un libro sulla sua esperienza. Grande uomo di cultura, oggi è nella giuria di uno dei principali premi letterari israeliani.
Un altro pilota presente all’incontro con Starnone era Menachem Eini: anche lui cadde ostaggio degli egiziani durante la guerra del Kippur. Durante la prigionia, insieme ad altri piloti israeliani, tradusse in ebraico Lo Hobbit di Tolkien. Il volume nella loro traduzione vide la luce in Israele dopo il ritorno dalla cattività egiziana.
Non si è trattato del primo raduno italiano per il circolo letterario dei nostri piloti di guerra: dieci anni fa si è ritrovato a Bolsena per incontrare Erri De Luca, che pure è tradotto in ebraico incontrando il favore del pubblico israeliano.
Zeev Raz stesso ha pubblicato un libro in cui descrive la missione di attacco al reattore nucleare iracheno. Ma chi pensa di leggere la cronaca di un’operazione militare, in realtà si imbatterà in personaggi di fantasia sapientemente intrecciati nella trama. Ci sono le conversazioni immaginarie di Zeev Raz con Saint-Exupéry o quelle con un pilota dai poteri occulti ispirato a un’opera di Janusz Korczak. Tutta una serie di eventi fantastici alimenta la scrittura di Zeev Raz, con cui ci apre una finestra su quell’epico volo, di per sé al limite tra fantascienza e missione impossibile.