Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2021
Meno iscrizione all’università
Le immatricolazioni all’università rallentano: a dicembre si registra un calo del 3,4% rispetto allo stesso periodo del 2020. A dirlo sono le prime rilevazioni dell’Anagrafe nazionale studenti. Dati provvisori, visto che le iscrizioni sono ancora aperte, ma comunque indicativi di una tendenza in atto che deve far riflettere, considerando il penultimo posto dell’Italia nella classifica Ue dei laureati nella fascia 30-34 anni. A renderla meno amara ci pensa la contestuale (e positiva) ripresa delle adesioni alle facoltà scientifiche. Anche tra le ragazze.
Iscrizioni in calo
Il secondo anno accademico dell’era Covid non lascia ben sperare. Mentre nel 2020/21, nonostante i timori della vigilia, le matricole erano risultate in crescita rispetto al pre-pandemia (+14mila sul 2019/20) stavolta sta andando diversamente. Nel giro di 12 mesi si è passati da 312.388 a 301.776 iscritti a un corso triennale o a ciclo unic (-3,4). Un peggioramento che accomuna tutta la Penisola ed è trasversale al genere. Tant’è che la diminuzione maggiore si registra, sia per gli uomini che per le donne (rispettivamente -6,96 e 7,45%), nelle Isole mentre quello minore lo si trova in entrambi i casi al Nord (-1,43% tra i ragazzi, -2,17% tra le ragazze).
Salgono le facoltà scientifiche
In attesa di capire se le statistiche successive sulle immatricolazioni confermeranno o smentiranno il trend appena descritto c’è un altro aspetto che merita di essere evidenziato. Ed è il recupero in atto nelle iscrizioni ai corsi scientifici rispetto al ritardo che ci caratterizza da anni e che, giocoforza, finisce per abbattersi sul numero e sull’appeal sul mercato del lavoro dei nostri laureati. In primis nelle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
La situazione di partenza è quella fotografata dall’Istat nel rapporti annuale di agosto. Con il suo 15,5 per mille di individui di 20-29 anni di laureati Stem l’Italia si colloca sotto la media europea di 4,1 punti per mille nel 2018 (ultimo dato disponibile). A debita distanza dai nostri competitor diretti come Francia (26,6 per mille), Regno Unito (25,2 per mille) o Spagna (21,5 per mille). Con un tema di genere che non va sottovalutato perché è vero che da noi il gender gap nelle Stem è più contenuto che altrove, ma negli ultimi anni stava crescendo.
Ecco perché ogni inversione di tendenza su questo fronte è di per sé una buona notizia. Come quella che arriva dalle scelte delle matricole divise per gruppo disciplinare. Basta guardare il grafico qui accanto. Se ci eccettuano le displipline medico-farmacutiche gli unici (o quasi) aumenti di immatricolati al primo anno compaiono proprio in due aree Stem: da un lato, Informatica e Tecnologie Ict, che registrano un + 5% tra gli uomini e addirittura +15% tra le donne; dall’altro, Architettura e Ingegneria civile che crescono del 5% tra i primi e del 4% tra le seconde. A cui si aggiungono un altro paio di segni più che riportiamo per dovere di cronaca. E cioè la crescita del 5% della componente femminile che ha scelto Giurisprudenza e di quel 2% in più di aspiranti psicologi.
L’ottimismo della ministra
Nel commentare i numeri la ministra Cristina Messa vede il bicchiere mezzo pieno: «Questi dati, che sono in continuo aggiornamento perché le iscrizioni sono ancora in corso, fotografano al momento una sostanziale tenuta delle immatricolazioni, in un contesto estremamente delicato dato dalla pandemia». Fatta questa premessa il suo invito è di usarli «come base per valutare, nei prossimi anni, gli effetti degli investimenti, in particolare del Pnrr, che stiamo facendo per sostenere i giovani nel percorso universitario, con più borse di studio e con un valore superiore a quello attuale, con l’aumento del numero degli studentati e delle residenze universitarie e con un orientamento sempre più personalizzato che, mi auguro, ci consenta di continuare a veder crescere, in particolare, le iscrizioni delle ragazze in informatica e nelle altre materie Stem».