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 2021  dicembre 20 Lunedì calendario

Perché Bezos è antipatico

Secondo Jeff Bezos, il 20 luglio 2021 è stato il giorno più felice della sua vita: il fondatore di Amazon aveva appena compiuto in 10 minuti e 10 secondi il primo volo spaziale umano a bordo del razzo New Shepard, costruito dalla sua azienda Blue Origin. Un sogno d’infanzia che si è realizzato, ma non solo. Due settimane dopo aver lasciato la presidenza esecutiva di Amazon, l’uomo più ricco del mondo (200 miliardi di dollari) ha concretizzato un progetto finanziato da più di dieci anni dai profitti sfrenati generati dalla sua piattaforma di distribuzione, lanciata nel 1994. La crisi sanitaria del Covid ha ulteriormente rafforzato il suo potere: nel 2020, il gruppo ha più che raddoppiato i suoi profitti (21,3 miliardi di dollari). Con una capitalizzazione di mercato di quasi 1.800 miliardi di dollari, si avvicina al Pil italiano in valore.
Ma non ci sono solo i numeri. Il giornalista Brad Stone, specializzato nella Silicon Valley, parla di “paradosso Amazon”: “Man mano che il valore del gruppo aumenta, la sua immagine si deteriora”, ha scritto sul New York Times. I suoi metodi di gestione che non rispondono alle preoccupazioni ambientali attuali, il modello di consumo sfrenato che veicola, le tecnologie di sorveglianza che applica ai dipendenti, sono sempre più criticate, anche nel mondo politico. E se, paradossalmente, la crisi sanitaria, che ha segnato l’apice del modello Amazon, segnasse anche l’inizio di una messa in discussione del suo modello? In soli tre decenni, Amazon ha costruito un impero tentacolare. Nata per vendere libri online, la piattaforma ora vende di tutto e ovunque, tranne in Cina, e domina il settore dell’e-commerce. Secondo le stime della società eMarketer, Amazon controlla il 41% delle vendite online negli Stati Uniti. Per ampliarsi, il gruppo ha deciso di far concorrenza alla grande distribuzione, aprendo negozi fisici nel settore alimentare. Ha costruito milioni di metri quadrati di magazzini. Ha acquisito una flotta di aerei e cargo per distribuire i suoi prodotti al minimo costo. Ma il cuore del gruppo è Amazon Web Services (Aws), l’organismo che ha progettato il cloud che permette di archiviare i dati dei clienti e quindi di sviluppare servizi di marketing e di vendita di dati personali al mondo della pubblicità. Investendo più di 20 miliardi di dollari nella ricerca, Amazon è ormai presente nella robotica, nella costruzione di droni, nella sicurezza, nella produzione di streaming e serie tv. Ha comprato gli studi Mgm e il Washington Post. Per anni, i governi degli Stati Uniti hanno guardato alla sua espansione con benevolenza, persino con ammirazione. Ma le cose sono cambiate. A fine novembre una maggioranza bipartisan di democratici e repubblicani ha deciso di sostenere in Senato una nuova regolamentazione per contrastare le pratiche anti concorrenziali dei colossi digitali. Il rischio è reale. Il 9 dicembre, l’Antitrust in Italia ha condannato Amazon a una sanzione da 1,1 miliardi di euro per abuso di posizione dominante. Ecco perché, secondo l’associazione OpenSecrets, Amazon ha speso più di 15,3 milioni di dollari quest’anno in azioni di lobbying sul Congresso per cercare di mandare in fumo questi progetti. Dal 2019 gli azionisti hanno cominciato a valutare gli investimenti con criteri ambientali e Bezos ha cambiato strategia. Nel 2020 ha annunciato la creazione di una fondazione per la protezione dell’ambiente. Ma per i suoi detrattori non bisogna farsi ingannare. Il modello Amazon si fonda infatti su una sola strategia, detta dell’one click: tutto è fatto per semplificare l’acquisto e quindi per favorire gli acquisti compulsivi, facendo quasi dimenticare al cliente che alla fine deve pagare.
Milioni di clienti hanno acconsentito di lasciare gratuitamente i propri dati personali. Ora Amazon dispone di un database straordinario. Nel 2015 ha iniziato a vendere l’altoparlante intelligente Alexa, che consente ai clienti di ordinare a voce i prodotti e i servizi venduti da Amazon. Nei suoi negozi fisici sta sperimentando il riconoscimento facciale per fare la spesa senza passare dalla cassa. Ha anche creato un marketplace dove tutti i produttori, grandi o piccoli, possono, a pagamento, registrare i propri prodotti sulla piattaforma. Ma il marketplace ha spalancato le porte alla frode: secondo un rapporto di Attac, l’Associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie, la Francia perde tra 2 e 5 miliardi di euro all’anno di Iva. Per l’Ispettorato delle finanze di Parigi, il 98% dei fornitori stranieri sulle piattaforme di e-commerce evade. Il marketplace è diventato anche un luogo privilegiato per le contraffazioni. Il Wall Street Journal ha rivelato che 4.152 prodotti in vendita sul sito Amazon sono stati dichiarati non sicuri o vietati da varie agenzie di controllo statunitensi. Almeno 2.000 giocattoli e farmaci non includevano gli avvertimenti sui rischi per i bambini. Il gruppo aveva all’epoca cominciato a escludere una serie di prodotti non regolamentari. Ma il dubbio si è ormai insinuato tra i clienti: si può ancora comprare a occhi chiusi? Il 29 novembre, l’Agenzia federale Usa per il diritto del lavoro ha ordinato l’organizzazione di un nuovo voto sull’opportunità di creare un sindacato in un magazzino Amazon in Alabama. Il gruppo pensava di essersi lasciato il movimento sindacale dietro le spalle, dopo una prima vittoria di aprile. Ma questa volta ha il governo federale contro: Joe Biden intende aiutare i sindacati a radicarsi nelle aziende come Amazon e Uber che hanno costruito imperi sulla precarietà dei dipendenti. Jeff Bezos è stato pioniere. Molti suoi ex collaboratori lo descrivono come un capo visionario, ma anche senza scrupoli, che trasforma i dipendenti in robot, imponendo ritmi infernali. In media in Francia i lavoratori dei magazzini Amazon non reggono più di due anni e mezzo. Durante l’epidemia, i dipendenti in Francia e negli Usa hanno denunciato i metodi del gruppo che li ha costretti a lavorare a dispetto di tutte le norme sanitarie. Col timore della carenza di manodopera dovuta al Covid, Amazon ha deciso di far evolvere la sua politica sociale. In Texas ha aumentato la retribuzione oraria a più di 15 dollari, oltre il minimo legale. Bezos intende addirittura promuovere una nuova immagine del gruppo per fare di Amazon “il miglior datore di lavoro del mondo”. Ma a New York, dove voleva installare la sua nuova sede, ha incassato un brutto colpo. “Perché dovremmo sovvenzionare la sede di Amazon se guadagna miliardi e non paga le tasse?”, gli hanno risposto i newyorkesi. Bezos ha dovuto quindi rivedere i suoi piani al ribasso: aprirà una nuova struttura solo ad Arlington, nella periferia di Washington.
Non pagare le tasse, ma reclamare finanziamenti pubblici, fa parte della sua filosofia. Se Bezos ha scelto di lanciare la sua azienda a Seattle, non è per la vicinanza con Microsoft, ma perché la tassazione qui è più accomodante. Da allora, il gruppo ha sviluppato l’arte dell’evasione fiscale: sottovalutazione dei profitti nei Paesi in cui realizza le vendite, diritti esorbitanti sulle proprietà intellettuali, apertura di sedi nei paesi dalla fiscalità più “comprensiva” e collocazione dei flussi finanziari nei paradisi fiscali. Per anni è riuscito a non pagare un dollaro di tasse negli Stati Uniti. In Europa, la sua sede è in Lussemburgo, con cui ha negoziato accordi fiscali segreti dal 2003. Le sue attività legate al cloud sono in Irlanda. Malgrado le minacce della Commissione Ue, Amazon continua a evadere prendendo in giro tutti. Come ha rivelato il Guardian, nel 2020 ha realizzato 44 miliardi di euro di vendite, più di 12 miliardi rispetto all’anno precedente. Tuttavia, ha dichiarato una perdita di 1,2 miliardi di euro, cosa che gli ha permesso di non pagare tasse. Negli ultimi dieci anni, ha versato solo 3,4 miliardi di dollari di tassa sul reddito delle società nel mondo, mentre ha generato entrate per 961 miliardi di dollari e profitti per 26,8 miliardi di dollari, secondo la fondazione Fair Tax. Le nuove regole fiscali sulle multinazionali adottate dal G20 quest’estate non dovrebbero cambiare nulla: ufficialmente, l’aliquota fiscale mondiale di Amazon è del 15%, pari al livello fissato dal nuovo regolamento.