la Repubblica, 21 dicembre 2021
Che vita avventurosa, Mrs Wilde
Quando raccontava agli amici che stava scrivendo un libro sulla moglie di Oscar Wilde, Laura Guglielmi si sentiva quasi sempre rispondere: ma davvero? Oscar Wilde aveva una moglie? Non solo: aveva anche due figli, Cyril e Vyvyan e, a quanto sembra, della moglie Constance Lloyd, irlandese come lui, era davvero innamorato.
La sposò nel 1884, il 29 maggio, e insieme partirono per la luna di miele in Francia: Parigi e Dieppe. Lui era già un intellettuale molto celebre, reduce da un giro di conferenze negli Stati Uniti e in Canada. L’America, aveva più o meno sentenziato, è l’unico paese che sia precipitato dalla barbarie alla decadenza senza passare per la civiltà.
Constance era benestante, ma non al punto (valutazione di Masolino d’Amico, curatore del Meridiano Wilde) da far pensare a un matrimonio d’interesse. Credo che Laura Guglielmi abbia scritto la biografia romanzata Lady Constance Lloyd. L’importanza di chiamarsi Wilde (questo il titolo del libro pubblicato da Morellini editore) soprattutto per risarcirla di una vita difficile, trascorsa in gran parte all’estero per evitare d’essere travolta dagli scandali suscitati dal marito. Scandali che, beninteso, erano pubblici, gonfiati dai giornali e comunque sulla bocca di tutti.
Nel 1886 Oscar conosce Robert Ross e forse data da qui la prima esperienza omosessuale. Nel 1891 conosce il bellissimo e capriccioso Lord Alfred Douglas, detto Bosie, per il quale nutrirà una grande passione testimoniata anche dalle lettere rimaste e da un testo-confessione scritto quasi alla fine della carcerazione e intitolato De profundis.
Sarà proprio il padre di Bosie ad accusarlo di sodomia e il processo, finito con la condanna a due anni di carcere, con l’esibizione di testimoni in grado di provare la sua frequentazione di bordelli omosessuali, fu uno scandalo dal quale Constance si tenne lontana ma si può immaginare con quali sofferenze.
Scrivendo a Robert Ross da Posillipo nel 1897 Oscar, tornato libero, si lamenta perché gli vogliono togliere la piccola rendita che gli ha assicurato Constance, per il fatto che stia con Bosie. «Dopotutto, nessuna accusa è stata formulata contro di lui a nessuno dei miei processi, e niente è stato provato o si è tentato di provare (…) Non posso vivere solo, e Bosie è l’unico dei miei amici in grado o disposto a darmi la sua compagnia». Ma quando Constance, anche lei in Italia, capisce che lui è a Capri con Bosie, scatta: «Sei andato a Capri con quell’essere ignobile», e smise di aspettarlo.
Per proteggersi e proteggere i due figli, Constance decise ad un certo punto di cambiare il proprio cognome in Holland, lo stesso adottato dal fratello Otho che aveva avuto dei rovesci finanziari. Mandò i figli in scuole diverse e sempre all’estero e del resto quando provò a chiedere l’iscrizione in Inghilterra le risposero cortesemente che non era possibile accettare i figli di Oscar Wilde. I pregiudizi, si sa, trionfavano nell’epoca vittoriana, la libertà sessuale era una chimera.
Nonostante tutto Constance non smise mai di proteggere in qualche modo Oscar. Quando morì la madre di lui fece un lungo viaggio per poterglielo dire di persona. Sapeva quanto si sarebbe turbato, a maggior ragione essendo ancora prigioniero. Fu invece Oscar a chiedere alla moglie di lavorare a una antologia di battute celebri, di vere e proprie arguzie, tratte dalle sue opere e che si intitolò Oscariana.
A farle da aiutante fu Arthur Humphrey, giovane direttore (aveva ventinove anni) della libreria Hatchard’s. Nacque una simpatia e forse tra di loro ci fu del tenero, o addirittura una storia vera e propria come racconta Laura Guglielmi nel suo romanzo. Comunque Constance gli aveva confessato di considerarlo un marito ideale, come registra Matthew Sturgis nella sua monumentale biografia dedicata a Wilde e tradotta non troppo tempo fa dalla Utet.
Oscariana non fu l’unico lavoro letterario di Constance, ma non mette conto parlarne qui. Con Oscar era stata generosa al punto da assicurargli una rendita di 150 sterline annue, purché, scriveva l’avvocato di lei, non frequentasse cattive compagnie, sottintendendo, come si è visto, che non doveva frequentare Bosie. Innamorata dell’Italia e della lingua italiana, lettrice di Dante, Constance, dopo aver soggiornato a Firenze, approdò a un certo punto in Liguria: era la favolosa Liguria delle ville e dei parchi, non certo quella della speculazione edilizia novecentesca sulla quale avrebbe scritto anche Italo Calvino che, come si sa, era cresciuto a Sanremo dove c’era anche la villa di Alfred Nobel. In Liguria i ricchi stranieri per lo più svernavano, complice il clima mite. La distruzione delle coste arrivò dopo. Il lavoro della Guglielmi è anche un tributo a quella Liguria.
Constance approdò a villa Elvira, a Bogliasco. Aveva alcune amicizie ed era felice di vivere in quell’incanto. Una sera aveva conosciuto un ginecologo di fama, Luigi Maria Bossi, che insegnava all’università e dirigeva una clinica a Genova. Fu l’inizio della fine. Constance lamentava dei dolori e Bossi li attribuì a una disfunzione uterina. Si sarebbe scoperto poi che aveva delle idee piuttosto sballate sull’argomento. Operò Constance due volte, dicendo di aver asportato un tumore. Constance non sopravvisse e morì a soli quarant’anni nel 1898. È sepolta nel cimitero di Staglieno, a Genova. Oscar Wilde, che sarebbe morto due anni dopo, visitò quella tomba, ma bisogna attendere ancora molto, fino al 1963, perché qualcuno degli eredi facesse scrivere sul cippo che Constance era la moglie di Oscar Wilde.