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 2021  dicembre 21 Martedì calendario

Biografia di Joseph Manchin

Cosa farà adesso Joseph Manchin, passerà con i repubblicani? Diventerà indipendente? E c’è ancora un modo per salvare l’agenda di Biden, magari approvandola pezzo per pezzo? Sono le domande su cui si arrovellano i democratici, dopo che il senatore della West Virginia ha affondato il pacchetto da 1.750 miliardi di dollari per riformare la società americana, su cui il capo della Casa Bianca aveva scommesso la presidenza, per sanare le disuguaglianze e togliere il terreno sotto ai piedi dei populisti che avevano eletto Trump.
Joseph Mancini, perché Manchin è la versione americanizzata del cognome del nonno calabrese, è nato in West Virginia nel 1947. Un tempo il suo Stato era democratico, perché i minatori non potevano votare il Partito repubblicano dei loro padroni. Ora però la situazione si è rovesciata. La società era già molto conservatrice, e la guerra culturale con i liberal l’ha spinta a destra. I democratici poi sono diventati paladini della lotta al riscaldamento globale, e così hanno perso ogni speranza di vincere nel Mountain State, che vive di carbone. Tranne Joseph, che ha ereditato il seggio senatoriale dell’ex membro del Ku Klux Klan Robert Byrd, democratico solo perché alcuni cittadini degli stati del Sud ancora non perdonano ai repubblicani di Lincoln di aver fatto la Guerra Civile per liberare gli schiavi. Partendo da questa eredità, Manchin è diventato il senatore più conservatore nel partito dell’asinello, sempre sospettato di essere sul punto di passare con l’elefante. Finora non l’ha fatto perché la situazione del Senato, diviso a metà con 50 seggi per ciascun partito, lo ha trasformato nell’ago della bilancia con una posizione di ricatto irripetibile. Dopo aver tradito il presidente, però, tutte le scommesse stanno sul tavolo, anche perché se alle elezioni Midterm del prossimo anno i repubblicani riprendessero l’aula alta, il rappresentante della West Virginia non avrebbe più alcun incentivo a restare con i vecchi compagni di partito.
Manchin ha detto no a Biden per salvare il proprio seggio. Sa bene che i suoi elettori sono conservatori, non amano le spese pazze dei liberal, non vogliono l’inflazione, e soprattutto sono contrari a qualsiasi politica ambientale che condanni alla chiusura le miniere di carbone dove lavorano da generazioni. Perciò rifiutano il salto nella modernità offerto dal piano Build Back Better, perché spingerebbe loro e i figli verso lavori sostenibili, che però non hanno alcuna voglia di fare. Manchin ha detto no al piano perché costa troppo, aumenterà debito e inflazione, e farà regali ai progressisti. In realtà sa che i suoi elettori conservatori non lo vogliono, e quindi li accontenta per sopravvivere, mettendo l’interesse personale davanti a quello nazionale di Biden. Peraltro è il politico americano che riceve più finanziamenti dalle compagnie di carbone, petrolio e gas, e quindi è costretto ad opporsi alle politiche ambientaliste. I liberal democratici vorrebbero cacciarlo, ma così perderebbero la maggioranza al Senato. La Casa Bianca spera che sia solo un’estrema tattica negoziale, per poi tornare al tavolo e strappare concessioni. Oppure è l’ultimo atto della travagliata militanza in un partito che non lo vuole più, in cui lui non si riconosce.