20 dicembre 2021
Contro Gian Piero Gasperini
Gian Piero Gasperini è un uomo tranquillo. Una volta venne quasi alle mani con il Papu Gomez perché non voleva spostarsi di fascia. Un’altra volta spintonò un dirigente della Samp nel tunnel, dopo un’espulsione. Ed è un vero sportivo. Una volta diede del simulatore a Chiesa, un’altra volta a Immobile diede invece del simulatore. Lui non cerca mai scuse. Piglia quattro gol in casa dalla Roma e se la prende col Var per un fuorigioco evidente di un suo calciatore. Sull’altra panchina, rispetto a Gasp, Mourinho sembra don Bosco.
Gian Piero Gasperini non è un litigioso. Non ha mai avuto da ridire con nessuno, a parte Mihajlovic, Commisso, De Zerbi (Gasp si fece cacciare mentre stava vincendo 4-0 contro il Sassuolo), quell’asceta di Pioli, Lotito, Sarri, Simone Inzaghi, Maran e persino Claudio Ranieri, che non saprebbe litigare neppure con Genny Savastano.
Non è vero che Gasperini ce l’abbia con gli arbitri: le sue dichiarazioni sono sempre concilianti. “Questi signori sono un problema”. “Vengano a spiegarmi, ci mettano la faccia”. “Noi dell’Atalanta facciamo antologia sui rigori presi”. “Sono stato mandato fuori da un ragazzino": era il 24 ottobre, si trattava di Livio Marinelli da Tivoli di anni 37, arbitro e maresciallo dell’Esercito italiano con cui fu in missione di pace in Afghanistan, probabilmente per prepararsi a conoscere Gasperini.
Uno dei migliori allenatori europei, due volte premiato con la panchina d’oro, insegna un calcio mirabile e rilascia dichiarazioni dimenticabili. Sempre teso, animato da oscuri rancori, a volte acido. Se vince è brillante, se perde è un piangina. Ha l’aspetto di un signore pacato, vaga somiglianza con Claudio Baglioni del periodo più lamentoso ("Sabato pian piano se ne va/passerotto ma che senso ha": forse si riferiva ad Atalanta-Roma), ma ogni sua parola è pesata come una strategia. Prima di affrontare il Milan a gennaio prese il pallottoliere ed esclamò: “Noi dobbiamo giocare quatto partite in dieci giorni, loro sono alla terza in dodici”. Anche per questo i tifosi avversari lo detestano, nonostante la bellezza indubbia dell’Atalanta, una grande con un allenatore divisivo: di solito, le provinciali acquistano simpatizzanti, ma qui ormai c’è una squadra stabilmente terza da tre anni e un allenatore che è il Cattivo da battere.
Gian Piero Gasperini è un prodotto della Juventus. Giocò ragazzino con Paolo Rossi e Brio, sostituì Causio in una remota sfida di Coppa Italia. Come allenatore, restò per un decennio nel vivaio bianconero. Per diventare davvero antipatici agli avversari, essere juventini non è indispensabile ma aiuta.
Non è stato un campione, ma anche da calciatore il Gasp rompeva. Ad esempio, un labbro a Maradona in un Pescara-Napoli del 1987. Forse non lo fece apposta, però. Quando un suo dirigente diede del terrone a un tifoso del Napoli, invero un po’ provocatore, Gasp non fece una piega. E forse volò a Valencia con i sintomi del Covid addosso. Resta, di lui, la meravigliosa Atalanta, ma anche l’Inter delle 3 sconfitte in 4 partite, una storia tutta sbagliata. Molto peggio quando prese a male parole un ispettore dell’antidoping a Zingonia, e se la cavò con una nota di biasimo e 378 euro di multa. Scene non bellissime, con Gasp troppo spesso in evidente fuorigioco. Si vede anche senza il Var.