la Repubblica, 21 dicembre 2021
A Broadway il tributo a Michael Jackson
Who’s bad? Come nel refrain di una delle sue canzoni più celebri: chi fu il cattivo nella vita di Michael Jackson? Il padre-padrone Joe, i medici compiacenti che lo riempivano di antidolorifici, i giornalisti che non gli davano tregua. O piuttosto lo stesso artista accusato di pedofilia? Sono le domande (appena accennate) che scandiscono il nuovo musical MJ : sì, Michael Jackson. Lo spettacolo dedicato al re del pop in preview al Neil Simon Theatre di New York, lo storico teatro tutto ori e stucchi sulla 52esima strada, che debutta ufficialmente il prossimo 1 febbraio. Sempre che l’impennata di casi di Covid negli Stati Uniti lo permetta, visto che nell’ultima settimana molti show sono stati sospesi per i troppi contagi fra tecnici e attori. Broadway naviga a vista, ma i fan di Michael Jackson non demordono. Agghindati con il giubbino rosso di Thriller o con gli strass di Billie Jean, da ormai due settimane riempiono ogni sera le 1362 poltrone della sala sebbene solo per mostrare il green pass sia necessario affrontare una fila che fa il giro dell’isolato. Pronti ad applaudire ogni scena dello show da 22 milioni di dollari prodotto dalla Micheal Jackson’s Estate che scandaglia la vita dell’artista alla ricerca dei responsabili della sua infelicità. Gli esordi con i Jackson Five di cui era vocalist e star indiscussa, costretto con fratelli a interminabili prove dal manesco papà Joe. E poi la dipendenza dal Demerol, l’antidolorifico che gli veniva somministrato affinché andasse in scena sereno, assunto in dosi sempre più massicce fino a determinarne la morte, il 25 giugno 2009. Fino ai guai economici che lo spinsero a ipotecare anche Neverland, la tenuta alla periferia di Los Angeles dove ospitava perfino uno zoo. Senza dimenticare l’ossessione dei giornalisti per la sua vita privata, pronti a chiedergli di tutto fuorché della musica.
Tutti cattivi, insomma: tranne Michael, il cantante con un’estensione vocale da tre ottave e mezza, l’abilissimo ballerino capace di rivoluzionare la danza contemporanea, che sognando di essere Peter Pan ospitava ragazzini nel suo letto. Delle accuse di molestie non si fa mai parola: grazie all’espediente di ambientare la vicenda nel 1992, cioè l’anno prima delle denunce. Lo show, d’altronde, avrebbe dovuto debuttare tre anni fa ma un documentario concentrato proprio sugli abusi (sempre negati dall’artista e dai suoi eredi) intitolato Leaving Neverland e presentato al Sundance Festival nel 2019 ne fece slittare la messa in scena. Convincendo gli autori a cambiarne anche il titolo, preferendo il conciso MJ all’originale Don’t Stop ‘Til You Get Enough cioè “non fermarti finché non ne hai abbastanza” (il suo primo singolo entrato in hit parade, era il ‘79) per non dar spazio a ulteriori ambiguità.
A interpretare Michael Jackson al top della carriera è lo straordinario Myles Frost, 17 anni appena, capace di riprodurre in modo impeccabile il celebre “moon walk” – il passo dell’artista che per le sue coreografie studiò i più grandi danzatori d’America, da Fred Astaire a Bob Fosse – e pure l’acutissima voce: quella delle canzoni, e anche il falsetto della parlata che, stando agli amici, non era affatto il timbro dell’artista nella realtà ma un affettato tono bambinesco usato a favore di giornalisti e fan. L’apice, dunque. E l’inizio del declino. Una scelta della sceneggiatrice, la due volte Premio Pulitzer per la drammaturgia Lynn Nottage, che ha spiegato al Daily Mail: «Non sta a noi giudicare who’s bad, chi è il cattivo, in questa storia ». La vicenda, riassunta in due ore e mezza di show, si svolge nell’arco di due giorni all’interno di uno studio di Los Angeles in cui Michael prova con i suoi ballerini alla vigilia del tour mondiale Dangerous, quello che, coi proventi dati interamente in beneficienza, contribuì alla sua bancarotta. Un artificio che permette di ripercorrerne l’intero repertorio e, attraverso flashback stimolati dalle domande di una documentarista impicciona, l’intera vita artistica e privata. Fin dagli esordi coi Jackson Five, appunto, grazie alla grinta del prodigioso Walter Russell III, 13 anni e già una lunga carriera a Broadway, che interpreta Michael bambino. Peccato che i chiaroscuri di quella complicatissima vita restino sempre in superficie. L’occasione per cantarci su: Who’s bad?